Customer communication

Comunicazione è prodotto: servono autori, non «markettari»

Quando decidere di «progettare la comunicazione»? Prima il prodotto e il servizio? Oppure, oramai questa ne è parte integrante?

Sarebbe bene discutere se tutte le volte che abbiamo sentito le parole marketing e “comunicazione”, fino a qualche tempo fa, manifestavano un connubio giusto: visti i tempi e le modalità di sviluppo di prodotti, servizi, aziende, non era meglio parlare di marketing e “pubblicità”?

Oggi come e quando si progetta la comunicazione?

«Comunicazione» è sicuramente parola la cui definizione è “mettere in comune”; ciò presuppone che tutti gli attori della comunicazione, mittente e ricevente, tutti i canali, i modi etc., portassero un elemento in comune, un obiettivo in comune, una passione in comune; in definitiva, empatia.

Il vecchio modello di «comunicazione pubblicitaria» televisiva, via radio, carta stampata, non poteva far esprimere molto quello che invece oggi l’utente può fare, la sua opinione e la sua azione immediata, rispetto al messaggio che egli riceve.

Oggi, l’utente può decidere di «metterlo in comune» oppure no, può decidere se bannarlo oppure osannarlo.

Allora cosa si intende veramente per comunicazione? E quando progettarla?

Una serranda piana di annunci pubblicitari «fotocopia»

L’opinione che mi sono fatto è che anche questo sistema è contaminato dal passato “markettaro” perché, quando chiedi a qualcuno «come comunichi tale progetto, prodotto?», risponde: «via social, via web, etc.»; insomma ti parla sempre di tecnicismi di marketing, del canale, del contenitore e meno del contenuto.

Il contenuto è il cuore della comunicazione, il contenuto è il valore, il contenuto produce la vera proposta di valore e definisce una grande parte del servizio e dell’esperienza dell’utente.

Secondo la linea e il nostro Modello delle 5C, ciò che è forse disruptive e innovativo in tale modello è che la comunicazione è messa come parte integrante della proposta di valore: il giusto contenuto, le parole giuste, il giusto modo, il tono, il leitmotiv, la storia o storytelling, sono ormai prodotto, non sono più un mezzo per fare conoscere lo stesso ma ne sono parte essenziale e ne amplificano il valore aggiunto.

Il contenuto che intendo deve essere pensato in fase di progettazione e design di un servizio o di una esperienza: la comunicazione è diventata parte essenziale dell’esperienza; ne definisce i connotati e soprattutto il senso di comunità di quel servizio esperienziale.

Non faccio parte di quella comunità (e dunque non utilizzo quel servizio) se non vengo attratto, se non mi piacciono i contenuti, se non vengo coinvolto in prima persona nei giudizi di quel contesto comunicativo.

Per progettare dunque qualcosa di innovativo e importante, soprattutto lato esperienziale – digital (mindset), bisogna avere un guizzo sulla proposta di valore ma soprattutto sulla comunicazione:

  • il contenuto dovrà essere «lateral thinking»

Non possiamo pensare di scrivere le stesse cose, spesso razionali, che determinano ovvietà e banalità: l’originalità e «lateralita’» è la base del «gancio comunicativo»;

  • il suo tono, il suo titolo, il suo payoff e il suo naming, saranno evocativi, attraenti, «rimembrativi»

Con una parola si evoca e si attira attenzione, con massimo 3–4 si spiega emozionando, con un crescendo di contenuti si ingaggia, tutto in una linea ben definita;

  • la sua storia dovrà essere coinvolgente

Non esiste un servizio senza una storia evocativa che ne stimoli il viaggio e ne aumenti il legame sui valori;

  • il suo messaggio sarà emotivamente seducente o immediatamente diretto

In generale, il messaggio, nella sua completezza, è l’inizio di un viaggio seducente e diretto, che non fa giri di parole nel cogliere il punto focale;

  • la partecipazione dell’utente sarà dunque facilmente, velocemente e semplicemente «sorridente»

Non c’è sforzo per un utente coinvolto con emotività e con sorriso.

Progettare oggetti, servizi, esperienze che le persone amano non è possibile senza una comunicazione e un contesto comunicativo che ne stimoli i sentimenti, la partecipazione, la capacità di scambio, la volontà di creare valore con un messaggio semplice e diretto che evochi la soluzione e non il suo mezzo.

Home page di un sito che vende grill per ristoratori

È proprio li che l’innovazione esperienziale e di prodotto/servizio fa il suo salto di qualità: come già indicato, se la priorità è soprattutto l’idea di servizio più che il modello di business, è soprattutto il bisogno dell’utente più che la sua appartenenza ad un segmento, la comunicazione sarà soprattutto il contenuto e ciò che evoca invece del canale, del budget e di tutti fattori tecnici di un marketing operativo, conseguenza della base solida su cui poggia il contenuto stesso.

Tutto ciò, legato alla proposta di valore, permette di definire un posizionamento, non in senso di marketing ma in senso sempre «sociale» e culturale, allargando gli orizzonti del «saper vendere» a quelli del «saper creare/comunicare valore».

Per fare ciò, dunque, si consiglia una creatività spesso pazza, fuori dagli schemi, in cui immaginare di stravolgere i target di un servizio esistente, in cui immaginare di mixare segmenti di soggetti completamente diversi ma accumunati da un senso forte, da una idea particolare di crezione di contenuti.

Il successo, lo si ha quando l’utente ne è così felice che farà il lavoro di comunicatore al posto di chi offre, sostituendo (quasi) l’offerta e il budget pubblicitario che una azienda dedica.

Più si è dunque capaci di coinvolgere comunicando, minore sarà il budget pubblicitario e di paid advertising dedicato.

Allora, quale sarà il vero ruolo di chi progetta la comunicazione (e i servizi) oggi?

Lo vedo un po’ come un autore vero e proprio, pazzo, fuori dagli schemi, che immagina come riempire la proposta di valore («film esperienzale») con un qualcosa di immateriale che occupa gli ultimi spazi emotivi di una progettazione razionale, spesso spezzata e troppo tecnica.

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"Un uomo non vale i soldi che ha, ma il credito di cui gode" W. Churchill

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Marco Travaglini

"Un uomo non vale i soldi che ha, ma il credito di cui gode" W. Churchill