Benessere o non benessere? Non è questo il problema.

Lombardini22
3 min readOct 10, 2018

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Ogni giorno le persone vivono esperienze complesse. Immediatamente dopo il nostro risveglio iniziamo ad affrontare diversi compiti o task, dentro e fuori casa. La città è il luogo dove -in quanto comunità - creiamo luoghi ed edifici per facilitare i nostri compiti e le nostre esperienze. Per ognuno di questi task attiviamo continuamente un ricerca a più livelli, anche di tipo pre-riflessivo, dalla quale scaturiscono sentimenti “attesi” o di anticipazione coerenti con gli obiettivi specifici della nostra ricerca.
“Il sistema della ricerca”, così come è definito da Jak Panksepp, è diviso e declinato in un gruppo di sentimenti di fondo più raffinati e sottili, sempre collegati ad altre emozioni primarie come premura, gioco ed eccitazione. Quando apriamo la porta per uscire in strada modifichiamo fisiologicamente il nostro equilibrio omeostatico: queste modifiche non sono altro che sentimenti, per l’esattezza —come sostenuto da Antonio Damasio - sentimenti di anticipazione che vengono generati dentro di noi.

Attività come lavorare, rimuginare, partire, accudire, imparare, studiare o partecipare a qualcosa, innescano numerosi e differenti sentimenti di attesa, dal momento che il principale obiettivo del nostro cervello è quello di anticipare e prevedere. Questi sentimenti sono diversi tra loro, fortemente diversi. Lo squilibrio prodotto dall’attivazione di questi task - come quando iniziamo a lavorare - alimenta una ricerca specifica, non una generale ricerca di benessere ma con una determinata aspettativa. L’architettura può creare attorno a noi l’ambiente adatto per sostenere o meno questa ricerca. Il nostro cervello cerca in continuazione di relazionarsi con lo spazio circostante: in realtà la nostra percezione non è una semplice raccolta di segnali che vengono dall’esterno, ma uno scambio complesso dall’interno verso l’esterno. In questo contesto è abbastanza facile comprendere come le atmosfere prodotte dagli ambienti architettonici rendano l’architettura una “seconda coscienza”, come sostenuto da Alva Noe. Se sintonizzata con i sentimenti attesi, l’architettura può supportare la nostra ricerca e rafforzarla, producendo un risultato straordinario a livello emozionale e cognitivo in coloro che abitano gli spazi.

I nostri sentimenti di fondo sono omeostatici e cinestetici, e sono il prodotto di diverse varianti che si verificano attraverso i movimenti corporei: le differenti regolazioni del milieu chimico interno e delle fibre muscolari lisce, le modifiche cinestetiche del sistema muscolo-scheletrico e della pelle nel tempo e nello spazio. I sentimenti sono energia, armonia, benessere, attivazione, relax, luminosità, calore, stupore e freschezza. Questo gruppo di emozioni - dal momento in cui affiorano nella coscienza diventando sentimenti - sono più sofisticati e realistici del semplice benessere, troppo spesso usato come passe-par tout o come il prezzemolo in cucina per giustificare ogni tentativo di fare buona architettura.

Intuitivamente, non è così difficile comprendere che progettare uno spazio per produrre ovunque semplice “benessere” significa non essere sintonizzati con le esigenze più profonde delle persone. In un luogo che nasce per suscitare stupore e soggezione, come in un locus per la spiritualità privata e collettiva, progettare meramente un’atmosfera di benessere vuol dire raggiungere l’obiettivo solo parzialmente. Un altro punto cruciale da tenere a mente: dentro lo stesso edificio o luogo le esperienze delle persone non si focalizzano soltanto su un unico sentimento di anticipazione. Un ospedale, per esempio, ha diverse aree dedicate ad esperienze molto diverse: l’area chirurgica, l’ingresso principale, le aree verdi e le stanze per la convalescenza, per menzionarne solo alcune. Un buon progetto deve quindi offrire atmosfere diverse per esigenze diverse.

Abbiamo gli strumenti per suscitare in modo appropriato diverse tipologie di sentimenti di fondo? Si, li abbiamo. Le persone proiettano verso il mondo esterno diversi programmi motori in base al differente squilibrio omeostatico prodotto dall’attività innescata. Possiamo comporre lo spazio introducendo regole architettoniche in grado di stabilire una configurazione spaziale coerente.

Possiamo promuovere rilassamento, benessere e senso di meraviglia così come è sempre stato fatto in passato, selezionando i giusti elementi in grado di attivare negli utenti il processo di simulazione incarnata a livello pre-riflessivo. Il risultato di questa sintonizzazione emozionale è il recupero dell’equilibrio omeostatico, dal quale otteniamo risultati ottimali e promettenti a livello cognitivo e relazionale.

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