Cose capite sui libri | 2021

Luca Melchionna
3 min readJan 9, 2022

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Che noia le liste di libri letti. Ecco invece una lista di cose che ho capito leggendo libri, nel 2021.

Uno dei motivi per cui le critiche al “consumismo” lasciano spesso il tempo che trovano è perché non colgono che l’attaccamento agli oggetti riguarda anche il desiderio, l’erotismo, lo slancio vitale: pulsioni di vita, insomma, che sfuggono alla retorica pauperista
(“Les Choses”, Georges Perec)

Porre a se stesso e pretendere dagli altri obiettivi chiaramente irrealistici è in genere sbagliato; ma nelle situazioni apparentemente senza speranza, può essere una strategia razionale.
(“Sergio Marchionne” di Tommaso Ebhardt)

La possibilità di decodificare i messaggi dipende non solo dalle capacità dei crittografi, ma anche e forse più dalla libera circolazione delle fonti.
(“Linguaggi perduti”, P. E. Cleator)

Un’idea apparentemente utile per ottenere un piccolo risparmio sui costi in una situazione locale, può avere conseguenze disastrose se chi si occupa di problematiche generali non ne viene a conoscenza.
(“Midnight in Chernobyl: The Untold Story of the World’s Greatest Nuclear Disaster”, Adam Higginbotham)

I reazionari che cercano di far rivivere una Tradizione possono farlo solo in quanto hanno accettato l’idea che la Tradizione sia morta; quindi non ne sono interpreti credibili, proprio perché l’ansia e il fervore impediscono loro di cogliere e distinguere gli elementi vitali del passato, agognato in quanto passato. È su questo punto che un progressista razionale deve attaccarli.
(“Considerations Sur L’etat Des Beaux Arts: Critique De La Modernite”, Jean Clair”)

Il lasciapassare sanitario c’era non solo nelle pandemie del ‘500, ma anche dopo la Peste Nera del ‘300.
(“Dalla Peste Nera alla Guerra dei Trent’anni”, Adriano Prosperi)

La parte più antica di Pompei è quella specie di collinetta vicino al Teatro Grande, che tutti saltano.
(“Pompei. Il tempo ritrovato”, Massimo Osanna)

I Gonzaga hanno mantenuto il potere a Mantova per secoli grazie a un realismo cinico e spregiudicato, al limite del voltagabbanismo. Ma i debiti si pagano: attorno al 1922 la città, tutta comunista, nel giro di un anno è diventata tutta nera, più fascista di Cremona.
(“Storia di Mantova: Da Manto a capitale della cultura”, Guido Vigna)

Dal punto di vista dei neri americani, gli immigrati italiani e irlandesi sono arrivati in America l’altro ieri.
(“The Fire Next Time”, James Bladwin)

È facile ridicolizzare la fissazione sovietica con l’industria pesante, ma senza un certo gigantismo industriale degli anni ’30 forse a Stalingrado avrebbero vinto i tedeschi.
(“A History of the Soviet Union from the Beginning to the End”, Peter Kenez)

L’ambiguità del linguaggio può essere un valore in sé
(“Sei passeggiate nei boschi narrativi”, Umberto Eco)

Non è possibile annotare tutto
(“Tentative d’épuisement d’un lieu parisien”, Georges Perec)

I geopolitici come Friedman sopravvalutano costantemente lo Stato come forma ideale dei raggruppamenti umani, e danno per scontato — contro ogni evidenza del contrario — che gli Stati si muovano sempre in modo razionale per cercare di massimizzare i propri interessi.
(“The Next 100 Years: A Forecast for the 21st Century”, George Friedman)

Anche Cagliostro aveva una mamma terrona apprensiva.
(“Viaggio in Italia”, Johann Wolfgang von Goethe)

(E, detto per inciso, “La mamma di Cagliostro” come titolo direi che se la gioca con “La mamma di Freud” di Nanni Moretti)

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Luca Melchionna

Founder @ machineria.it. Giornalista. Comunicazione e innovazione nei musei | Le opinioni sono di tutti, basta prendersele.