Perché avere un cane e fare sport ti rende un professionista migliore

Ho letto di recente alcuni articoli interessanti su due temi che mi stanno a cuore: lo sport — inteso come benessere personale, non come spettacolo — e gli animali domestici — cani, in particolare.

Secondo l’Istat, solo 1 italiano su 3 fa sport in maniera continuativa per tenersi in forma — male. Secondo l’Eurispes, circa il 45% dei nostri connazionali ha un cane — bene, ma possiamo ancora migliorare (i canili sono pieni di cuccioli in cerca di casa).

Ora, perché sostengo che essere persone attive e avere un cane renda anche dei lavoratori migliori? In primis, non sono la sola a dirlo: secondo Etjca, ad esempio, i recruiter che vedono sui profili social di un candidato la partecipazione a gare sportive, a eventi culturali o di tutela ambientale, sono più propensi a contattarlo o a proseguire la selezione.

Lo sport come metafora del lavoro: finire una mezza maratona da infortunati e imparare a correre in montagna

Sono una ex-ragazzina fisicamente “pigra” e malaticcia che, per attitudine genitoriale, non è mai stata educata allo sport. Fortunatamente, ho poi incontrato il mio compagno che, invece, è un agonista nato e mette la “cazzimma” della competizione in ogni cosa… e mi ha iniziata — non senza fatica e prendendosi anatemi , nei primissimi tempi — alla corsa, ormai 15 anni fa.

E niente, adesso non potrei vivere senza. Corsa su strada, all’inizio, garette da 5 o 10km al massimo, poi la mezza maratona che mi sono “regalata” per il 39° compleanno a marzo scorso — finita letteralmente strisciando per un infortunio, ma FINITA, perché di mollare a metà non se parla — e ora il trail running.

Il trail running è poesia in movimento: segui il percorso, ti adatti alle salite, rallenti, poi apri il gas in discesa ma stando attento alle asperità e agli ostacoli, il tutto immerso in uno scenario mozzafiato, l’aria fresca sul volto, le ali ai piedi, le endorfine così alte che la stanchezza arriva solo dopo che hai finito, a volte ore dopo… un paio di settimane fa sono stata finisher di una corsa in montagna splendida, la Cervino Matterhorn in Val d’Aosta, 16km con 1000 metri di dislivello — un morbido entry level per me, ma c’erano anche chilometraggi e dislivelli molto più sfidanti, magari per il prossimo anno ci penso.

C’è un senso profondo in tutto questo, un insegnamento che ti torna buono anche nella vita e, moltissimo, nel lavoro:

  • uscire ad allenarsi 3–4 volte a settimana, la mattina all’alba, per preparare la mezza maratona, con il sole, la pioggia, il gelo, ti rende inesorabile, c’è qualcosa da fare e tu lo fai, non importa quanta voglia hai di farlo (fermo restando che impari a capire quando stai male e hai bisogno di fermarti davvero, impari a discriminare l’assenza reale di energia dalla pigrizia);
  • darti un traguardo più o meno ambizioso, come iscriverti a una gara e portarla a termine nel tempo migliore per te, per le tue specifiche capacità, è un ottimo modo di lavorare per obiettivi;
  • non mollare quando il gioco si fa duro, quando — ad esempio — il ginocchio destro decide di infiammarsi da paura e devi fare ricorso a tutti i mantra energetici, ai ricordi dei libri di Kilian Jornet e agli esercizi di respirazione yoga per arginare il dolore e impedirgli di fermarti;
  • darti costantemente nuovi obiettivi e continuare a divertirti ogni volta, mentre prosegui nel tuo personalissimo percorso, mentre spunti minuscole vittorie che per te sono grandi, mentre migliori e poi alle volte ripeggiori pure, ma questo non ti impedisce di continuare a provare…

Tutto questo, non vi sembra incredibilmente valido anche nella vita professionale? Ora, io sono un lupo abbastanza solitario, sportivamente e lavorativamente parlando, ma se ci aggiungete la variabile sport di squadra, il quadro è completo anche con il tema del lavoro di team.

Con la pioggia o con il sole, il cane lo devi “scendere”

Oltre ad essere una meravigliosa “macchina da fitness pelosa”, e collegandosi quindi al paragrafo precedente come tematica, avere un cane è un’esperienza di vita a tutto tondo.

Se la vivi nel modo giusto, a mio avviso ti rende migliore come persona e come professionista (con buona pace dei detrattori e di chiunque affermi idiozie come il fatto che bisognerebbe fare figli e non prendere cani, come se una cosa escludesse l’altra o come se una cosa fosse più nobile dell’altra, ma questo è tutt’altro tema).

Diciamocelo, è un impegno: con la pioggia o con il sole, con la neve, se hai la febbre… il cane deve uscire. E quindi ti armi di voglia, di sacchettini, scarpe comode, ombrelli e impermeabili, e lo porti fuori.

Che è come dire: non importa se le variabili sono tutte a sfavore, questa attività va smarcata e va smarcata bene. Perché glielo devi. Perché quando ti prendi la responsabilità di qualcuno o qualcosa, poi ne devi rendere conto, te ne devi curare con attenzione.

Ma non è solo questo, la componente del branco, del gioco di squadra, del lavorare insieme — soprattutto se con il cane hai anche la fortuna di poter fare agility, hoopers o altra attività-gioco analoga — è ricca di spunti di riflessione.

Con la mia cagnolona, una Australian Shepherd di 3 anni, faccio hoopers, una sorta di agility più soft che non prevede acrobazie — faticose alla lunga per le articolazioni del cane — ma comandi molto mirati e la capacità di guidare il cane con il solo tono della voce. Molto divertente sulla carta, una soddisfazione quando i percorsi ti riescono al primo colpo, può diventare estremamente frustrante nei giorni “no”.

Situazione tipo: dopo 11 ore davanti al PC, hai lezione, porti il cane al campo di addestramento ma tu sei sfranta e lei annoiata a morte dalla giornata passata sotto la tua scrivania. Ergo, i livelli di energia sono del tutto opposti, lei carica a pallettoni, tu distratta, poco autoritaria, lenta nell’enunciare i comandi… E lei sbaglia. Aspetta, ma è lei che sbaglia?

Come in ogni lavoro di squadra che si rispetti, se il “manager” fornisce brief incompleti e poco efficaci, il team farà un lavoro mediocre. Ma di chi è la responsabilità di quel lavoro mediocre? Certo non del team!

E così rifletti su te stesso, cerchi di concentrarti meglio, di essere più presente nel momento, più efficace, più assertivo e autorevole. E l’esercizio — o il lavoro — assume subito tutt’altra prospettiva.

Con un cane impari la fiducia, impari l’empatia, impari a comunicare con un essere che ha canali di linguaggio del tutto differenti rispetto ai tuoi.

Ne esci molto più ricco, ricevi immensamente più di quanto dai, come saggezza oltre che come affetto: il cane sa che ha un dovere da svolgere, lo compie al meglio delle sue capacità, e poi si rilassa, stacca, si diverte, dorme e mangia senza sovrastrutture, senza retropensiero.

Dovremmo recuperare parte di quella incredibile connessione con il sé, parte di quella spontaneità, di quella autenticità ferina, gioiosa, conviviale.

Il cane è mindfulness allo stato puro.

Concludendo…

… nella mia modestissima opinione, essere persone attive, capaci di misurarsi in gare atletiche di diverso livello, e persone responsabili di altri esseri viventi “scelti” e non generati, come gli animali d’affezione, è un’ottima palestra per migliorare moltissime skill utili anche a livello professionale.

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Greta | Consulente Digital MKTG & Comunicazione

Da 14 anni nel settore Comunicazione&Marketing, focus sul Digital. Strategia Comunicazione | Media Relation | Blog | Contenuti | Eventi | Social | Formazione