Il romanticismo binario dello swipe su Tinder

Dietro l’intimità schermata e la logica dello scorrimento veloce: “un’onda persa in una moltitudine di onde”

Linda Salvetti
5 min readJan 21, 2023
Photo by Mohamed Hassan on Pixabay

“Any swipe can change your life” è scritto nell’homepage di Tinder sopra l’immagine che ritrae un uomo offrire fiori ad una donna, con la Tour Eiffel sullo sfondo, stereotipo dell’amore romantico, dopo, si presume, il loro incontro nella dating app. Insomma, un altro cliché narrativo del romanticismo nell’era degli swipe, o come hanno scritto Gaby David e Carolina Cambre nel loro articolo “Screened Intimacies: Tinder and the Swipe Logic” (Intimità schermate: Tinder e la logica dello scorrimento), nell’epoca delle “connessioni sociali attraverso la tecnologia”.

Nel 2016, i due ricercatori, hanno condotto un’approfondita indagine etnografica, durata sei mesi, intorno la logica dello scorrimento su Tinder. Le dinamiche sociotecniche di navigazione degli utenti sono state osservate attraverso: l’analisi delle chat degli utenti iscritti all’app, l’osservazione del loro comportamento, seguita poi da interviste sul campo. I risultati hanno portato David e Cambre a ridefinire l’utopica intimità online su Tinder come“screened intimacy”, cioè un’intimità schermata, mediata e depersonalizzata dalla velocità e dalla volatilità della logica dello scorrimento, che consente agli utenti di entrare in contatto, con un rapido movimento del pollice sullo schermo del telefono.

Tinder, nato nel 2012, è una delle prime app di incontri, o dating app, per dispositivi mobili con swipe, ovvero scorrimento. Descritta dal Ceo e co-fondatore Sean Rad come “un’app di incontri semplificata con un focus sulle immagini”, in cui l’utente con un “movimento di strisciata” scorre tra le foto degli altri utenti che appaiono nella home. Facendo swipe verso destra, l’utente mostra il suo interesse, e nel caso di un “match di attrazione” da parte di entrambi gli utenti, appare un’animazione pop-up che consentirà loro di messaggiare privatamente in chat; mentre, se l’utente scorre verso sinistra passa al profilo successivo, “come in un gioco di carte”, finché non riappare il magico pop-up.

Alcuni studiosi, per la velocità e la facilità di relazionarsi sull’app contemporaneamente con persone differenti, hanno descritto Tinder come uno “shopping di partner”; mentre l’Online Urban Dictionary lo ha definito come “il McDonalds del sesso”. Se da un lato, Tinder “ha capovolto il modo in cui le persone single si connettono” (Grigoriadis, 2014), dall’altro ha ironicamente ampliato la nozione classica di “intimità”.
Il lessema “intimità” deriva dal latino intimus, letteralmente “in-dentro”; dal latino tardo intimare, cioè “far conoscere, rendere intimo, far penetrare anche nella mente”. Con lo scorrimento veloce, a destra o a sinistra, Tinder ha reso strumentale lo spazio intimo e privato dell’incontro.

I precursori dello swiping risalgono al 2003, con Facemash, antesignano di Facebook, che offriva il gioco binario “Am I hot or not?” per gli studenti di Harvard. Tra i siti di incontri, oggi più in voga, ci sono Match.com (1995), Meetic.com (2001), Grindr (2009) — una dating app per uomini in cerca di altri uomini — e infine Tinder (2012). Sebbene presentati sul mercato come siti di incontri “per conoscere persone”, dalle interviste raccolte dai due ricercatori David e Cambr sono percepiti come luoghi digitali di incontri sessuali occasionali.

Comune denominatore delle dating app di ultima generazione è la funzione cruciale delle immagini nel ruolo di “esca”, per invitare gli utenti a connettersi, una sorta di “biglietto da visita” dell’utente, che sia ritratto in formato foto-selfie oppure avatar. Secondo il sociologo Erving Goffman (1959), queste fotografie della vita quotidiana che popolano gli enormi database delle app di incontri, sono parte di un processo di apprendimento “auto-mediato”, in cui gli utenti si dedicano al montaggio, curatela e costruzione di una pseudo auto-autenticità. Tra volti stereotipati sorridenti, l’interconnessione tra le piattaforme, come Instagram e Facebook, garantisce agli utenti una certa misura di sicurezza. Certo, le opinioni sugli usi e gli abusi dell’app variano.

Con la diffusione dei dispositivi mobile, tutti i fruitori sono esposti ad uno sfaccettato ed irregolare processo che incorpora gli aspetti tattili dello scorrimento sul piccolo schermo. Azioni abitudinali come “scrolling”, “zapping”, “clicking” e “swiping”, favoriscono l’immersione degli utenti nell’interfaccia e connessioni di superficie, al primo frettoloso sguardo di un’immagine, “senza soluzione di continuità in un’intimità mediata o presunta” (Rojek, 2015). A differenza di altri siti di incontri, in cui è possibile tracciare le visualizzazioni del profilo, su Tinder la prima interazione avviene solo tramite “like” o “swipe” dei ritratti fotografici.

Il protocollo di iscrizione all’app richiede: la fascia di età e la geolocalizzazione del dispositivo affinché appaiano possibili corrispondenze. Oltre la scelta delle immagini — un massimo di sei foto — gli utenti possono aggiungere un testo con una breve biografia, che tuttavia rimane trascurato tra gli strumenti di presentazione, incentrati per lo più sull’impatto visivo. Con l’upgrade a Tinder Plus, a pagamento, gli algoritmi che governano l’app offrono agli abbonati avanzati strumenti di interazione come la funzione di riavvolgimento, che consente l’inversione dello scorrimento indesiderato, una sorta di flash-back, e la capacità illimitata di “mi piace”; in confronto ai soli 20 “swipe” consecutivi a destra (like) ogni 12 ore della versione standard (gratuita). Man mano che si scorre, gli algoritmi di Tinder limitano le corrispondenze con i potenziali candidati, finché il metaforico “serbatoio” dell’utente non viene riempito di nuovo, e può ricominciare a scorrere.

Nel 2014, durante un’intervista, il Ceo di Tinder, Sean Rad ha definito la logica dello scorrimento dell’app: “(come) una sessione di casting dove tu sei sulla sedia del regista. […] Alla fine della giornata, è solo una grande festa. Te ne stai lì seduto dicendo sì o no. L’ironia di Tinder è che in qualche modo la mancanza di informazioni, o di testo scritto, è in realtà meno superficiale dell’avere le informazioni”. Secondo David e Cambre, questo paradosso ci mette in guardia da quello che il filosofo Brian Massumi (1992) ha definito come processo di moralizzazione, per cui la complessità delle cose viene ridotta ad un semplice “sì” o “no”, “bene” o “male”, “A” o “B”, secondo un criterio di scelta binaria condiviso e accettato dagli utenti. Forse che sia proprio la scarsità di informazioni a venir percepita come un modo per accedere più velocemente alla propria bussola interiore?

Il sociologo David Bartram sostiene che la ripetizione dell’istante di scorrimento continuo dei profili, porta all’astrazione del corpo, fino alla “disgregazione delle soggettività”. Così, in entrambe le estremità dell’interfaccia utente, le soggettività sono interrotte da “un’economia spettrale” che zombifica gli individui in movimenti seriali, mentre i loro corpi sono persuasi a rimanere statici. Poi, c’è chi, invece, esalta l’abitudine dello spiwe come “qualcosa che fa sentire tutti a proprio agio nel fare amicizia con estranei” oppure, c’è chi lo definisce “un artefatto della cultura pop”.

L’accelerazione della logica dello scorrimento di Tinder, secondo Bartram, conduce ad una scissione del tempo, tra il “tempo reale” delle attività e il “tempo reale dell’interattività dei media che privilegia l’adesso”.
Questa compresenza temporale, incoraggiata anche dal design dell’interfaccia utente, è l’elemento chiave della “dromologia” del filosofo Virilio (1986), intesa come “scienza (o logica) della velocità”, che favorisce l’interazione dei due utenti, da una parte all’altra dello schermo.

In conclusione, dalla ricerca di Gaby David e Carolina Cambre, emerge che l’intimità “schermata” caratterizzata dalla logica dello “swipe”, propria di Tinder, sia il risultato del processo di interazione scelto dagli utenti per promuovere la propria immagine attraverso un’intimità levitas, volatile ed eterea. Tuttavia, il potere decisionale degli utenti è legato ad un sistema binario che rimodella attivamente le relazioni di comunicazione e lo spazio in cui avviene l’interazione sociale, fino all’omologazione di una mimica veloce e ripetitiva.

--

--

Linda Salvetti
0 Followers

Graduated in Tourism Science in Lucca. Currently studying Strategic and Technical Communication in Siena. Writer for Culture Globalist