Noi siamo Rai Tre, voi Canale Cinque

Luca Tarasco
7 min readJul 29, 2016

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“Streaming Books Installation” di Alycia Martin

Finalmente Federico Motta e la sua boria si sono fatti da parte.

Evidentemente la pretesa di essere l’unico ente a poter gestire il Salone del Libro ha trovato agio in un’amministrazione comunale più prona. L’assessore alla Cultura di Milano, Filippo Del Corno, ha dichiarato di essere bendisposto a qualunque decisione sostenuta dal Consiglio Generale dell’Aie (Associazione Italiana Editori) di cui Motta è il presidente.

“Milano è tranquillamente pronta ad accettare qualunque decisione venga presa purché nell’interesse collettivo nazionale. Con grande serenità dobbiamo tutti rimetterci al dibattito che avverrà all’interno dell’Aie e alla decisione che prenderanno” ha dichiarato Del Corno.

Come se davvero avesse l’obbligo di sottostare ai capricci di un’associazione di categoria e non piuttosto alle direttive ministeriali di un governo formato dal suo stesso partito. Davvero pensa che “sarebbe stato irresponsabile per Milano arroccarsi di fronte all’impossibilità di lavorare a un nuovo progetto” ?

Io credo il contrario.

Credo sia irresponsabile da parte dell’assessore alla Cultura di una città così rilevante appoggiare scelte portatrici di divisioni nell’ambito culturale e nell’editoria italiana già in crisi.

Mai come oggi si dovrebbero unire le forze, non creare due saloncini per sempre meno lettori. Non creare divisioni tra editori, autori, lettori, città e istituzioni statali.

Quello di Motta si configura, tra l’altro, come uno sgarbo istituzionale ai Ministeri della Cultura e dell’Istruzione, che premevano per una proposta che non si risolvesse in una spaccatura.

“Streaming Books Installation” di Alycia Martin

Il problema non è se fare il Salone a Milano o a Torino.

Il problema è la gestione monopolistica che delinea l’evento dell’Aie e la violenza con cui l’ha imposta

L’Aie avanzava una richiesta più che legittima nel voler partecipare attivamente alla gestione culturale di un evento come il Salone del Libro di Torino. Ma in effetti le istituzioni piemontesi hanno accolto questa richiesta con la più piena disponibilità. Disponibilità niente affatto ricambiata dal Presidente dell’Aie Motta, che in queste settimane ha sempre, davvero offensivamente, rifiutato ogni proposta d’incontro con le autorità piemontesi (dal presidente della Regione Chiamparino, alla sindaca Appendino, ai rispettivi assessori alla cultura), le quali hanno potuto manifestare le proprie ragioni solo attraverso l’invio di documenti via mail (sic!).

Il tutto mentre Motta sondava la disponibilità di altri amministratori. Condizioni non esattamente ideali per una collaborazione trasparente.

Si contrappongono eventi organizzati rispettivamente da una Fondazione senza scopo di lucro e da una S.p.A.

Tra l’altro l’Aie possedeva già piena voce in capitolo sulla gestione del Salone di Torino, partecipando infatti alla compagine dei soci fondatori della Fondazione del Libro, insieme ad altri illustri soggetti pubblici e privati quali il Ministero dell’Istruzione, il Ministero dei Beni Culturali (MIUR e MIBACT) e Intesa-Sanpaolo.

Ora invece, la società privata che pretende di strappare l’eredità del Salone torinese sarà costituita esclusivamente da Milano Fiere (51%) e Aie (49%).

Un polo fieristico e un’associazione di categoria!

La Fondazione per il Libro, per contro, è un’associazione senza scopo di lucro, costituita dai più alti organismi culturali della nazione.

Davvero un evento che integra aspetti commerciali e professionali, ma soprattutto sociali e culturali, può essere amministrato da due soli enti dalle finalità prettamente commerciali?

Un’associazione di categoria come Aie, in quanto tale, ha il fine ultimo e principale di favorire gli interessi economici della categoria che rappresenta. Non possiede una specifica competenza nella promozione della lettura, e lo dimostra il flop dell’iniziativa dell’Aie “ioleggoperché”.

Torino assumerebbe la responsabilità di farsi da parte se questo favorisse davvero la cultura italiana

Non ci si venga a dire che lo spostamento del Salone del Libro a Milano va a beneficio del sistema Paese e che è una scelta dettata da necessità di respiro nazionale. Davvero pensate che lo spostamento a Milano favorisca gli interessi nazionali? Se fosse così, se le intenzioni fossero genuine e non il frutto di un blitz ben pianificato (il Consiglio Aie approva l’uscita dalla Fondazione per il Libro e la pianificazione del “nuovo evento” nella riunione del 25 febbraio scorso, ma lo rende noto solo oggi), le istituzioni locali e nazionali si muoverebbero compatte nel sostegno a tale iniziativa. Si traslocherebbe comunque con dolore l’esperienza torinese, ma riconoscendone le buone pratiche e i successi di pubblico, si garantirebbe la continuità del lavoro svolto a Torino, in qualunque altra città si decidesse di farlo.

Ma non è andata così, infatti si rischia di perdere tutto. Motta ha dichiarato testualmente (e con spregio di sintassi): “L’amministrazione e la Fondazione di Torino decida di fare quello che vuole”. Motta cerca apertamente lo scontro, rifiuta il dialogo, impone una cesura netta pur di prendere pieno controllo di quella che considera una vacca da mungere a proprio piacimento e fino allo sfinimento.

Questo è il colpo di mano di una sparuta élite di editori che finiranno con il promuovere i libri più facilmente piazzabili sul mercato. Un’operazione commerciale e nulla più. Benvenuti al Salone dei cinepanettoni e dei romanzi doposole dalle sfumature grigie.

Ma non si chieda alla Fondazione per il Libro di accettare con rassegnazione questa umiliazione, non ci si chieda di sottometterci in silenzio. Perché sarebbe come chiedere a Rai Tre di cedere il proprio palinsesto a Canale Cinque. Possono provare a fare numeri più grossi se ci riescono, ma saranno comunque i numeri di una manifestazione grassa e pigra, concentrata a soddisfare facili, bassi appetiti commerciali, in quanto mere espressioni delle proiezioni di mercato. Il Salone del Libro, ne sono certo, punterà su nuovi contenuti ragionati di qualità, su un’attività culturale innovativa che sarà premiata come sempre dall’enorme interesse di un pubblico esigente.

Madrid, Parque de El Retiro, Palacio de Cristal, (dettaglio)

Che poi mi si conceda un appunto sul nome proposto per l’evento dell’Aie: “mibook”. Un’iniziativa che dovrebbe promuovere la letteratura e la cultura italiana non può essere così masochista da esordire con un battesimo che suona come un tradimento. D’accordo la visione internazionale, ma questo sembra l’incrocio tra il plagio maldestro di un prodotto Apple e un servizio alberghiero online. I migliori prodotti italiani sono stati esportati con i loro esotici nomi d’origine: “Andante”, “Allegretto”, “Cappuccino”, “Ferrari”, persino “Salone del Mobile” mi verrebbe da dire.

“Are you going to Salone this year?”

Qui è in gioco il pluralismo. Chi non lo accetta non può dirsi promotore di Cultura. I grandi gruppi editoriali che hanno votato a favore del nuovo evento controllano da soli più del 50% del mercato, il 60% delle librerie, la quasi totalità della distribuzione in un regime sostanzialmente monopolistico. Come faceva notare Sandro Ferri, fondatore della casa editrice E/O, “queste condizioni non sono neutrali, ma determinano come saranno fatti i libri di domani, come vivranno gli autori domani”.

Come saranno fatti i lettori di domani, aggiungerei. Consegnare tra le mani di questi grandi gruppi editoriali anche il Salone è un atto gravissimo che mette in pericolo le voci più marginali della società, quelle dissidenti, quelle divergenti. Quelle che portano diversità e quindi innovazione.

La democrazia non è solo espressione della maggioranza, ma soprattutto tutela delle minoranze.

Vogliamo un monopolio a determinare i lettori di domani?

Amici lettori, non partecipate a questa farsa. Amici scrittori, non accettate gli inviti. Editori indipendenti, soci dell’Aie esclusi e non interpellati dal Consiglio Generale, ribellatevi ad un’imposizione presuntuosa e continuate ad appoggiare il lavoro della Fondazione. Uniamoci per creare il Salone del Libro più ricco di sempre.

L’appello è rivolto a tutti i protagonisti della vita culturale italiana, e in particolare ai Ministeri MIUR e MIBACT, perché confermino tenacemente il proprio supporto alla “Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura”

I voti che Federico Motta è stato in grado di strappare sono stati solo 17 (su 32). Diciassette editori contro le centinaia che non hanno potuto manifestare l’eventuale dissenso. Diciassette editori che infliggono a tutti una lacerazione e ai quali impongono le proprie “miopie imprenditoriali” (cit. Luigi La Spina). La lungimiranza della Federico Motta Editore, almeno fino al 2012, vendeva enciclopedie porta a porta al costo di 3.000 euro.

Ci vuole pluralismo, diversificazione, soprattutto nell’organizzazione di eventi culturali.

Giuseppe Laterza: “L’invito alla lettura è una finalità pubblica, non commerciale”.

Federico Motta, intervistato da Loredana Lipperini su RadioTre, si chiede retoricamente perché mai la gestione della cultura debba essere sempre affidata al “pubblico” e non ai privati, questione a suo dire, “mai capita bene”. Addirittura. Posto che l’intervento privato è spesso gradito se non essenziale, questi deve essere apprezzato come un generoso contributo alla collettività, che non può per questo pretendere di dettare le agende culturali, i programmi scolastici e le ricerche universitarie. Il privato non deve essere la voce che sovrasta la pluralità degli organismi culturali, ma un alleato. Caro Motta, il privato non può essere l’unico ente a gestire iniziative culturali di portata nazionale perché evidentemente troppo parziale. Con tutta la buona fede del mondo finirà con il fare prima di tutto i propri interessi economici, e non quelli culturali di una nazione. Ma questo lo sa benissimo anche lei. D’altronde una certa politica nazionale ci ha abituato fin troppo al concetto di conflitto d’interessi per non saperlo.

“Read” di Luciana Frigerio

Quello che veramente serve fare, è accettare la sfida lanciata da Motta, rispondere con granitica coesione e dimostrare che Torino sa far valere la sua esperienza come città della cultura a dispetto di tutti i petroldollari che le si possono riversare contro. Come sostiene ancora Laterza, “I libri non si promuovono con i soldi, ma con le idee”.

Dobbiamo impegnarci come non mai nel successo della prossima edizione, la trentesima, un compleanno funestato da un tradimento fraterno, che però tenteremo di riconciliare con la forza della nostra competenza e del nostro amore per la cultura.

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