1. Reyes

Una serie di situazioni più o meno inventate per raccontare le atmosfere dei filtri di Instagram. [ep.1 /reyes]

Giorgio M Bologna
3 min readApr 24, 2017

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Bambina ha un pesce combattente. Bambina ascolta Where Is My Mind, ma quella dei Nada Surf.
Bambina viaggia per la città in bicicletta, con la sigaretta sempre accesa e le sue cuffie bianche nelle orecchie. Bambina ha l’espressione gelida degli husky. Bambina ha il cuore gonfio e silenzioso come il mare di Barens.
Bambina dice di aver smesso con i sonniferi da qualche tempo, ma sono i sonniferi a non aver smesso con lei. Bambina dorme sul fianco destro, in modo che siano le luci del mattino che filtrano attraverso gli scuri a farle aprire gli occhi prima della sveglia del telefono, che di caldo ha solo il ricordo di un suono meccanico.

Il suo pesce combattente.
Lui è uno di quelli blu e rosso scarlatto. Non ha un nome, lei lo guarda danzare nell’acqua in cerca di un compagno che non troverà mai, con cui non riuscirà a combattere e fare il tango della morte, in mezzo a frammenti di pinne che sembrano petali di ciliegio che si lasciano cadere morbidi, al rallentatore, in assenza di gravità.

La gravità si sente forte però. Nell’acqua, dietro le tende nelle giornate di vento. Si sente negli spifferi che muovono la fiamma sotto la moka la mattina presto. La gravità si sente nei crampi alla pianta del piede, si sente nello stomaco chiuso.

La boccia di vetro del pesce combattente si staglia contro la finestra, nelle giornate di pioggia o nei minuti che precedono il temporale le squame brillano di un colore più vivo, respingono il grigio, si rilassano sotto i muscoli tesi. Vicino agli occhi vuoti, neri e profondi un cerchio rosso da mille giorni di lacrime le ricorda che un sorriso è necessario trovarlo.

È necessario trovarlo anche se il pesce combattente non trova il suo bersaglio, anche se il vento e il sole rendono il cielo troppo grande da sostenere. È necessario anche se la notte e la protezione del buio durano solo metà di una giornata. È necessario trovarlo anche se non farà in tempo a fare il suo viaggio turistico intorno alla Luna. È necessario trovarlo anche se su quella Luna c’è la bandiera americana e non quella della Jamaica.

Un sorriso è in un espresso fatto bene, nella tazza di the calda, nel piumone al pomeriggio, nei tavoli di legno grezzo che non sono mai gelati.

Il pesce combattente non sorride, la mascella protrusa lo fa sembrare sempre incazzato. Ma sono i suoi drappi, i suoi svolazzi, le sue dimensioni piccole e sottili a farlo diventare un essere su cui riversare amore. L’acqua assorbe le ansie. Per questo ogni giorno viene cambiata. Per questo e perché il lavaggio del sangue accanto a Mick Jagger, in una clinica privata sulle Alpi Svizzere, sembra davvero costoso.

Bambina ha quel mazzetto di margherite secche appeso alla maniglia della finestra, dondola con i refoli di vento. Non profuma più di primavera da tempo, ma il profumo dell’erba di campo sta nel ricordo della sua esistenza. Il profumo la raggiunge comunque, da ovunque, attraverso il vento.

Il bouquet sembra una ballerina da carillon che piroetta su se stessa. Prima da una parte 5 volte, poi dall’altra 3, poi di nuovo in senso orario per 2 volte e in senso antiorario per l’ultima morbida, posata giravolta. In un tulle ormai verde grigio, con uno chignon biondo cenere leggermente spettinato e una tiara bianco perla, opaca.

Bambina guarda il suo pesce combattente, le ballerine da carillon hanno gli occhi socchiusi abbagliati dalla luce cruda che entra dalla finestra, il pesce combattente insegue la sua ombra.

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Giorgio M Bologna

Milano based creative director, blackworks scribbler and documentary enthusiast