Miniere di Montagna

Biglietti degli amici

lauratest
6 min readAug 5, 2017

Ben consigliata ho deciso di trascorrere sette giorni di vacanza a Cogne, dove non ero mai stata: obiettivo sfuggire al caldone estivo insopportabile, passeggiare nei boschi e nei prati.
Avevo con me un biglietto, scritto a mano da amici fidati frequentatori di Cogne da lunga data, con i luoghi da vedere e le passeggiate alla mia portata: i Prati di Sant’Orso, Lillaz, Valnontey, Gimillan…
E poi nei loro appunti c’era: “Museo della miniera. E’ molto interessante”.

Le Miniere di Cogne

Perchè c’è una Cogne turistica (sci, mountain bike, escursioni) ma anche un’altra Cogne, forse meno nota: sito minerario novecentesco di assoluta avanguardia e Repubblica partigiana.

Non so moltissimo di quest’altra Cogne. Provo a raccontare, in modo impreciso e lacunoso, una storia che mi ha affascinato, tracciando un filo tra Cogne e Genova che nemmeno sospettavo esistesse.

Nel racconto mi aiutano un bellissimo libro di Barbara TutinoLa Miniera” pubblicato nel 2014 e la visita al museo del Village Minier sopra Cogne, piccolo gioiello di archeologia industriale, che espone alcuni reperti di Miniera, pannelli informativi e un notevole documentario del 1938 sulla vita quotidiana in Miniera.

Fino ai primi del 900 i giacimenti ferrosi sopra Cogne erano sfruttati con metodi artigianali e inadeguati: le donne portavano a spalle dalla valle al giacimento enormi slitte vuote che poi venivano riempite di materiale grezzo e ricondotte a valle dagli uomini, che cercavano di non esserne travolti e non farle sbandare nei sentieri scoscesi. In un documentario vedo donne in enormi sottane nere che, con fatica immensa, portano sulle spalle queste enormi slitte vuote su per i pendii.

L’Ansaldo di Genova

Nel 1898 la miniera, inattiva da anni, è acquistata dal belga Alfred Theys che nel 1903 fonda a Genova una società mineraria con il conte Van der Straten Ponthoz. Nel 1907 nasce la Società Anonima Miniere di Cogne, sotto la presidenza del comm. Bombrini.
Nel 1916 la società viene incorportata nella Gio. Ansaldo & C. dei fratelli
Perrone
, che acquista la miniera e tutti gli impianti e nel 1922 realizza una strada ferrata, la ferrovia del Drinc, di più di 11.000 m di cui 8.200 in galleria che risulta all’epoca la più lunga d’Europa tra quelle a scartamento ridotto.

Le miniere di Cogne diventano un pezzo strategico dell’Ansaldo di Genova: la testa di un sistema verticale a ciclo completo. L’azienda realizza una diversificazione delle attività siderurgiche attraverso stabilimenti ad Aosta,
Sampierdarena, Cornigliano, Pegli (allora delegazioni di Genova), Torino e La Spezia.

Franz Elter

Nel 1920 viene nominato direttore della Miniere di Cogne Franz Elter. E’ proprio in questo periodo che la Miniera, impiego molto duro ma per l’epoca prestigioso e remunerativo rispetto al lavoro nei campi o al pascolo, rende ricca la cittadina di Cogne, stimolando l’immigrazione di veneti, bergamaschi, sardi.
Nel 1927 il regime fascista nazionalizza Ansaldo senza rimuovere Elter, portatore di enormi competenze tecniche, geologiche, ingegneristiche, manageriali. Negli anni 30–40 la siderurgia a Cogne conosce il periodo di di massima fortuna.

Nel Village minier è visionabile in loop un documentario del 1938, che descrive, con qualche tratto paternalistico, la vita quotidiana al villaggio minerario. Purtroppo l’unica versione online che ho trovato mostra solo i primi due minuti del documento.
Il filmato è notevole.
La voce che illustra il documentario ha il timbro “stentoreo” di moda all’epoca, ma sebbene si sia in pieno regime non c’è alcun riferimento al fascismo, nessuna retorica fascista.
Perchè Franz Elter, direttore della Miniera, e suo fratello Marco, regista del documentario, erano antifascisti, e vicini alla cerchia della resistenza valdaostana e piemontese (intravediamo il profilo di Adriano Olivetti).

Quello che viene mostrato nel documentario è la vita quotidiana a Colonna, cuore e parte alta della miniera (2500 metri!) dove 300 minatori lavoravano, dormivano, mangiavano, vivevano. Il video mostra la mensa, le danze della festa (si balla tra uomini, le donne non arrivano fino a Colonna: gli sposati possono scendere in paese una volta a settimana, i celibi una volta a mese), il barbiere, il dormitorio, le docce, il calzolaio, l’infermeria, la cappella, il cinema interno. La Miniera appare nel video come un grande falansterio, modernissimo per l’epoca. Un modello di efficienza industriale che per certi aspetti (solo per alcuni: la miniera è molto più dura della fabbrica) mi rammenta l’utopia umanistica olivettiana.
C’è nel documentario la retorica del lavoro duro, del progresso, dell’industrialismo, dello sviluppo illimitato, ma non la retorica del fascismo.

La Repubblica partigiana

Durante la guerra la Miniera continua le sue attività, e il paese non si spopola: a tutti i minatori viene infatti riconosciuto il congedo illimitato dal servizio militare.
Nel 1944, durante l’occupazione nazista, il paese diventa Repubblica partigiana (un fratello di Franz Elter, Giorgio, verrà ucciso durante un’azione e sarà medaglia d’argento alla Resistenza). Anche Sandro Pertini, transfugo dalla Francia, è esule nella Repubblica partigiana di Cogne per breve tempo.
Cogne diventa così una zona franca, un’isola sicura nella Val d’Aosta fascista. Questa condizione speciale è dovuta a una trattativa con i tedeschi che impegnava Franz Elter, direttore della Miniera, a consegnare alla Germania il ferro estratto, in cambio dell’incolumità di tutto il paese di Cogne.

Franz Elter / introduzione di Stuart Woolf; profilo biografico di Paolo Momigliano Levi;
a cura di Associazione dei musei di Cogne, [Biblioteca comunale di Cogne, Barbara Tutino, Daniela Bernini]. Siena : Cantagalli, 2009

La verità è che Elter consegnava ai tedeschi solo una minima parte del ferro estratto, occultando il resto in attesa della caduta del nazismo, in cui credeva fermamente. E il trasporto del poco ferro consegnato ai tedeschi veniva spesso sabotato dai partigiani… Quando il gioco diventa evidente Elter viene licenziato, va esule in Svizzera e una taglia viene messa sulla sua testa.

La fine della Miniera

Dopo la Liberazione Franz Elter, commissario straordinario, rimane nel consiglio di amministrazione delle Miniere di Cogne fino al 1953.
I fenomeni di de-industrializzazione e globalizzazione che tutti conosciamo portano nel 1979 alla chiusura definitiva delle miniere la cui mera manutenzione e messa in sicurezza viene appaltata esternamente. Mentre a valle viene creato lo spazio espositivo “Village minier” che ho visitato e dove sono esposti macchinari e strumenti con grazia museale, la struttura mineraria vera, quella in località Colonna, viene completamente abbandonata, e nel 2014 Fintecna (erede indistriale di Ansaldo) cede al comune di Cogne tutti gli spazi minerari, per un uso indefinito e evidentemente “turistico”.
Questa vicenda è raccontata, in modo struggente e “resistente” dalla regista Valeria Allevi nel film del 2013 “Questa miniera”

Film a mio parere eccezionale e commovente, che oltrepassa la pur meritoria rigidità museale del Village Minier e dà la parola ai protagonisti, agli ex minatori; tenta di promuovere, senza esito, una operazione integrale e filologica di recupero totale del sito minerario; dice in sintesi che è l’identità montanara e operaia, non quella turistica, che rende credibile e autentico un posto come Cogne.

Ragionamenti spesso sentiti anche nella mia Genova, dove un nobile passato industriale non può essere rimosso, e non tutti si riconoscono in una identità “a misura di crocierista” a cui va srotolato il tappeto rosso.

Mia foto dell’edificio che ospitava gli uffici del complesso minerario. Adifferenza della struttura museale vicina, questa parte risulta completamente abbandonata e lasciata a sé stessa.

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