Customer Experience
Bisogna saper saltare da una professionale all’altra
«Nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato.»
(Albert Einstein, lettera a Max Born del 4 dicembre 1926)
Se dovessi pensare alla capacità di creare prodotti, servizi ma soprattutto esperienze e percorsi emotivi veri e propri per gli utenti, penserei probabilmente in un approccio contrario alla frase sopra.
Un’unica prova, anche se sbagliata, potrebbe non dimostrare di aver sbagliato, mentre tante prove fatte bene e riuscite, dimostrano che una cosa può funzionare.
Diciamo dunque che creare servizi ed esperienze, non è proprio da fare con ragionamenti induttivi: con un test non possiamo certo dire che generalmente quel servizio non funziona.
L’ultima delle C del nostro modello è quella di creazione dell’esperienza finale.
Ma come si chiude il cerchio per la creazione di una esperienza che sia:
- riassunto ed esposizione della proposta di valore;
- descrizione di un processo-servizio che utilizza strumenti e tecnologia?
È importante ripercorrere il cuore di ogni singolo concetto affrontato nel tempo.
Needs
Abbiamo parlato di bisogni e di relativa analisi, comportandosi un po’ come un antropologo.
L’inizio della creazione di un servizio e di una esperienza parte dagli altri e da tre presupposti fondamentali:
- i bisogni non sono solo quelli “markettari” del momento di utilizzo del servizio o di consumo del bene ma sono trasversali nella vita della persona;
- se fai analisi dei bisogni seria non ti fai contaminare da nessuna segmentazione di marketing ma approcci con senso umano e con volontà di aiutare gli altri e creare valore;
- devi metterti nei panni dell’altro e degli utenti, altrimenti fai il progettista freddo e non senti davvero ciò che si sente e che accade “dall’altra parte”.
L’analisi dei bisogni incompleta o sbagliata è certo che dia un risultato, non completo o sbagliato, di servizio o di prodotto.
Value
La proposta di valore NON è la parte tecnica di un servizio o quella materiale di un prodotto ma è il suo valore immateriale.
Se non approcci come un sociologo invece di un ingegnere, rischiamo di fare l’ennesimo prodotto «cattedrale nel deserto» o copia di oggetti esistenti che per imporsi o farsi conoscere hanno bisogno almeno (tra le tante) di tanti soldi di pubblicità.
Regola fondamentale è pensare al valore immateriale specchio dei bisogni ideati: ciò, oltre a dare coerenza vera con l’analisi sopra identificata, mette in evidenza la possibilità di trovare un quid di valore in altro “punto” rispetto alla parte core di prodotto o servizio tecnico, uscendo fuori dagli schemi e cominciando a capire la direzione vera dell’idea.
Commmunication
La comunicazione non è l’advertising e la pubblicità ma è “mettere in comune”.
Ciò impone che:
- la comunicazione è da pensare come una parte del prodotto e del servizio e non (solo) come mezzo;
- la comunicazione è la storia che determina il coinvolgimento per vincere la lotta dell’attenzione in primo impatto e far agire l’utente coinvolto come una agenzia spontanea di partecipazione e comunicazione in fase successiva: dunque, questo si chiama contenuto accattivante e originale;
- se è contenuto, per ora non ci interessa sapere del canale o del budget ma ci interessa capire dove interviene nella creazione di valore tale contenuto.
Insomma, comunicazione non è questione di tecnico di marketing ma quella di mettersi in atteggiamento di autore.
Convenienza
I modelli di business, e cioè il mix tra proposta di valore, organizzazione e ritorno economico, ci impongono a pensare che la convenienza non è più il rapporto tra qualità e prezzo.
La convenienza è l’espressione della parte complementare dei servizi e del no-core, principalmente di carattere tecnico e logistico, pre e post vendita, che stabilisce che semplicità e velocità sono base di tutto, come la qualità.
Qualità, semplicità e velocità personalizzano al massimo il servizio dando forte comunicazione di libertà e di far fare (quasi) ciò che si vuole.
Il tutto, mixando e bilanciando come un diplomatico tra tutti i pesi delle cose da fare.
Come chiudiamo dunque il pensiero e la scrittura di un servizio e dell’esperienza?
La chiudiamo pensando di inserire la tecnologia come strumento per mettere in moto le prime 4 indicazioni sopra identificate.
L’esperienza diventa dunque un percorso che utilizza la tecnologia a valle di un ragionamento che mette insieme bisogni, valore, convenienza e comunicazione.
Tutto ciò insieme costituisce elemento completo di esperienza e customer journey: espressione non di un solo prodotto o del momento erogativo di servizio ma di un mix di utilizzo di strumenti tecnici, fruizione ed erogazione di processi diversi, (autoproduzione ed) esternazione di sensazioni, emozioni, spesso sentimenti, a volte semplice soddisfazione nei quali si comunica e si percepisce valore, alla giusta convenienza, specchio totale dei propri bisogni e risoluzione adatta ai propri problemi, nell’arco di tempo e di spazio spesso di intere giornate.
Allora, per costruire una esperienza finale, bisogna porsi in un atteggiamento camaleontico tra professioni e professionisti, munendosi di volta in volta di ulteriori competenze e conoscenze che possano creare, in un mondo ormai di offerta, nuovi percorsi che le persone amano e a cui si sentono immerse, a loro agio.
Grazie!
Marco