Consulenza “paziente”
Serve consapevolezza per stimolare fiducia, prima di consulenza e progetti
«Finanza e capitale paziente» sono alcuni dei temi di discussione può o meno di moda negli anni: servono capitali che attendono la «maturità» di investimenti e di progetti, soprattutto per micro e PMI italiane.
Si, oggi più che mai: io però ci credo poco che sia la formula giusta.
Soprattutto se a se’ stante e unico approccio isolato di supporto al cambiamento, come tutte le soluzioni univoche che non affrontano la complessità del momento.
Cambiamento: proprio questa parola tanto diffusa, quanto spaventosa per tanti che arroccano le proprie convinzioni (o convenienze…) al passato.
Cambiamento va a braccetto con aleatorietà, futuro incerto, precarietà e preoccupazione ma è anche rappresentante di concetti come motivazione, pianificazione, speranza, opportunità e soprattutto fiducia.
Fiducia è la parola chiave di questo momento di cambiamento e se questa cambia con fattori macroeconomici come le pandemie o le azioni dei governi, è comunque fortemente legata a contesti personali, di settore e territoriali in riferimento alla capacità di scelta e, soprattutto, di consapevolezza.
Ma che cosa è la consapevolezza?
La vorrei definire come l’applicazione pratica della coscienza: «aver piena consapevolezza di qualcosa, esserne perfettamente al corrente» recita Wikipedia, cioè capire lo stato dell’arte e dove si può arrivare, con quali piani e mezzi, quali impegni, quali rischi, quali sacrifici.
Il preambolo pocanzi descritto mi induce a pensare che il problema chiave di chi deve fare scelte importanti è questione di fiducia come conseguenza precisa di consapevolezza.
Maggiore è il grado di incertezza esterno, maggiore deve essere il grado di consapevolezza per creare conseguentemente fiducia: dunque, se la prima è iperbolica, la seconda funzione è direttamente proporzionale, anzi esponenziale.
Ma allora, senza fiducia (senza consapevolezza) e senza progetti, cosa ci fa una persona con «finanza paziente» che invece potrebbe essere utilizzata bene in un secondo step dopo un primo livello di consapevolezza e progettazione che ne determini la scelta futura?
Allora, se non riusciamo a fare uno step di «consulenza paziente» che lavora sula consapevolezza, come facciamo ad avere «finanza paziente», su quale progetto e quale motivazione?
Serve dunque un momento propedeutico prima della consulenza, tra il momento di voler/dover cambiare e il cambiamento vero e proprio, che dedichi tempo, effort, know how e “vicinanza emotiva e paziente”, in un primo momento di approccio al cambiamento: un contesto e timing che rischia di essere un circolo vizioso tra mancata fiducia e possibilità di investimento, un problema che riguarda migliaia di imprese (imprenditori) a cui manca tutto per avere fiducia: persone in fase di cambiamento a cui si presentano centinaia di consulenti, esperti di servizi a valore aggiunto, mediatori di finanza (anche «paziente») che propongono offerte disallineate nei tempi, nel budget, nell’effort e nel costo anche emotivo per affrontare il cambiamento.
Qui si continua a presentare progetti a persone inconsapevoli, spesso con idee del ‘900, senza essere inseriti in nuovi ecosistemi imprenditoriali, smarriti e con pochi punti di riferimento se non la loro capacità e merito esperienziale nel loro settore, ma priva di capacità di connessione con aree di impresa e settori trasversali come la comunicazione, la tecnologia, l’organizzazione.
E spesso si sa dal principio che il progetto potrebbe essere un flop! Ma, anche con mancanza di deontologia, ai fornitori tecnici interessa poco.
E dunque è proprio lì che si deve lavorare, su un contesto di consapevolezza che determina la creazione di fiducia per un successivo investimento con accesso al credito e strumenti per il progetto di cambiamento in atto.
Qui lo schema.
Da un punto di vista più tecnico, parliamo di un momento di coaching e mentorship iniziale, sovrapposto ad parte consulenziale e tecnica, un mix di emotività e tecnicismo che sblocca il momento di sfiducia (parlando di metodi anche scentifici e accademici ma applicati e «abbassati» al merito dell’idea, impresa e persona del momento), il tutto sia con la capacità empirica di creare motivazione e sia, in parallelo e con modalità di approccio «perpetual beta mindset», con la parte tecnica e di creazione di valore che si sovrappongo e si “rincorrono”, alimentandosi a vicenda.
Dunque, non c’è piattaforma o finanziamento che tenga, non c’è fediscalizzazione o contributo che svolti; lo dico da tempo: è un problema di offerta e non di domanda, servano consulenti e manager pazienti che si dedichino, in prima fase, ad una diffusione di un modello di consapevolezza, prima di ogni investimento e tecnicismo da proporre nei progetti di cambiamento che oggi, in un momento così incerto, spaventa solamente e crea l’effetto opposto.
Servono persone che aspettino e aiutino la maturazione del cambiamento degli imprenditori e dei loro progetti, che ci mettano testa e cuore, facendosi sentire vicino, che, preferibilmente, (abbiano vissuto e) conoscano e gestiscano insieme quel turbinio di emozioni, gioie e paure alternate ciclicamente e quotidianamente a contesti operativi e tecnici.