Galateo e-mail: il bonton dei messaggi di posta elettronica

Siamo immersi in una società che pone grande attenzione alla forma, al modo in cui ci approcciamo agli altri: spopolano programmi TV che pretendono di insegnare le buone maniere a tavola o ad essere dei perfetti anfitrioni… ma cosa succede quando parliamo di buona educazione “digitale”?

In questo senso, è incredibile — a mio avviso — che vengano accettati dei veri e propri atti di maleducazione, dei piccoli scivoloni di buone maniere, disseminati in ogni istante della nostra giornata lavorativa.

Un esempio? Le e-mail sanno essere un vero specchio dell’anima, sia della persona che le invia sia di quella che le riceve. Esistono tante tipologie di personalità che si possono rilevare dai dettagli di un messaggio di posta elettronica: andiamo a vedere quali sono gli errori da evitare e le regole di galateo da seguire.

I fondamentali della corrispondenza professionale per chi scrive

1. Il formalone — Registro e tono di voce: meglio non dare del voi al designer ventunenne (a meno che lui non lo voglia)

Ora, io non sono una persona formale, forse qualche volta eccedo nel dare subito del “tu” alle persone ma ho un buon intuito nel comprendere a chi fa piacere e a chi no. In generale, però, per iscritto la tendenza a mio avviso è quella di esagerare con il tono istituzionale: Egregio e Spettabile lasciamoli all’ambito strettamente amministrativo, agli avvocati e ai notai. In un’e-mail professionale, se lavorate nel marketing, in un ufficio stampa, se state scrivendo a un fornitore o a un cliente ormai affezionato, eccedere con i formalismi o ostinarsi a dare del “lei”, appellare le persone Dott., rende solo la comunicazione più complessa e il rapporto meno solido. Crea distanza. E risulta, diciamoci la verità, un po’ fantozziano.

2. Il prolisso — Lunghezza e formattazione: è un’e-mail, non un poema epico

Il vostro capo è uno giovane e smart con poco tempo da perdere? Allora non stressatelo con e-mail lunghissime in terzine binate, piene di subordinate, sotto-paragrafi, frasi evidenziate e sottolineate, con tanti argomenti affrontati nello stesso momento… ne otterrete risposte frammentarie o persino nessuna risposta.

Imparate a capire chi c’è dall’altra parte della tastiera: c’è chi ama le comunicazioni strutturate, chi predilige i punti elenco, chi invece preferisce più e-mail brevissime una dietro l’altra piuttosto che una sola troppo lunga da leggere.

Nel dubbio, cercate sempre di essere concisi ma esplicativi, senza dare nulla per scontato (soprattutto se vi fa gioco avere una risposta scritta a una questione spinosa), ma senza dilungarvi in digressioni varie.

La formattazione in questo senso aiuta molto: come per qualsiasi altro testo, digitale e non, dividere il corpo in capoversi e utilizzare (con parsimonia!) qualche grassetto e corsivo, può fare la differenza sulla comprensione del vostro messaggio da parte del lettore.

3. Lo yuppie — Abbreviazioni fantasiose e uso eccessivo di marketinglesismi

Anche qui, dipende dall’interlocutore ma, in generale, per amore dell’italiano… basta con questi asap. Basta. Non se ne può più di leggere “ti mando un remind, un recap, un calendar” o ancora peggio sentirsi chiedere “perché mi hai forwardato quell’e-mail?”. Chi lavora nel digital marketing abusa così tanto di questi termini da renderli quasi ridicoli a sentirsi, ormai. E dire che sarebbe così semplice mandare un promemoria, un riepilogo, un appuntamento in agenda, così come inoltrarla, quella benedetta e-mail.

Io lo chiamo marketenglish: una vera piaga degli uffici italiani, soprattutto quando questi anglicismi sono utilizzati a sproposito da persone che magari poi non hanno un livello di inglese, per così dire, fluent.

4. L’ansiongeno — Oggetto e urgenza… sì, ma stai calmo!

Gli oggetti che iniziano con “URGENTE” non fanno altro che far crescere ansia nel ricevente: di certo, non un ottimo stato d’animo per fornire una risposta sensata e coerente. Se volete evitare che il lettore del vostro messaggio vada in sbattimento, non impostate quei malefici punti esclamativi rossi per indicare che la priorità della vostra comunicazione è altissima… e imparate a capire quando lo è davvero e quando siete a vostra volta preda dell’ansia.

Allo stesso modo, impostare il messaggio automatico della conferma di lettura è a dir poco anacronistico: ma incredibile a dirsi, qualcuno lo usa ancora! Ecco, anche no.

5. Il confuso — “Gerarchia” dei destinatari: CC e CCN pietre della discordia

Vedo spesso utilizzare i destinatari in modo fantasioso. Non c’è molto da sbagliarsi: tendenzialmente si mette in A: l’interlocutore principale e in CC le persone del suo team o qualcuno che potrebbe avere un’opinione importante sul tema dell’e-mail. Attenzione a non dimenticare i destinatari in CC, perché potrebbe offendere qualcuno, e attenti anche al brutto vizio del suggeritore automatico (Outlook me lo fa spesso questo scherzo!) di suggerire e-mail a caso quando digitate l’iniziale: se sovrappensiero fate Invio, rischiate di mandarla a chissà chi. Rileggete sempre tutto, destinatari compresi!

Altro tema è il CCN: ammesso davvero in pochi casi codificati, ad esempio negli invii di news a moltissimi nominativi di giornalisti… ma anche così, resta comunque un po’ antipatico, perché il ricevente vede diciture come “destinatari multipli” e quindi comprende di essere un numero in una mailing list. Dove possibile — secondo buonsenso, a meno che non siamo davvero centinaia — sempre meglio messaggi singoli e personali.

6. Lo smemorato — Allegati, che pesantezza (quando ci sono)

Quanto vi irritate quando qualcuno vi manda un PPT da 28M? Ecco, non fatelo nemmeno voi. Esistono meravigliosi strumenti gratuiti come WeTransfer, che consentono di inviare un semplice link da cui scaricare anche i materiali più pesanti.

Problema uguale e contrario: quanto vi irrita quando qualcuno vi scrive “ti mando la tal cosa in allegato”… la stavi aspettando da un sacco, sei felice e speranzoso ma… non hai alcun allegato. O forse siete voi i dimenticatori seriali di allegato? Altro importantissimo elemento da ricontrollare prima di inviare.

7. L’egoriferito — Saluti finali e firma (Ciao lo dici a tua sorella)

Ora lo dico, e spero che nessuno che conosco si offenda: io ODIO quando qualcuno mi saluta alla fine di un’e-mail con “Ciao”. Spesso scritto così, buttato lì, magari persino con il punto fermo finale. Lapidario. Ma ciao cosa? Ciao che? Va bene non essere formali, ma non è davvero il genere di saluto accettabile per iscritto: un augurio è sempre meglio, “Buona giornata”, “Buon lavoro” o semplicemente un “A presto!”, seguiti da un segno di punteggiatura non randomico, ma solo da virgole (Buon lavoro, — a capo — firma) o punti esclamativi (se siete più in confidenza). Non il punto fermo. Una delle formule che personalmente prediligo è “A disposizione”: va bene con tutti e lascia un bel retrogusto di collaborazione, di apertura, di familiarità, di “stiamo-tutti-remando-dalla-stessa-parte-conta-pure-su-di-me”.

E il classico Cordialmente? Minimale ed educato in e-mail istituzionali, ad esempio in una candidatura di lavoro o con il nuovo cliente/fornitore che ancora non conoscete bene. Magari evitatelo nella comunicazione quotidiana con i colleghi, se non volete sembrare un po’ freddi e imbalsamati. Ah, come punteggiatura, sempre “virgola-a capo”, e passa la paura.

Per quanto riguarda la firma, l’unico suggerimento è di eliminarla nei messaggi per il team interno della vostra azienda: una lunga firma preimpostata con mille contatti e un job title molto evidente potrebbe risultare fastidiosa, soprattutto nei thread lunghi.

Al contrario, se scrivete a qualcuno per la prima volta o dopo molto tempo, non eliminate la firma: all’altra persona potrebbe essere utile avere subito a disposizione il vostro numero di telefono, ad esempio.

Non solo il modo, anche il tempo conta nell’invio di un’e-mail

Ci siamo dilungati sul “cosa” e sul “come” della comunicazione via posta elettronica, ma vogliamo parlare un attimo del “quando”?

Lavoro in remote e sempre più flessibile ci hanno abituato al fatto che gli orari non esistono più, il che da un lato è un bene. Se per molti lavori non serve più la presenza alla scrivania né un rigido schema orario 9–18, non bisogna cadere nella trappola di mandare — e farsi mandare — email a qualsiasi ora del giorno e della notte, in qualsiasi giorno della settimana e dell’anno, Natale incluso (#storiatristemavera).

Qual è la soluzione? Semplice: programmate le dannate email che sapete bene di stare inviando fuori orario. Programmate, gente, programmate. Gmail ha un tastino comodissimo per farlo, impostate il primo orario umano di un giorno lavorativo successivo e avete dato il vostro piccolo contributo a non alimentare il burn-out collettivo.

Non sarà mandare quella mail a mezzanotte che farà pensare al vostro capo che siete dei veri aziendalisti, al massimo farà lanciare anatemi al vostro collega che sente vibrare la notifica sul cellulare dal comodino mentre cerca di prendere sonno…

Come tutelarsi da riceventi? Qui avete poco scampo, se non il buonsenso di superiori e colleghi, ma dare il buon esempio evitando di mandare mail fuori orario a vostra volta è già un inizio, un modo indiretto e cortese di far percepire i limiti, i paletti della vostra agenda privata.

Per chi è freelance sicuramente è ancora più normale e accettato il fatto di inviare email ai propri collaboratori o committenti negli orari più disparati, domenica e feste comandante comprese. Una piccola accortezza potrebbe essere, in questo caso, indicare espressamente all’inizio del messaggio che il ricevente deve sentirsi libero di rispondere quando sarà ufficialmente operativo, senza ansia e urgenze (vedi sopra).

Netiquette: anche chi risponde deve rispettare le buone maniere

E chi l’e-mail la riceve? Anche qui ci sono regole di bon-ton da seguire, ovviamente, che riguardano soprattutto i tempi di risposta: non lasciate passare giorni e giorni senza degnarvi di fare un cenno. Per quanto siate impegnati, lo è certamente anche la persona che vi ha scritto, anzi, molto probabilmente la risposta che attende da voi sta rallentando o complicando il suo lavoro.

Se anche non avete una risposta completa, mandate almeno un breve messaggio per confermare all’altro che avete ricevuto e compreso la sua richiesta, che la state elaborando ma che vi servirà più tempo per fornirgli un riscontro esaustivo. Se potete, cercate di ipotizzare (realisticamente) entro quando riuscirete a fornirglielo.

Un ultimo consiglio riguarda il mezzo in sé: se qualcuno vi scrive, è probabile che si aspetti una risposta scritta. Attaccarsi al telefono un istante dopo aver ricevuto il messaggio potrebbe risultare in un eccesso di zelo, quando non in un vero e proprio disturbo o invasione del tempo/spazio dell’altro.

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Greta | Consulente Digital MKTG & Comunicazione

Da 14 anni nel settore Comunicazione&Marketing, focus sul Digital. Strategia Comunicazione | Media Relation | Blog | Contenuti | Eventi | Social | Formazione