Una rivoluzione di velluto. L’ “extremalism inspiration” di Emio Greco e Pieter C. Scholten

Teatro e Critica
4 min readOct 11, 2016

Filrouge è un workshop di Teatro e Critica, all’interno di Romaeuropa Festival, dedicato allo storytelling e alla critica teatrale. Altre info sul progetto.

da sinistra Emio Greco, Pieter C. Scholten, Francesca Magnini

La presentazione del libro in lingua inglese Inspiration. The Multiplicity of Dance (Artegrafica, 2015) della studiosa Francesca Magnini ha fornito nei giorni scorsi lo spunto ideale per un focus ravvicinato sul lavoro ed il percorso, entrambi accesi e ‘irrequieti’, di Emio Greco e Pieter C. Scholten. Il primo, danzatore e coreografo brindisino ormai noto a livello internazionale, dopo prestigiose esperienze con Jan Fabre (Belgio) e Saburo Teshigarawa (Giappone), condivide dal 1995 la direzione artistica della propria compagnia, con il secondo, drammaturgo e regista olandese.
Entrambi co-direttori da due anni del Ballet National de Marseille, qualche settimana fa in scena al Teatro Argentina con lo spettacolo Passione, Greco e Scholten elaborano ed applicano una filosofia pratica della danza che denominano “Extremalism”, titolo dello spettacolo del ventennale della compagnia, dall’unione di due termini, extremism e minimalism. E due è il concetto chiave nella loro pratica: frizione e dualità sono gli ingredienti del processo creativo alla base di spettacoli come Bianco; Rosso (due soli, 1996); così come di Extremalism (2015).
Lo stesso spettacolo Passione era originariamente il frutto di una dualità: portato in scena nel 2012 vedeva Emio Greco danzare su musica eseguita dal vivo al pianoforte e alla fisarmonica dal compositore francese Franck Krawczyk. Oggi, nella versione ospite del Romaeuropa Festival, Passione, ri-creato ad hoc per i danzatori del Ballet National de Marseille, traduce nei loro corpi e con la loro pelle i sette princìpi del manifesto della compagnia “Bisogna che io vi dica…”, che dà il titolo all’incontro, introdotto e condotto dalla studiosa Ada D’adamo, autrice tra l’altro della prefazione al libro.
Il manifesto incarnato dai sette danzatori costituisce l’urgenza del duo artistico di comunicare una filosofia della danza che nasce, è evidente, nell’alternarsi dei loro interventi e dei frammenti video della danza solista di Greco, quindi dal confronto-scontro tra una concettualizzazione potente e strutturata (Scholten) e una pratica coreutica (Greco) segnata da irrequietezza e ‘spasmo’ che agiscono da vortice interno e contrario.

La danza è capacità di connessione, con se stessi, con lo spazio ed il tempo, con l’altro, ma quando due anni fa i nuovi direttori si sono trovati di fronte al Ballet National de Marseille hanno toccato con mano ferite dell’anima ancora aperte, corpi e menti provati da esperienze precedenti cupe, o sfregianti. Con quei corpi e quelle menti era però necessario entrare in contatto autentico, trovare punti di aggancio e di comunicazione: hanno dunque attuato una…”rivoluzione di velluto”. Come? Annullando le normali gerarchie, i ruoli delle compagnie tradizionali, hanno riconosciuto ad ognuno il ruolo di ‘solista’: una volta dato a ciascuno un valore autonomo, gli hanno permesso di ‘aprirsi’ agli altri, al nuovo che li attendeva, con fiducia. Io e l’altro, danza e musica, dunque non era più un duo, ma diventava una sincronicità, intesa da Greco e Scholten come la capacità, attraverso innanzitutto il respirare, di riunirsi tutti insieme come per caso in un luogo e momento dato.

Il volume della Magnini indaga concetti chiave (breathing, jumping, reducing, expanding) nella pratica della compagnia ma lo fa ‘come una danza’, ovvero rispettando il percorso di ricerca e pratica proprio della compagnia Greco/Scholten, quindi lontano dalle tradizionali pubblicazioni di settore, e vicino, a contatto diretto, con il lavoro quotidiano svolto presso il centro di ricerca coreografica ICKAmsterdam.
Al termine dell’incontro, rispetto al panorama italiano, restano di fatto molti interrogativi aperti riguardo la possibilità di tradurre e pubblicare in una lingua accessibile globalmente come l’inglese, ovvero come sostenere e finanziare un’operazione del genere, che apre le porte ad una libera circolazione in tutto il mondo delle pratiche teoriche, storiche e critiche, e la possibilità di una reciproca ispirazione, contaminazione o scambio nella molteplicità di territori e percorsi.
Stranamente non si ha avuto modo e tempo di trarre spunto dalla presentazione del libro per affrontare questo tema, ben pertinente, durante il dibattito, e di beneficiare di un luogo ed un’occasione così prestigiosi, di fronte ad una platea gremita di interlocutori possibili. Un’opportunità mancata.
La danza è sguardo panoramico, respiro individuale ed unisono, ispirazione per trovare un linguaggio nuovo. Chi studia e si occupa di osservare, approfondire, indicare mappe e tracciati prima invisibili, chi spesso abbatte le frontiere dei generi, dei saperi e codici, in breve chi fa ricerca in particolare in ambito ‘umanistico’, è bene che con il proprio prodotto editoriale resti tra le mura di casa o in un ambito di fruizione ben delimitato? O esca e parta in un viaggio intorno al mondo? Se si, come rendere questo possibile ed accessibile in modo diffuso? Con quali modalità, tecniche, tempi? Con quali supporti economici?
Vogliamo leggere il mondo….ma non esser letti dal mondo?
REF2016…portiamoci altrove. Davvero.

Carla Di Donato

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