Appunti di una Notte

Luca Di Battista
3 min readMay 20, 2018

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Luca Di Battista

C’è un uomo che scrive nella penombra di un neon arancione scurissimo.

Incrocia i piedi su uno sgabello di legno, di quelli alti a tre piedi. Il suo è il quarto da sinistra che compone una fila di cinque. Poggia gli avambracci sul tavolo e continua a leggere e prendere appunti di fronte a una vetrata enorme.

Non alza mai lo sguardo, nemmeno quando qualche minuto prima gli passo di fronte sul marciapiedi, nemmeno quando contratto con il barista un aiuto per il mio telefono a corto di batteria.

Il bar sarebbe anche chiuso ma ci sono ancora pochi clienti che nel freddo di un lunedì notte cercano di portare a casa le ultime esaustive parole della giornata.

Avevo completamente dimenticato che di domenica la U1 resta chiusa fino alle 5 del mattino, avevo persino pensato che forse, da Schlesisches Tor, la metro potesse funzionare.

Toccherebbe farmela a piedi, almeno per un bel pezzo, ma sarebbe davvero troppa la strada fino a casa.

Ora dondolo seduto proprio vicino al bancone del bar, ho quell’uomo, quello che prende appunti e scrive, proprio davanti a me, è di spalle, leggermente ricurvo, concentrato. Di tanto in tanto si prende il tempo di una pausa, scruta il marciapiedi, poggia il mento sul palmo di una mano, passa il dito sul bordo del bicchiere.

Penso sia stupendo poter godere del silenzio e della notte per battere robusti sui propri appunti. E ho sonno e nemmeno mi piace la birra che sto bevendo ma respiro con calma, sento con piacere la musica di sottofondo e mi giro a guardare il barista e la sua collega che continuano a pulire il bancone, continuano a riporre bicchieri e stoviglie e ridono, ridono pensando che quella è la loro quattordicesima ora di lavoro e nonostante me e gli altri seduti nel bar la giornata è quasi finita e ciò che ne rimarrà sarà solo un cuscino e un bicchier d’acqua.

Mi fa cenno che la batteria deve ancora caricare qualche minuto e allora provo a sistemarmi meglio sullo sgabello, poggio i gomiti sul bancone e lascio cadere la testa fra le braccia.

Una volta quando avevo tredici o quattordici anni feci un sogno: sul vialetto di una casa, una di quelle americane con il giardino, con l’auto posteggiata e il sistema d’irrigazione a pioggia; c’ero io, poi un’altalena, il sole, gli alberi a fare ombra e una luna, un quarto di luna alto nel cielo .

Bene di quella casa, di quel vialetto o del cappello che indossavo non ne saprei nulla; mai stato negli States, mai avuto un giardino, mai goduto di un’altalena. È semplicemente un sogno, un oasi dove il tempo è fermo ed io sono lì in piedi ad adorare la luna.

Mi butto in macchina e supero i canali prima dell’incrocio di Treptower Park, adoro quel viale alberato nonostante sia notte.

Un tratto dritto e deserto; un’autostrada urbana per distillare i pensieri. Supero gli alberi, le case, i luoghi. Giro a destra su Elsenstraße, ancora a destra su Karl Kunger Straße e poi su Wildenbruchstrasse.

Passo di fianco all’insegna luminosa del Netto.

Incrocio Harzer Straße e mi ripeto senza sosta: adoro il piccolo, il fresco e il giallo. Un mantra, qualcosa che mi tenga aggrappato al respiro e vicino alla luna.

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Luca Di Battista

Vivo a Ferrara ma senza impegno dove insegno e continuo ad occuparmi di illustrazione e scrittura. www.lucadibattista.com