La fine del portafoglio bilanciato 40/60: è forse il momento per un nuovo modello di portafoglio?

Ida Pagnottella
6 min readFeb 17, 2024

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Introduzione

Oggi molti sono convinti che il portafoglio bilanciato classico (azioni & obbligazioni) sia la strategia ottimale, e si arriva a questa conclusione se si prendono in mano i dati degli ultimi 20 anni. Se si allunga l’orizzonte di analisi invece, i dubbi arrivano.

Per poter prendere decisioni di portafoglio, è necessario delineare scenari probabilistici partendo dai dati storici e dai cicli di lungo periodo. Noto che spesso gli analisti si fermano ai dati degli ultimi 20 anni per prendere decisioni di portafoglio: è un periodo troppo limitato e non sufficente. Ritengo che sia necessario conoscere i cicli degli ultimi 80 anni (almeno) per poter capire dove ci troviamo oggi, altrimenti si rischia di consigliare un tipo di portafoglio errato.

Disclaimer / avvertenze in fondo all’articolo

Parte 1 : Debito, tassi e inflazione

Gli anni 1982–2020 sono stati anni caratterizzati da liberalizzazioni di mercato, da una globalizzazione crescente, da tassi di interesse decrescenti e da un tasso di inflazione in discesa. Sopratutto questo periodo è stato caratterizzato da un tasso di debito rispetto al PIL in costante crescita. Proprio nel 2020 i paesi avanzati sono arrivati ad un rapporto debito totale (privato e pubblico) rispetto al PIL di oltre il 300%, un livello molto pericoloso (https://stats.bis.org/statx/srs/table/f1.1 ).

Tale rapporto è sceso poi negli anni successivi fino ad un livello del 263% nel 2023, grazie al fatto che l’inflazione, e anche il PIL nominale, sono saliti molto dalla fine del 2020 al 2022, mentre i tassi di interesse sono saliti molto meno, restando ben al di sotto del livello di inflazione.

Grafico: PIL dei paesi G7 dal 2009 in nero, il tasso di inflazione in rosso, ed i tassi di interesse USA a 2 anni in blu

In altri termini, i tassi di interesse reali sono diventati negativi a partire dal 2020, permettendo così al rapporto tra debito e PIL di scendere. La storia finanziaria insegna che rapporti estremamente elevati tra debito e PIL non sono sostenibili alla lunga: senza politiche di repressione finanziaria che permettono di mantenere i tassi reali negativi per lunghi periodi, si finisce per andare incontro a qualche shock finanziario con effetti devastanti.

Nel grafico sottostante, viene illustrato graficamente il rapporto inverso tra tassi di interesse e inflazione rispetto al rapporto di debito totale / PIL.

Grafico: tassi, inflazione e debito negli ultimi 100 anni; l’inflazione USA in rosso, tassi di interesse americani in blu, rapporto debito /PIL indicati in nero

Quando il rapporto debito / PIL diventa non più sostenibile per un singolo debitore, tassi di interesse positivi (superiori al tasso di inflazione) aumentano il rischio di default; se poi il tasso di inflazione è negativo, cioè i prezzi sono in discesa, il rischio di default aumenta velocemente nel sistema. Una situazione deflazionistica (tasso di inflazione negativo) è conveniente per i risparmiatori, però diventa devastante per chi ha debito, perché cresce il peso reale di tale debito.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il mondo occidentale si è trovato di con una situazione di debito rispetto al PIL molto elevato. Per evitare una situazione di default di catena, sono state introdotte politiche di repressione finanziaria: misure che hanno mantenuto i tassi di interesse sotto il livello dell’inflazione per decenni, e queste misure sono state portate avanti fino ai primi anni ’80, quando il rapporto debito / PIL è finalmente tornato ad un minimo storico.

Una politica di repressione finanziaria prevede la repressione dei tassi di interesse ben al di sotto del livello del tasso di inflazione; in questo modo, mentre il PIL nominale cresce in linea col tasso di inflazione, il debito pubblico cresce molto più lentamente perché i tassi, cioè il costo del debito, viene bloccato, facendo scendere il rapporto debito / PIL gradualmente.

Dopo anni di repressione finanziaria , dal secondo dopo guerra fino agli anni ’70, nel 1981 il rapporto debito globale/ PIL toccò un minimo storico, e a quel punto è stato possibile passare ad una politica di liberalizzazione economica e di globalizzazione: da quel momento il tasso di inflazione iniziò una fase discendente che sarebbe durata quasi 40 anni, toccando il livello minimo proprio nel 2020. Anche i tassi di interesse sono scesi per 40 anni, toccando il minimo nel 2020. Durante tale periodo, il rapporto debito/PIL ha seguito invece un percorso inverso, salendo per 40 anni e toccando il massimo storico assoluto proprio nel 2020.

La situazione odierna è ben peggiore rispetto alla situazione del secondo dopoguerra: non solo il rapporto debito /PIL è molto più elevato di allora, ma oggi abbiamo all’orizzonte anche una crisi del sistema pensionistico in tutto il mondo occidentale. Secondo il Prof. Russell Napier per ridurre il peso del debito rispetto al PIL, il mondo occidentale sarà obbligato a introdurre politiche di repressione finanziaria di nuovo, e la strategia di portafoglio ottimale per un periodo di repressione finanziaria è molto diversa rispetto alla strategia di investimento ottimale in un periodo di liberalizzazione e inflazione decrescente.

In particolare, se la strategia migliore in una situazione di inflazione e tassi in discesa è la strategia bilanciata classica 60/40, in una situazione di repressione finanziaria questa strategia non è affatto ottimale.

Grafico: l’andamento del mercato obbligazionario societario in euro dal 2010: la salita di inflazione dal 2021 ha riportato i prezzi ai livelli del 2011.

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Bibliografia:

The Price Of Time, Edward Chancellor

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