Cara editoria, alcune cose che vorrei dirti

Dieci anni fa ilmiolibro.it portava la provocazione del self-publishing nel cuore dell’editoria italiana. Da allora molto è cambiato ma, come direbbe qualcuno, è solo l’inizio.

Lorenzo Fabbri
9 min readMay 1, 2018

Per fortuna c’è Cambridge Analytica. Sono episodi come questo che aiutano l’opinione pubblica a capire che i veri padroni dell’informazione e della cultura non sono più gli editori, ma i giganti di Internet. Sono bastati pochi decenni perché la cultura di internet soppiantasse quella basata sul libro e sui giornali, punto di riferimento di tutta l’epoca moderna. Oggi viviamo in un mondo tutto nuovo, molto caotico e (credo) anche molto divertente.
In questi anni ho avuto la fortuna di partecipare a questa straordinaria trasformazione dei linguaggi e della cultura occupandomi di volta in volta di news e di libri, di audio e di video fino all’avventura più pazza, quella attuale: cambiare il linguaggio della Pubblica Amministrazione grazie al digitale. Il mio percorso ha avuto inizio grazie al self-publishing.

Il self-publishing la possibilità di pubblicare libri senza coinvolgere un editore — è stato uno dei primi attacchi frontali alla cultura classica fondata sul libro. Non ha avuto l’efficacia di Google Maps, che in pochi anni ha cancellato atlanti e cartine, o di Wikipedia, che ci fa fatto dimenticare le enciclopedie di carta. Ma è stato per un po’ di anni un avamposto, un po’ estremo e molto caotico, di alcune tendenze che sono nate su internet e hanno cambiato l’industria culturale. Quasi come un’avanguardia, il suo messaggio più forte è stata la provocazione e la sua cifra stilistica la sfrontatezza. Nel 2008 ho avuto la fortuna di fondare quella che sarebbe diventata la più importante iniziativa di self-publishing in Italia, e una delle più importanti d’Europa (insieme alla tedesca BOD): paradosso nel paradosso, mi sono trovato a farlo all’interno di un’azienda editoriale classica, Gruppo Editoriale l’Espresso (ora GEDI).

Come interpretare il concetto di self-publishing dentro un’azienda che, pur con un DNA di innovazione, rappresentava a tutti gli effetti un pezzo importante di ciò che il self-publishing voleva — se non demolire — almeno smitizzare?

ilmiolibro al Salone del libro di Torino nel 2016

2008 — NASCE ILMIOLIBRO.IT
Negli anni in cui mi trovai a creare ilmiolibro.it — la seconda metà degli anni Duemila — Internet aveva ripreso a crescere dopo lo scoppio della bolla della new economy. L’azienda in cui lavoravo — Gruppo Editoriale l’Espresso — era ancora scottata dal fallimento (più finanziario che editoriale a dire il vero) di Kataweb e cercava di capire cosa fare su internet. Non esisteva una divisione dedicata allo sviluppo digitale (che sarebbe stata creata nel 2009, con l’arrivo di Pier Paolo Cervi) e così quasi per caso, senza grandi strategie, l’allora amministratore delegato Marco Benedetto e i direttori generali di Repubblica Corrado Corradi e Carlo Ottino diedero l’ok alla creazione del sito ilmiolibro. Non possedendo case editrici tradizionali, la mia azienda era considerata un outsider nel mondo del libro, ma proprio con i libri aveva fatto un sacco di soldi, inventandosi le collane distribuire in edicola in abbinamento ai giornali.

ilmiolibro vide la luce nel 2008, grazie a una fortunata partnership di Gruppo l’Espresso con un’agenzia editoriale, la Cromografica di Marco Giovanelli Oggi sembra banale, ma ricordo lo stupore di tutti di fronte all’idea che per pubblicare un libro non serviva una casa editrice, potevi andare on line e farlo da solo, spendere pochi euro, imparare sul sito e ricevere supporto on line da una comunità di appassionati. Dieci anni fa, sembra un milione di anni fa, pubblicare un libro era considerato un privilegio riservato a pochi. Insieme a me lavorava al progetto un team che comprendeva Camilla Recchiuti, Andrea Mastromattei e Raffaele Pironti. Lo sviluppo software era affidato a Stefano Prandini, che con la sua azienda aveva progettato il motore di pubblicazione e insieme a cui avevamo organizzato un flusso di miglioramento continuo del servizio (oggi si direbbe MVP). Dentro l’area digital di Gruppo Editoriale l’Espresso avevo il supporto e l’incoraggiamento di Claudio Giua, Massimo Russo e Paolo Giovine, poi con l’arrivo di Pier Paolo Cervi ilmiolibro fu finalmente inserito all’interno di divisione digitale.

Lea Iandiorio che dirigeva la Scuola Holden aveva capito il potenziale del progetto e da subito iniziò a supportarci, poi insieme a lei Alessandra Minervini che iniziò a seguire lo spin off ilmioesordio. Gli aspetti legati del business model furono affidati a Luca Ferrari. La comunicazione era seguita da Lowe-Pirella e poi da Young & Rubicam grazie alla bravura di Pierluigi Scozzi.

L’azienda che aveva inventato il self-publishing nel mondo, Lulu.com, era appena arrivata anche in Italia, ma non era molto conosciuta. ilmiolibro.it ebbe subito un grande successo di pubblico ed economico, almeno secondo i parametri del mercato italiano di internet di dieci anni fa. Come internet ci insegna, se vuoi davvero fare soldi, devi essere globale. E una strategia globale non era mai stata nelle corde dell’azienda in cui ilmiolibro era nato.

Un passo importante e intelligente fu quello di Fernando Mantovani, allora direttore delle attività digitali di laFeltrinelli, che avviò la distribuzione dei libri prodotti in self-publishing nel circuito laFeltrinelli, tra i primi a riconoscere che il mondo stava cambiando e che c’era molto da fare e da imparare. Poco dopo, credo fosse il 2010, fu la volta di convincere l’AIE (Associazione Italiana Editori) a rilasciare codici ISBN ai libri prodotti in self-publishing. Lavorai al progetto insieme al direttore dell’Associazione Alfieri Lorenzon con cui avevo collaborato ai tempi in cui era CEO di Touring Editore e io lavoravo a Repubblica.

ilmiolibro nel 2018
Due versioni precedenti del sito, rispettivamente 2008 e 2011

IL SELF-PUBLISHING DA LULU AD AMAZON
Il self-publishing è una invenzione di Bob Young, ex amministratore delegato di Red Hat e paladino dell’open source che nel 2002 aveva creato appunto Lulu.com. E nella figura di Bob Young sta tutto il significato del self-publishing che, per farla breve è la lezione dell’open source applicata al mondo del libro. Libertà, democrazia, partecipazione tradotti in modelli produttivi destinati a rivoluzionare, attraverso il software, ogni settore dell’economia
Fu Bob Young, quindi, ad accendere i riflettori su ciò che non andava nell’editoria tradizionale, e a proporre un’alternativa pratica: il self-publishing. Non erano anni facili, per chi faceva l’alfiere di internet. La crisi della new economy di pochi anni prima era l’alleato principale di chi voleva sminuire l’impatto di internet. In quegli anni l’industria editoriale si sentiva troppo forte e abbastanza impermeabile alla sfida digitale. Amazon era ancora piccola, e Kindle non era ancora nato. Non c’erano i tablet, non c’erano gli smartphone. Nonostante alcuni segnali molto chiari, basti pensare alla musica con Napster (2000) e all’ipod (2001) pochi eran disposti a scommettere sulla rivoluzione digitale.

Con il passare gli anni lo scettro di leader mondiale del self-publishing passò dalle mani della Lulu di Bob Young a quelle di Amazon, che dal 2011 iniziò ad usarlo come leva per l’evoluzione dell’ecosistema basato su Kindle. Il self-publishing di Amazon era inizialmente basato sull’ebook e solo più tardi si aggiunse l’edizione in formato cartaceo, con l’acquisizione di Create Space. Amazon, destinata a diventare il punto di riferimento mondiale per il mondo del libro, non poteva che trovare nel self-publishing un valido alleato alla disruption che stava conducendo a tutti i livelli.

ILMIOLIBRO OGGI
E ilmiolibro.it? ilmiolibro.it conta oggi oltre centomila titoli pubblicati, 600.000 utenti registrati e centinaia di migliaia di visitatori mensili. E’ di gran lunga il primo sito italiano di self-publishing e consente di pubblicare in edizione cartacea e in ebook, offre una guida alla scrittura, organizza un contest letterario nazionale con molti partner (anche editori! grazie al bel lavoro di Alessandra Penna e Clelia Frasca nella Newton Compton di Raffaello Avanzini) e propone anche un servizio sperimentale di pubblicazione di short stories (la sfortunata scommessa di Storiebrevi, ma questa è un’altra storia).

Oggi ilmiolibro consente a un autore una distribuzione capillare che porta il libro negli store di e-commerce (anche su Amazon), nelle librerie e ovviamente anche in tutti gli ebookstore grazie alla fortunata collaborazione con la startup Bookrepublic di Marco Ferrario insieme a Marco Ghezzi e a Letizia Sechi. A dieci anni dalla nascita, la sua carica di innovazione si è inevitabilmente attenuata. La buona notizia è che questo è accaduto perché il self-publishing ha vinto, nel senso che le idee di cui si faceva portatore, e che erano fortemente osteggiate dal mondo editoriale, sono ora assai diffuse (potremmo dire mainstream).

STORIE DAL SELF-PUBLISHING
Mi è già capitato di scrivere dei motivi per cui, nonostante una ostilità diffusa in ambito editoriale, le idee del self-publishing avrebbero alla fine vinto. Per farlo avevo fatto ricorso a un paio di aneddoti: il primo chiamava in causa Gianni Morandi e la sua ammirevole capacità di comunicare attraverso i social (ma non solo lui, anche i Radiohead, e a ciascuno il proprio stile). Gli scrittori, dicevo, avrebbero dovuto darsi da fare per individuare nuove strade per connettersi con il pubblico.

Il secondo esempio era una piccola esperienza personale, la passione dei miei figli per la storia del Pinguino IUIU’, pubblicata in self-publishing. L’autrice, Angela Freno, era riuscita a ritagliarsi uno spazio nel cuore e nella mente dei miei figli, da qualche parte tra Maurice Sendak e Julia Donaldson: il potere delle nicchie.

Ora, mentre scrivo, mi viene in mente la storia di Amleto De Silva, scrittore che conobbi diversi anni fa proprio perché aveva pubblicato un libro in self-publishing con ilmiolibro. Ecco, Amleto è la dimostrazione che si può fare l’intellettuale usando il self-publishing, un blog, Facebook e Amazon in modo intelligente (straordinariamente intelligente, direi).

LA LEZIONE DEL SELF-PUBLISHING
Internet non è il caos, non è la barbarie. E’ solo un modo nuovo, e in molti casi più efficace, per rispondere ai bisogni di sempre. Anche l’editoria alla fine lo ha capito, seppur con troppa lentezza e tra mille contraddizioni. In ogni caso, oggi sembra a tutti normale (e non lo era affatto otto o dieci anni fa):

  • che un autore possa “nascere on line” o “essere scoperto online” al di fuori dei processi di selezione canonici delle case editrici;
  • che chiunque possa pubblicare un libro senza passare da un editore, esattamente come si può scrivere un articolo su un blog senza passare dal sito di un giornale;
  • che i tempi per produrre e pubblicare un libro possano essere “giorni o settimane” e non “mesi o anni” (e che un libro possa evolvere nel tempo!);
  • che si possano produrre libri in tirature limitate, magari per nicchie di pubblico, e poi produrre altre copie in base alle necessità (per non parlare del fatto che questi libri possano essere in realtà degli ebook);
  • che gli scrittori debbano cercare un rapporto diretto con il pubblico (tra l’altro una delle poche armi a disposizione per sperare di spuntarla nella competizione con i mostri sacri della letteratura);
  • che gli autori siano più importanti degli editori;
  • che si possa collaborare on line per ideare e poi produrre un libro, e coinvolgere i futuri lettori in questo processo;
  • che le classifiche di vendita e i commenti on line dei lettori siano davvero importanti per decretare il successo di un libro.

Molti degli autori del self-publishing (oltre trentamila per quanto riguarda ilmiolibro.it) hanno sperimentato e capito queste cose prima degli altri, spesso prima dei professionisti dell’editoria. E’ quanto accade ai pionieri, ed è quanto continuerà ad accadere nei prossimi anni a tutti coloro che avranno voglia di sperimentare e innovare. Perché la trasformazione dei linguaggi è solo all’inizio*. Come direbbe Jeff Bezos, uno che di editoria ne sa qualcosa, “It’s day one”.

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Lorenzo Fabbri

Le parole sono importanti. Digital startups — Digital transformation. Executive MBA at Luiss Business School