Politica e Geopolitica di Libra: alcune riflessioni (parte 1)

Joseph Insirello
7 min readAug 2, 2019

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Libra, la “criptovaluta di Facebook”, è sotto diversi punti di vista un progetto senza precedenti: mai prima d’ora si è stati così vicini alla realizzazione di uno strumento di pagamento unificato su scala mondiale. L’iniziativa, lanciata da Mark Zuckerberg, rappresenta infatti il primo tentativo non di creare una “criptovaluta” mondiale, ma piuttosto una currency globale che si scopre anche ad essere crypto. È, inoltre, la prima vera incursione delle grandi corporations nel campo della politica monetaria degli stati. Proverò, con una serie di brevi articoli, ad analizzare il significato di questa affermazione e le potenziali ricadute politiche ed economiche dell’avvento di Libra.

  1. 1. Cos’è Libra?

Facebook e le criptovalute hanno due storie molto diverse, ma con alcuni punti in comune: nessuno avrebbe scommesso su una loro sopravvivenza dopo il lancio, pochissimi ne hanno colto le potenzialità a lungo termine, e soprattutto moltissimi si sono autodefiniti “esperti”, di Social Media da un lato e di blockchain/crypto dall’altro, quando il grande pubblico Ha iniziato a rendersi conto della portata del cambiamento. E oggi queste due storie, con i loro punti in comune e le loro differenze, inaspettatamente si incrociano.

È stato infatti presentato alla stampa il progetto di Libra, una nuova moneta digitale con alcune peculiarità che ne fanno un caso studio interessante sotto molteplici profili. Lo scopo dichiarato da parte del principale promotore, il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, è quello di portare agli “unbanked”, ovvero ai milioni di persone che non hanno accesso a servizi bancari e finanziari, uno strumento di pagamento facile da usare, a costi molto bassi e che permette di inviare denaro a chiunque possieda uno smartphone e una connessione ad Internet.

1.2. La rilevanza del progetto

La parte innovativa del progetto non risiede nella tecnologia adoperata: esistono già numerosissime criptovalute che offrono, in base alle scelte degli sviluppatori, trasparenza, sicurezza nelle transazioni, anonimato o velocità nelle transazioni, ma non esiste ancora una cripto in grado di avere tutte queste caratteristiche; anche Libra non farà eccezione, non potendo offrire tutti questi vantaggi, ma solo alcuni, sacrificando — ad esempio — l’anonimato alle richieste dei governi, che già dimostrano tutta la loro insofferenza rispetto all’iniziativa di Zuckerberg. Il Congresso degli Stati Uniti ha infatti posto l’alt sullo sviluppo di Libra, in attesa di capirne di più per, eventualmente, regolamentare il fenomeno.

Il Congresso statunitense ha posto il primo “alt” al progetto di Zuckerberg, nel tentativo di prendere tempo per studiare meglio Libra e le sue conseguenze.

Con una lettera datata 2 Luglio[1], il Committee on Financial Services della camera bassa del Congresso, la House of Representatives, ha chiesto a Mark Zuckerberg di sospendere lo sviluppo del progetto Libra (“[…] a moratorium on any movement forward on Libra- its proposed cryptocurrency”) in quanto esso potrebbe aprire la strada a un sistema finanziario del tutto nuovo, in concorrenza con il dollaro statunitense (“[…] these products may lend themselves to an entirely new global financial system […] intended to rival U.S. monetary policy and the dollar”). Il progetto è invece potenzialmente rivoluzionario per la forza e i numeri messi in campo dai players in gioco: i soggetti fino ad ora coinvolti vantano, insieme, miliardi di utenti, e sono disposti a fare rete e creare delle sinergie per garantire che Libra sia effettivamente utilizzabile come una moneta, cioè garantirne la spendibilità, e assicurare sin dal Day 1 un vasto numero di “correntisti” a Calibra, l’azienda creata da Zuckerberg stesso per gestire i “wallet”, ovvero i portafogli virtuali, su cui verranno conservate le unità di Libra.

[1] United States Committee on Financial Services Letter to Mark Zuckerberg, 2nd of July 2019 https://financialservices.house.gov/uploadedfiles/07.02.2019_-_fb_ltr.pdf

1.1. Blockchain = Decentralizzazione?

L’iniziativa racchiude in sé, a mio parere, un forte simbolismo sia come punto di arrivo di un lungo percorso, che inizia con la comparsa di Bitcoin, sia come il primo passo verso una nuova era della quale possiamo solo intuire le potenzialità e i rischi. Se, infatti, con la creazione di Satoshi Nakamoto è nata una vera alternativa al sistema bancario, che ha aperto una falla nella tradizionale centralizzazione del sistema finanziario e ha contribuito, se non lanciato in primo luogo, un processo di disintermediazione del settore, ecco che Libra si pone all’opposto estremo dello spettro, riportando in campo non solo l’emissione di moneta controllata da un gruppo ristretto -si parla, nel whitepaper, di ben cento aziende coinvolte nella sua gestione-, ma ponendo un layer ulteriore, sotto la forma di “authorized resellers”, di rivenditori autorizzati, i quali saranno gli unici a poter immettere sul mercato e distribuire agli utenti le future unità di Libra, ovvero la moneta stessa. Coloro i quali provano dunque a spingere sull’eguaglianza, sempre e comunque, tra Blockchain e decentralizzazione, saranno definitivamente sconfessati dall’avvento di Libra.

1.2. I “membri fondatori” di Libra

Prima di proseguire nell’analisi dell’iniziativa, è necessario esplorarne le caratteristiche, senza scendere in aspetti strettamente tecnici. In primo luogo, i promotori: un gruppo di aziende con a capo Facebook, affiancato da altri grandi nomi come Visa, Mastercard, PayPal, Uber, Lyft, Booking e altri ancora, che ha deciso di unire i propri sforzi e di associarsi in un soggetto giuridico terzo senza scopo di lucro, la Libra Association, con sede in Svizzera. Scopo dell’associazione è gestire il network di Libra, la sua emissione, garantirne la stabilità e, sul versante sociale, sostenere la scolarizzazione finanziaria e l’accesso ai servizi bancari degli “unbanked”, che abbiamo già citato.

I “membri fondatori” di Libra.

I componenti dell’associazione, definiti “Founding Members”, verranno selezionati tramite il rispetto di una serie di criteri: per quanto riguarda le corporations, viene valutato il valore di mercato (che deve essere di almeno un miliardo di dollari), l’estensione del proprio business (con almeno venti milioni di clienti) e la presenza sui mercati globali. I criteri sono diversi per i soggetti “sociali”, cioè ONG e simili — che dovranno comunque avere bilanci da almeno cinquanta milioni di dollari, ed essere presenti su scala globale.

1.3. Emissione

Per quanto riguarda la politica monetaria di Libra, la struttura e l’ispirazione del suo ecosistema trovano le proprie radici nel passato: si è infatti guardato indietro alle cosiddette “asset-backed currencies”, cioè le valute garantite da un sottostante (tradizionalmente metalli preziosi): tecnica resa nota dal “gold standard”, adottato fino alla prima metà del XX secolo, il quale garantiva che una certa quantità di moneta era sempre garantita (o, in altri termini, convertibile) in una certa quantità di oro. Nel caso di Libra, invece, l’emissione sarà garantita da “asset poco volatili”, individuati in titoli di stato a breve termine di paesi stabili o tendenti alla stabilità. Gli attori alla base dell’emissione saranno solo e solamente gli appartenenti all’associazione Libra, che saranno circa un centinaio; si è già guadagnato le prime pagine dei giornali il sostanzioso price tag del biglietto d’ingresso come “nodo-emittente” di questa rete: 10 milioni di dollari.

1. Libra: pro e contro

1.1. Approccio e chiave di lettura

Dopo aver affrontato, seppur superficialmente, le principali caratteristiche di Libra, è possibile passare agli aspetti più interessanti, innovativi e da un certo punto di vista preoccupanti che possiamo riscontrare nel progetto; ma, prima, è necessaria una premessa relativa all’approccio adottato e ai temi che verranno affrontati.

Per studiare Libra è indispensabile, a parere di chi scrive, una lettura a doppio binario, a cavallo tra nozioni politiche ed economiche, per una serie di ragioni: innanzitutto, è conoscenza diffusa che tra le principali prerogative di uno Stato rientra quella del controllo della politica monetaria che, insieme al monopolio della forza, costituisce l’affermazione più forte del suo potere; esso verrebbe chiaramente intaccato da un eventuale successo e diffusione mainstream di Libra. Per studiare ciò che coinvolge lo stato e le sue prerogative, bisogna necessariamente adoperare una chiave di lettura politica.

L’avvento della BCE ha ridotto il perimetro del potere statale riguardo alla politica monetaria? Non necessariamente.

Si potrebbe obiettare che il coinvolgimento dello stato nelle questioni di politica monetaria si è concluso, o comunque è stato nettamente ridotto, dall’avvento del modello di banca centrale indipendente da un lato, e dall’emergere di un’istituzione sovranazionale come la BCE dall’altro; ma bisogna ricordare che, in primo luogo, i banchieri centrali sono continuamente sottoposti a una forte pressione politica nell’ambito delle loro scelte (basta guardare all’attuale politica dei tassi da parte della Federal Reserve statunitense, o al Quantitative Easing di Mario Draghi); in secondo luogo, anche la sola adozione di una moneta, o il suo uso da parte di soggetti non emittenti (si pensi all’uso diffuso del dollaro americano in Africa) determina una serie di effetti politici ed economici, primo tra tutti un forte incentivo all’acquisto di titoli di stato denominati nella currency più diffusa, considerata “too big to fail”.

A ciò si affianca l’espansione della sfera d’influenza dei paesi con le valute più forti, e una netta dipendenza rispetto alle scelte di politica monetaria dei paesi che detengono il controllo della moneta adottata. Tutti questi vantaggi e prerogative si perdono se lo strumento monetario viene detenuto da un soggetto privato che, per definizione, non è mosso da interessi di sicurezza nazionale, da questioni geopolitiche o di natura sociale ma soltanto dal profit motive: dal profitto. Ciò rende l’esistenza di Libra e le sue dimensioni una minaccia per gli Stati, in quanto ne riduce il potere. Da questo ragionamento sembra dunque emergere che l’arena di scontro nella quale sta entrando Facebook vede, dall’altra parte del ring, gli stati nazionali. Conclusione corretta, ma non completa. Come vedremo esattamente tra una settimana, infatti, lo scontro potrebbe diventare parte di uno già in corso e molto più ampio; in particolare, esso rischia di sfociare nel conflitto attualmente in corso tra Cina e Stati Uniti.

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