Preché poui lggeere quetso tetso?

Guido Bocchino
3 min readOct 1, 2019

‘Secnodo un pfrosseore dlel’Unviesrita’ di Cmabrdige, non imorpta in che oridne apapaino le letetre in una paolra, l’uinca csoa imnorptate e’ che la pimra e la ulimta letetra sinao nel ptoso gituso. Il riustlato può serbmare mloto cnofsuo e noonstatne ttuto si puo’ legerge sezna mloti prleobmi. Qesuto si dvee al ftato che la mtene uanma non lgege ongi ltetera una ad una, ma la paolra nel suo isineme. Cuorsio, no?

Sarà capitato a molti di voi leggere un testo simile in un post Facebook o in giro sui social. Tale effetto è chiamato “jumbled word effect” ma prima di analizzarlo è necessario un tuffo nel passato per ripercorrere le varie tappe che hanno portato alla sua formulazione.

“Jumbled word” (Fonte: Google)

Se pensate che il processo di apprendimento e lettura sia cosa nota e ben compresa vi sbagliate di grosso. Nonostante vari studi e diverse ricerche, rimangono ancora molti dubbi a riguardo.

Nel 1959, Oliver Selfridge propose una splendida metafora denominata il pandemonio di Sigfrido. Essa consiste in una associazione di demoni in cui ognuno rappresenta una parola: appena un termine viene letto, ogni demone lo analizza e decide se la sua parola può essere rappresentata. Ad esempio, alla lettura di “paura”, il demone che rappresenta la parola “paura” comincia ad urlare. Contemporaneamente anche il vicino che rappresenta la parola “timore” rivendica la sua importanza e dopo un breve momento di competizione, sarà la parola “paura” a prevalere.

Il pandemonio di Selfridge ha ispirato molti altri modelli successivi tra cui l’Interactive Activation model di Jay McClelland e David Rumelhart nel 1981. Esso è basato su tre livelli: un primo livello in cui vi sono i neuroni sensibili ai singoli tratti visualizzati dal sistema visivo, un livello intermedio in cui troviamo le unità che rilevano le singole lettere e infine un livello in cui tali unità codificano le parole. Questi livelli sono collegati da varie connessioni mediante le quali si attua un meccanismo negativo: alla lettura della parola “cane”, la competizione tra “cane” e “rane” viene risolta da connessioni inibitorie, dove la lettera “r” censura le parole che non la contengono.

Il processo di riconoscimento delle lettere e delle parole è pertanto interattivo: se nella mente del lettore si attiva una parola (ad esempio vedendo “att” si attiva “attore”), il riconoscimento delle successive lettere di quella parola sarà facilitato. Pertanto la mancanza di una singola unità non crea molti problemi: nella parola “uccellq”, la mancanza della “o” viene compensata dal lavoro delle lettere vicine che sostituiscono la lettera sbagliata.

Partendo da questi studi, Stanislas Dehaene ha elaborato una teoria sintetica per analizzare il funzionamento delle cellule nervose durante la lettura e la comprensione di un testo. Dal momento che l’apparato visivo è organizzato in un sistema piramidale di aree cerebrali, egli ha evidenziato come all’aumentare di ogni tappa cresca la complessità dell’immagine. Ciò significa che a un livello più basso i neuroni rispondono a semplici tratti, ma tramite la loro combinazione si possono rilevare i contorni e rappresentare le singole lettere per poi codificare il significato delle stesse. Di conseguenza il sistema nervoso elabora concetti superiori oltre la semplice ortografia superando agevolmente un errore di battitura (basti pensare a tutti gli errori di stampa che non alterano minimamente il significato di un articolo di giornale).

Altri due ricercatori, Grainger e Whitney, ispirati da una mail ricevuta per sbaglio e molto simile al testo nell’introduzione dell’articolo, giunsero a conclusioni simili. I due notarono che, nonostante le lettere di ogni parola (esclusa quella iniziale e quella finale) erano alterate nel loro ordine, la lettura non presentava molti problemi. A questo singolare comportamento diedero il nome di jumbled word effect elaborando un nuovo modello che si basa sull’interpretazione della parola tramite coppie di lettere (bigrammi aperti) e spiegando facilmente il fenomeno: due parole come scarpa e scapra hanno 11 coppie di lettere in comune su 12 possibili, una percentuale del 92% che rende lo spostamento di lettera irrilevante ai fini della comprensione.

Le connessioni tra lettera e parola (e viceversa) sono quindi la causa primaria di questo incredibile fenomeno.

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