Diciamoci la verità, nella storia che ci raccontiamo ogni giorno, la nostra umanità è convinta di avere il diritto di sedersi sopra ogni cosa…

Gregorio Di Leo
5 min readMar 11, 2020

Quello che sta succedendo ci sta colpendo due volte. La prima per il contagio, la seconda è perché sta stravolgendo la nostra narrazione collettiva. La storia che ci siamo raccontati fino ad oggi, quella di essere una società evoluta, tecnologicamente avanzata, libera e sicura, in meno di tre settimane è entrata in crisi. Tutto ad un tratto ci siamo ritrovati spaventati e incerti, chiusi dentro casa, spaesati non solo per il pericolo reale ma insicuri su quello che sarà il futuro.

Quello che sta succedendo ci sta colpendo due volte. La prima per il contagio, la seconda è perché sta stravolgendo la nostra narrazione collettiva.

In poco meno di tre settimane, abbiamo perso la nostra illusione più importante, quella del controllo.

Come esseri umani ci raccontiamo sempre delle storie, servono per tenerci uniti. Sono utili a farci credere di potere regolare a nostro piacimento il mondo in cui viviamo. Ci conferiscono la sicurezza che ci fa uscire tranquillamente da casa, andare a fare la spesa, parlare con uno sconosciuto, e non avere paura del mondo che ci circonda. La nostra narrazione si basava — e si basa tutt’ora — sull’idea di appartenere ad un civiltà superiore a cui tutto è permesso. Ci è permesso inquinare il mare e l’aria, devastare foreste, cambiare la forma del territorio e uccidere milioni di animali. Apparteniamo a sistemi economici e finanziari costruiti per garantire il nostro benessere e quello dei nostri figli. Abbiamo tecnologie e intelligenze al nostro servizio costruite per renderci tutto sempre più semplice.

Diciamoci la verità, nella storia che ci raccontiamo ogni giorno, la nostra umanità non è parte di qualcosa di più grande, ma è convinta di avere il diritto di potersi sedere sopra ogni cosa. E persino quando parliamo di umanità, in realtà, facciamo finita di riferirci a tutti, ma alla fine parliamo solo di quelli più simili a noi.

Diciamoci la verità, nella storia che ci raccontiamo ogni giorno, la nostra umanità non è parte di qualcosa di più grande, ma è convinta di avere il diritto di potersi sedere sopra ogni cosa. E persino quando parliamo di umanità, in realtà, facciamo finita di riferirci a tutti, ma alla fine parliamo solo di quelli più simili a noi. Coloro che parlano una lingua che capiamo, che si vestono come ci vestiamo noi, e vivono seguendo le nostre stesse regole. L’umanità secondo i nostri metri e le nostre misure, quelle della civiltà occidentale, ricca e avanzata.

Il problema è che questa non è la realtà, ma la storia che ci raccontiamo.

Che non siamo capaci di vedere quello che non incontra la nostra narrazione collettiva lo stiamo vedendo in questi giorni. Molti altri paesi vicini stanno tardando a prendere delle misure serie contro il virus. Chi ancora non è stato toccato direttamente stenta ad abbandonare le proprie certezze. Le nostre narrazioni sono sempre più forti della realtà, fino a quando la realtà non ci costringe a rivederle. Ma dobbiamo avere il coraggio di farlo perché la nostra tendenza è quella di riportare tutto al modello che già conosciamo.

Potremmo essere tentati di credere che questo sia solo un piccolo bug nel sistema, che alla fine è sempre accaduto (non sarà mica la prima epidemia questa!), che ne usciremo cosi come è sempre stato. Il problema non è tanto se ne usciremo o meno — certo che lo faremo — ma la è spiegazione che saremo in grado di darci a fare la differenza.

Il problema non è tanto se ne usciremo o meno — certo che lo faremo — ma la è spiegazione che saremo in grado di darci a fare la differenza.

Non dobbiamo passare al lato opposto, la nostra società non è completamente sbagliata, solo la nostra narrazione va seriamente rivista. Vi piace? Tu ti ci riconosci? E’ quando smettiamo di riconoscerci nel sistema che insieme contribuiamo a creare che le cose piano piano cominciano a cambiare. Purtroppo la verità è che per prendere seriamente in considerazione un percorso diverso, molto spesso deve avvenire un evento di traumatico. Ma anche in quel caso, la prima reazione è cercare di ritornare più velocemente possibile da dove veniamo.

Non dobbiamo passare al lato opposto, la nostra società non è completamente sbagliata, solo la nostra narrazione va seriamente rivista. Vi piace? Tu ti ci riconosci? E’ quando smettiamo di riconoscerci nel sistema che insieme contribuiamo a creare che le cose piano piano cominciano a cambiare.

Dobbiamo stare attenti alle storie che cantiamo, perché finiamo per diventare come loro. Se sono storie di superiorità, ci trasformeremo ancora di più in degli stupidi narcisisti, convinti che tutto debba girare intorno alle nostre necessità. L’effetto sarà che passata questa situazione eccezionale usciremo da casa più incazzati di prima. Avremo la sensazione di avere perso del tempo inutile e in meno che non si dica ritorneremo a pensare al fatturato. Se invece ci prendiamo questo tempo per riflettere e aprire una conversazione seria come comunità, forse ci renderemo conto che ci sono un sacco di storie molto più belle li fuori che vale la pena di raccontare. E se anche non abbiamo il potere di cambiare la storia, possiamo sempre cambiare la nostra storia.

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Gregorio Di Leo è un Imprenditore e Psicologo Sociale e delle Organizzazioni, esperto di leadership e Risorse Umane, coach formato al CTI di Londra (Coaching Training Institute) è Founding Partner di Wyde — Connective School. (www.wyde.it)

Docente presso la Business School cinese Tsinghua University e presso la Links Community in Danimarca, nel corso della sua carriera ha aiutato direttamente un ampio numero di aziende, gruppi e imprenditori a sviluppare progetti di cambiamento.

Gregorio è stato anche 4 volte Campione del Mondo di Kick Boxing

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