Scuola e università nella campagna elettorale per le presidenziali

InsideUSA2020
3 min readJul 27, 2020

di Andrea Mariuzzo

Il tema dell’istruzione rimane spesso sottotraccia nelle campagne elettorali americane, ma è un terreno piuttosto importante per le scelte degli elettori, visto il ruolo fondamentale che scuola e college svolgono nella vita degli statunitensi.

Pur non avendo calcato la mano sulla scuola nella campagna del 2016, da presidente Trump ha sviluppato subito una politica scolastica incisiva, con la nomina a segretaria all’Educazione di una figura connotata come la “paladina” delle scuole private confessionali Betsy DeVos, e destinando proprio alle rette per le charter schools una parte cospicua (oltre un miliardo e mezzo di dollari) del suo primo piano di sgravi fiscali. Gli esiti sfavorevoli ai repubblicani delle elezioni di midterm, orientate anche dall’ondata di scioperi degli insegnanti seguita a quello che è stato interpretato come un enorme drenaggio di risorse dall’interesse pubblico al privato, hanno impedito all’amministrazione del presidente di dare seguito fino in fondo alle proprie proposte, che prevedevano anche un ammorbidimento dei requisiti per la partecipazione delle scuole ai fondi pubblici su diritti civili e libertà d’insegnamento. Tuttavia, Trump sembra convinto a proseguire il suo intervento sugli equilibri scolastici con l’affermazione della school choice, a costo di emarginare un’istanza storica della cultura conservatrice nella gestione delle finanze per l’istruzione, la certificazione della qualità e della selezione. Persino i test SAT e ACT sulla qualità delle attitudini accademiche vedono una progressiva riduzione del loro uso per l’ammissione degli studenti da parte di college importanti, iniziata per la difficolta a sostenere i test durante la pandemia e confermata anche per la scarsa mobilitazione ad alto livello di difensori del quality assessment nell’area politico-culturale che ne sostiene da tempo il valore.

Nel campo democratico i partecipanti alle primarie hanno ripreso il dibattito, interrotto dalla sconfitta di Hillary Clinton, sulla sostenibilità per individui e famiglie del costo del college. Il rischio (poi almeno in parte rientrato) dell’esplosione di una “bolla” dei prestiti studenteschi aveva condotto nel 2015 Obama a inaugurare un primo programma di sostegno pubblico alla loro solvibilità, e alle primarie successive Sanders aveva costruito il suo consenso tra gli studenti di college proponendo la cancellazione del debito e la gratuità degli studi negli atenei pubblici, sostenuta da una tassazione speciale sugli “speculatori di Wall Street”. Di fronte al rinnovo delle sue proposte nel 2020, Biden ha ripreso la logica più realistica di Clinton, proponendo un cospicuo rifinanziamento delle misure obamiane rimaste “scoperte” con Trump, e una modulazione dei tuition payments che permetta a tutte le famiglie di iscrivere figli e figlie a un college statale senza indebitarsi, garantendo la gratuità dell’istruzione superiore anche alla classe media impoveritasi in quest’ultimo quindicennio.

Con queste proposte, e con una scala di priorità incentrata sui costi dell’istruzione superiore, Biden sfiderà la scelta trumpiana di fare riferimento a un preciso nucleo di consenso nel mondo educativo, quello delle scuole private confessionali riconosciute. Anche sul terreno educativo, insomma, i posizionamenti sembrano ripresentare quell’opposizione tra ampliamento delle opportunità socio-culturali e arroccamento in difesa di una precisa identità su cui democratici e repubblicani costruiscono attualmente la loro immagine.

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