Contro la paura, organizziamo la speranza.

Il Corsaro
4 min readMar 8, 2020

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Da stamattina, l’Italia è in uno stato d’emergenza senza precedenti. L’intera Lombardia e parte di Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Marche, sono in condizione di totale isolamento esterno e interno per evitare l’ulteriore propagazione del coronavirus Covid-19, mentre nel resto del Paese scuole e università sono chiuse, tutti gli eventi pubblici e le attività sociali e culturali sono sospese, e le persone sono invitate a restare in casa o comunque a limitare i contatti con altri a meno di gravi motivi.

Non entriamo nel merito delle misure prese, sicuramente traumatiche, probabilmente inevitabili, arrivati a questo punto. Il punto ora è fare la nostra parte per uscirne, dandoci una mano tra di noi, proteggendo gli elementi più deboli della nostra società, e imparando per il futuro.

Ci siamo chiesti cosa possono fare le realtà collettive sociali e politiche in un momento come questo, in cui ciò che è necessario, cioè l’isolamento di ciascuno nel privato di casa sua, è proprio il contrario di ciò in cui noi ci impegniamo ogni giorno, cioè la condivisione di spazi comuni, collettivi, aperti.

Quello che possiamo fare è dare un messaggio di solidarietà, di determinazione e di speranza, in un momento difficile. Invitiamo tutti e tutte a non cedere allo sconforto, non farsi prendere dal panico, impegnare nel modo giusto le tante ore che dovranno essere passate senza il normale contatto con gli altri. Ci impegniamo a seguire le indicazioni delle autorità sanitarie in maniera responsabile per evitare il contagio, e allo stesso tempo non dobbiamo spegnere il cervello ma continuare a stare attivi.

In particolare invitiamo tutte e tutti a:

Mantenere la lucidità, non perdersi d’animo e darsi una mano.

La situazione è difficile ma ancora non drammatica, sarà dura ancora per un po’ di tempo, ma ne usciremo. Godiamoci ritmi un po’ rallentati, passiamo del tempo con i nostri cari. Prendiamoci cura gli uni degli altri, rispettando le regole dell’isolamento, ascoltiamo i problemi delle persone più in difficoltà, proviamo a ingegnarci per trovare soluzioni. Dove possibile, e con attenzione e prudenza massime, si organizzino attività per aiutare gli anziani e chiunque sia bloccato in casa portando la spesa, o con altre attività di solidarietà attiva come molti spazi sociali stanno facendo.

Usare i social in maniera solidale e responsabile.

Nell’isolamento di questi giorni, i social per molti saranno l’unica finestra sul mondo. Cerchiamo di non riempirli di contenuti tossici, e di utilizzarli invece come strumento di condivisione e relazione. Teniamo vivi i nostri luoghi collettivi anche senza il contatto fisico. Organizziamoci online per discutere in modo attento e con fonti attendibili dell’andamento quotidiano delle notizie, per informarci su chi ha bisogno di qualcosa e su cosa possiamo fare per aiutarlo, per segnalare i temi su cui c’è bisogno di dare battaglia.

Mobilitarsi, seppure solo in piazze online, perché i drammatici costi dell’epidemia e della quarantena non siano scaricati sulle nostre spalle.

Rivendichiamo il blocco di sfratti e licenziamenti, la sospensione di affitti, bollette e rate, un sostegno vero al reddito dei tanti lavoratori, dipendenti, precari o autonomi che non possono lavorare, aiuti alle famiglie che hanno figli in età scolare, sostegno alle tante realtà sociali e culturali che andranno in difficoltà economica. Noi dobbiamo fare la nostra parte per fermare il contagio, ma non possiamo pagare per tutti, continuando a nutrire rendite e profitti.

Rimettere al centro il tema della sanità, del welfare, dei servizi pubblici universali.

Questa emergenza ha reso evidente anche a chi l’aveva voluto dimenticare che senza un sistema sanitario nazionale all’altezza non c’è speranza di affrontare in modo serio le situazioni più difficili. 25 anni di tagli e di privatizzazioni hanno fortemente minato il SSN, e di ciò ora vediamo il prezzo in termini di posti letto e vite umane. Essere responsabili di fronte all’emergenza non significa smettere di denunciare i responsabili dello smantellamento dei servizi pubblici e della trasformazione neoliberista della nostra società. Torneremo a occupare le piazze, riconquisteremo un welfare universale.

Sperimentare un mondo diverso.

Questo momento drammatico, fa emergere le contraddizioni più profonde della nostra organizzazione sociale, a partire dagli iniqui carichi di cura tra uomini e donne e ci chiede di ripensare gli strumenti di welfare e gli stili di vita. Congedi parentali straordinari e paritetici per uomini e donne; riconoscimento anche economico del lavoro di cura ; flessibilità e riduzione dei tempi di lavoro; ammortizzatori sociali e forme di sostegno economico per lavoratori stabili, precari o autonomi che siano; una transizione ecologica, fuori da questo sistema che alimenta sia le epidemie sia la nostra impreparazione ad affrontarle. Il fatto che il nostro modo di vivere sia così minacciato dall’emergenza ci dovrebbe far pensare a costruirne uno migliore, un mondo diverso e abitabile.

Siamo vicini a tutti e tutte le persone che stanno vivendo con particolare difficoltà questa situazione, in particolare chi vive nelle zone rosse o chi per condizioni mediche pregresse è particolarmente a rischio. Anche nell’isolamento fisico, non smettiamo di essere solidali, organizzati e attivi. Contro la paura, organizziamo la speranza.

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