Cap. 3 — Human Factor

Human Factor Lab
Human Factor
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3 min readNov 26, 2014

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Per una politica della vita consapevole, cooperativa e solidale

Se prendiamo coscienza che il tempo è scaduto

Prima ancora che l’Agenzia delle Nazioni Unite è la natura stessa della biosfera giunta al punto limite di non ritorno a dirci che ormai “il tempo è scaduto” e non è più dalla nostra parte, cioè dalla parte dell’intera civiltà. Quel che solo ieri si marcava come visione apocalittica di un pensiero “radicale” attorno al cambiamento climatico, oggi si tramuta in un radicale bisogno d’intervento richiesto dalla scienza e, con colpevole ritardo, dalla stessa politica.

I fatti hanno la prerogativa di vedersi, specie quelli che è la Natura a rendere manifesti con le sue leggi non disputabili. E i fatti, più forti di ogni pensiero negazionista, dicono che il cambiamento climatico “esiste”. Che la sua origine è “antropica”, dunque causata dall’attività umana. Che gli effetti si producono ovunque su scala planetaria e globale. Che genererà povertà e nuove crisi economiche. Che sarà all’origine di conflitti violenti. Che ciò che esso pone in forse, se politica e istituzioni sciuperanno il tempo rimasto, è la sopravvivenza del pianeta e con esso il destino dell’umanità.

La via d’uscita non è tecnica. E’ nel pensiero che la deve orientare e che chiama in causa la relazione tra l’umano e la natura, la complessità di un rapporto giunto al limite storico di rottura e distacco. E il pensiero da cui muovere, o a cui tornare, è nient’altro che quello espresso con sintesi scientifica ed economica ben prima che tutti i fatti si vedessero come oggi insieme: “Una crescita infinita è incompatibile con un pianeta finito”. Da questo pensiero occorre partire per dare alla società, all’economia, all’ambiente terrestre un nuovo orizzonte di civiltà. Attorno a questo pensiero occorre creare una coscienza critica che guardi al cuore del nostro modo di vivere.

Occorre far crescere il senso di solidarietà e convivenza con questo pianeta che contiene le nostre vite.

Un nuovo paradigma di società, di civiltà umana dell’essere, può scaturire soltanto dalla “conversione” dell’organizzazione stessa della vita e dell’intera società in senso ecologico. Per questo occorre far crescere una coscienza del pericolo ecologico che stiamo correndo, del senso di solidarietà e convivenza con questo pianeta che contiene le nostre vite. La coscienza ecologica, oggi la più urgente e la più profonda delle molteplici coscienze umane, non si è ancora fatta pienamente politica.

Ma è qui il punto di contrasto più acuto con l’economia oggi dominante e la reale via di uscita alternativa non solo alla crisi economica, ma alle diverse altre crisi che essa alimenta. La nostra politica muove di qui e il passaggio è di quelli che marcano un discrimine, di cultura, di modello e organizzazione sociale, di stili del vivere diffuso.

La “conversione” chiama immediatamente in causa l’attuale modello di sviluppo illimitato e dal costo ecologico sempre più elevato. Utilizzando meno materia e meno energia nella produzione di beni, essa agisce verso una revisione profonda delle preferenze di consumo e degli stili di vita, delle modalità stesse di concepire il valore economico umanamente prodotto, spostando la domanda di produzione di beni tradizionali a forte impatto economico verso beni di economia “umana” e di beni “relazionali”, gli unici capaci di elevare la qualità della nostra vita e di garantire l’eguaglianza dei diritti tra le persone.

E’ la “conversione” la strada non per temperare o riparare al meglio singole disfunzione di un’economia predatoria, ma per cambiare il motore stesso del sistema. L’economia della quantità e del calcolo ha portato denaro e profitto a sconfinare nei campi dell’esperienza umana dediti alla gratuità, al dono, allo scambio solidale, così che la logica pura del rendimento, della produttività si è allargata a dismisura, mutilando il paesaggio, depredando il territorio. Si è impadronita degli individui, ne scandisce le loro vite con i battiti compulsivi del cronometro, portando malessere esistenziale anche dentro il benessere materiale.

L’idea di “conversione” comincia dall’abbandono di quella di crescita indefinita e per prendere corpo essa ha bisogno di un pensiero critico che la elabori e di una politica nuova che la realizzi.

continua nella Parte 4…

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