La fattoria degli animali, la lezione sul potere che arriva dai maiali

Lorenzo Fabbri
4 min readOct 20, 2016

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La favola sul potere di George Orwell, cinque grandi momenti e una considerazione sul ruolo dei maiali

La fattoria degli animali di George Orwell fu pubblicato nel 1945. Orwell affermò di aver spedito il manoscritto a vari editori e di aver ricevuto risposte negative perché l’opera «avrebbe offeso molta gente, soprattutto per il fatto di aver scelto come classe dominante i maiali». È forse questo aneddoto che rende così simpatico ai miei occhi il libro, e me lo fa preferire rispetto al più celebrato — e visionario — 1984. Il libro, di per sé, è una favola semplice semplice sul potere e, come nella migliore tradizione delle favole, va dritta al punto ed è ben farcita di violenza. Ecco cinque grandi momenti che, tutti insieme, compongono una straordinaria lezione sul potere (tenuta dai maiali, naturalmente).

1. Utopia
L’incipit del libro: “Il signor Jones, della Fattoria Padronale, serrò a chiave il pollaio per la notte, ma, ubriaco com’era, scordò di chiudere le finestrelle. Nel cerchio di luce della sua lanterna che danzava da una parte all’altra attraversò barcollando il cortile, diede un calcio alla porta retrostante la casa, da un bariletto nel retrocucina spillò un ultimo bicchiere di birra, poi si avviò su, verso il letto, dove la signora Jones già stava russando.
Non appena la luce nella stanza da letto si spense, tutta la fattoria fu un brusio, un’agitazione, uno sbatter d’ali. Durante il giorno era corsa voce che il Vecchio Maggiore, il verro Biancocostato premiato a tutte le esposizioni, aveva fatto la notte precedente un sogno strano che desiderava riferire a tutti gli animali”.
Nel suo discorso il Vecchio Maggiore annuncia la rivoluzione e la liberazione: “L’uomo è il solo, vero nemico che abbiamo. Si tolga l’uomo dalla scena e sarà tolta per sempre la causa della fame e della fatica”. E poi conclude: «Poco mi rimane ancora da dire. Solo ripeto di ricordar sempre il vostro dovere di inimicizia verso l’uomo e tutte le sue arti. Tutto ciò che cammina su due gambe è nemico. Tutto ciò che cammina su quattro gambe o ha ali è amico. E ricordate pure che nel combattere l’uomo non dobbiamo venirgli ad assomigliare. Anche quando l’avrete distrutto, non adottate i suoi vizi. Nessun animale vada mai a vivere in una casa, o dorma in un letto, o vesta panni, o beva alcolici, o fumi tabacco, o maneggi danaro, o faccia commercio. Tutte le abitudini dell’uomo sono malvagie. E, soprattutto, nessun animale divenga tiranno ai suoi simili. Deboli o forti, intelligenti o sciocchi, siamo tutti fratelli. Mai un animale uccida un altro animale. Tutti gli animali sono uguali”

2. Relativismo
Ma i buoni principi restano sulla carta, e presto si capisce quale direzione prenderanno in realtà gli eventi: “Il mistero di dove andava a finire il latte fu presto svelato. Esso veniva ogni giorno mescolato nel mangime dei porci. Le prime mele stavano maturando e l’erba del frutteto era coperta di frutti caduti. Gli animali ritenevano cosa naturale che questi frutti venissero equamente divisi; un giorno però venne l’ordine che tutti quei frutti dovevano essere raccolti e portati nella selleria per uso dei porci”.
E’ l’inizio della conquista del potere e di sempre nuovi privilegi da parte dei maiali che alla fine porterà a trasformare il precetto dell’uguaglianza nel celebre: “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”.

3. Il tradimento
La fattoria degli animali, come ogni favola che si rispetti, non ci risparmia la crudeltà, a partire dalla vicenda del cavallo Gondrano. Gondrano rappresenta il lavoratore ordinario: umile, onesto ed essenziale in qualsiasi sistema sociale. Il suo lavoro è portato come esempio agli altri animali, fino a quando delle pietre per la costruzione del mulino non gli cadono addosso, debilitandolo fisicamente. Il maiale Napoleon allora non ci pensa due volte e, con la scusa di farlo curare da un veterinario, lo conduce al macello.

4. L’opportunismo
Il furbo Napoleon ha tradito Gondrano, ma fa in modo che nessuno lo sappia perché ritiene — giustamente — che il suo gesto non sarebbe gradito ai più. E’ in cerca di consenso.
“Napoleon stesso partecipò allora alla riunione della domenica seguente e pronunciò una breve orazione in onore di Gondrano. Non era stato possibile, disse, riportare i resti del loro compianto compagno perché trovassero sepoltura nella fattoria, ma egli aveva ordinato una grande corona composta con foglie della pianta di alloro del suo giardino, da deporre sulla tomba dello scomparso. Pochi giorni dopo era intenzione dei maiali tenere un grande banchetto funebre in onore del defunto. Napoleon terminò il suo discorso ricordando le due massime favorite da Gondrano: “Lavorerò di più” e : “Il compagno Napoleon ha sempre ragione!”, massime, egli disse, che ogni animale avrebbe dovuto adottare come proprie”.

5. La pietà questa sconosciuta
Che fare del denaro derivante dalla macellazione di Gondrano? “Un furgone da droghiere venne da Willingdon alla fattoria a consegnare una grande cassa. Quella notte si udirono fragorosi canti, seguiti da un frastuono come di violento litigio che terminò verso le undici con un tremendo frantumar di vetri. Nessuno si mosse nella casa colonica prima del mezzogiorno dell’indomani, e corse voce che, non si sa come, i porci avevano guadagnato danaro bastante all’acquisto di un’altra cassa di whiskey”.

6. Pragmatismo
Il motto della fattoria, in rivolta contro l’uomo, era ben presto diventato: «Tutto ciò che ha quattro gambe o ali è buono, tutto ciò che ha due gambe è cattivo», sintetizzato dalle pecore in «Quattro gambe buono, due gambe cattivo». Ma bisogna notare che, quando i maiali (che hanno preso il potere) cominciano a reggersi sulle zampe posteriori come gli uomini, Clarinetto prende da parte le pecore, che modificano lo slogan «quattro gambe buono, due gambe cattivo» in «quattro gambe buono, due gambe meglio».

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Lorenzo Fabbri

Le parole sono importanti. Digital startups — Digital transformation. Executive MBA at Luiss Business School