Letture per designer al tempo di
(seconda parte)
Farsi un programma
Considerare il graphic design come un’arte liberale e non un semplice mestiere, è il punto di partenza del volume di David Reinfurt, A *New* Program for Graphic Design (Inventory Press, 2019) che sintetizza qui la propria attività come docente alla Princeton University. Questo approccio permette di affrontare la didattica visiva facendo ricorso a storie, riferimenti e personaggi in gran parte al di fuori della tradizionale storia del graphic design. Diviso in tre lezioni (Tipography, Gestalt e Interface), il libro non ha nessuna intenzione di proporsi come un manuale classico, piuttosto vuole configurarsi come una proposta sperimentale utile alla costruzione di un proprio programma didattico personalizzato. Il consiglio finale dell’autore non lascia dubbi in proposito: “When you finished A *New* Program for Graphic Design, rip it up, throw it away, and get busy assembling your own”. [Qui il link su Amazon].
All’origine dell’information design
Ogni tanto è bene trovare un’occasione anche per rileggere dei classici quali Semiology of graphics di Jacques Bertin (Esri Press, 2011), il cartografo francese che nella seconda metà degli anni ’60 ha posto le premesse per la definizione di una metodologia rigorosa per la rappresentazione visiva delle informazioni, a tutt’oggi la base privilegiata da cui iniziare per qualunque lavoro di data visualization. Nella estesa rappresentazione delle possibilità combinatorie tra tecniche grafiche (forma, orientamento, colore, texture, intensità e dimensione) e componenti informative risiede tutto il valore di questo insuperato testo, lettura indispensabile per chiunque voglia applicare un metodo scientifico alla propria attività di designer dell’informazione. [Qui il link su Amazon].
Noi siamo racconto
Sappiamo quanto la dimensione narrativa possa influire sulla percezione, tuttavia all’interno del progetto la si considera solo all’interno di specifici ambiti come il design speculativo e la design fiction. Si sottovaluta insomma l’importanza che il “racconto” riveste per la società umana che, ricordiamocelo, si distingue proprio dagli altri animali per la capacità di organizzare vaste reti di collaborazioni a distanza tramite grandi narrazioni: le religioni, il denaro, la finanza, il calcio, per dirne alcune. Il libro curato da John Shaw e Theo Reeves-Evison, Fiction as method (Sternberg Press, 2017) raccoglie una serie di saggi-racconti che evidenziano quanto la narrativa, lungi dal presentare storie e situazioni irreali sia un potente strumento di configurazione, nel bene e nel male, della realtà. La ricerca di una società migliore, più sostenibile, più equa, non può prescindere quindi dalla costruzione di una narrativa alternativa. [Qui il link su Amazon].
I dati come mezzo di produzione
Il ponderoso tomo di Shoshana Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza (Luiss, 2019), fa il punto su un aspetto della nostra società ormai evidente a tutti, ma di cui sfugge l’esatta dimensione: il tema del trattamento dei dati personali, della privacy e della monetizzazione di questi stessi dati. Come dimostra il dibattito sul tracciamento di massa dei dati sanitari in tempo di pandemia, la questione della gestione dei dati personali fa emergere enormi problemi dal punto di vista democratico e di rispetto dei diritti personali che è solo l’altra faccia di quello sfruttamento economico che, grazie all’accumulo di una smisurata quantità di informazioni che ci riguardano, ha permesso la costituzione dei nuovi imperi economici digitali di cui Google, Apple, Facebook rappresentano i più conosciuti esempi. [Qui il link su Amazon].
Qui la prima parte di Letture per designer al tempo di
Buona lettura.