I mille fili di Tirana

Marco Mastrandrea
6 min readOct 20, 2015

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Qui la galleria sull’Albania: flickr

Dall’attico del grattacielo, in un lounge bar, con un gin tonic da 800 lekë tra le mani, una ragazza ammira il panorama di Piazza Skanderbeg per poi portare lo sguardo verso l’infinito. Ai piedi del grattacielo una donna incauta lascia il suo bimbo steso in terra sopra un lenzuolo bianco. Lo abbandona per poi nascondersi dietro un albero della piazza, spera negli spicci di qualche passante del centro in modo da poter raggiungere la quota di 100 lekë per tirare in fondo alla giornata. Lungo il marciapiede i passanti sfilano distratti tra le bancarelle di vario tipo dove anziani venditori invitano i turisti a pesarsi sulla bilancia o ad acquistare sigarette, non solo pacchetti, da queste parti con qualche lekë acquisti anche delle sigarette sfuse.

Al semaforo un ragazzo senza maglia e senza gambe avanza con la sedia a rotelle tra le auto, anche lui chiede qualche spicciolo. Alla rotatoria di fronte l’Università c’è un concerto di clacson, una sorta di tappeto acustico, qui sfrecciano auto di lusso, auto invecchiate, auto impolverate provenienti dalle campagne mentre più lenti scorrono motorini e bici contraffatte in carrette per trasporto a 5 ruote.

Sono le mille storie di Tirana, una città con tante città da scoprire al suo interno. In meno di un secolo la capitale albanese ha modificato il suo aspetto urbano e la demografia dell’intero paese passando da appena 15 mila a più di 700 mila abitanti. È giovane seppure ricca di storia. Nel XX secolo è stata capitale del regno di Albania; sede centrale della colonia fascista; cuore della resistenza antinazifascista (così chiamata da queste parti); laboratorio della dittatura del proletariato e infine terra di consumo sfrenato e neoliberismo selvaggio. Tirana come l’Albania rappresenta un grande e continuo esperimento sociale, politico ed economico nel Mediterraneo che talvolta fallisce e costringe i suoi abitanti a cambiare vita, a cambiare Paese.

Nella piazza centrale, intitolata all’eroe nazionale Giorgio Castriota Skanderbeg, è possibile ritrovare contemporaneamente l’architettura tipica del fascismo con quella del comunismo. Nella stessa piazza c’è una moschea con accanto una chiesa ortodossa. Sorprendono le dimensioni della piazza, dimostrazione di potenza nella stagione delle politiche propagandiste di massa.

In piazza c’è il Tirana International Hotel di cui dicevano “che se lo guardi ti cade il cappello” perché era il palazzo più alto del Paese, almeno fino al 1990. Oggi l’albergo non stupisce più per le sue dimensioni, è solo un palazzo tra tanti con la bandiera albanese accompagnata da quella europea. Infatti se il passato appare imperfetto il futuro si illumina con le stelle dell’Unione Europea. Il 27 giugno scorso, infatti, il Paese delle aquile ha guadagnato lo status di candidato membro dell’Unione. Sarà un lavoro difficile che richiederà anni di lavori infrastrutturali e un innalzamento delle condizioni di vita. In questa fase l’Albania si presenta con un immaginario ancora in via di sviluppo.

Sono migliaia invece le attività iniziate e mai concluse, con il cemento armato in attesa di diventare villa o palazzo. In passato la proprietà privata era sta abolita, da quando è stata ripristinata tutti vogliono avere una casa o magari due, e perché no, magari un villino con un piccolo giardino. I lavori iniziano ma troppo spesso non si concludono e a risentirne è soprattutto il paesaggio. Sono opere a metà, esatta metafora del Paese. Ma ci vuole tempo mi spiegano. Camminando in qualsiasi punto della città c’è un legame infinito tra i palazzi colorati, le case abusive e i mattonati comunisti privi di portoni: i fili della corrente non sono interrati e nel cielo segue un accompagnarsi e poi lasciarsi di fili tesi e aggrovigliati confusi l’uno con l’altro prima di ritrovarsi arrotolati attorno al palo. Mi spiegano che ci vuole tempo prima di interrarli e mi avvertono di guardare bene in terra perché di tanto in tanto qualcuno ruba i tombini per poi rivenderli, lasciando delle pericolose buche lungo i marciapiedi. Ci vuole tempo, anche per questo. In Albania le strade in alcune zone ancora devono essere completate o allargate, basta pensare che fino a poco più di vent’anni fa nessuno poteva possedere un’auto.

Anche l’immaginario albanese è ancora in via di sviluppo. Spesso le indicazioni prevedono i prefissi “ex” e “post”. La prova è il quartiere Blloku o il Blocco, un “quartiere giardino” pensato e inserito nel piano regolatore dal re albanese Zogu Primo per racimolare i suoi uomini fidati. Sviluppato da architetti italiani diventa la sede dei dirigenti fascisti e infine il quartiere del comitato centrale del Partito del Lavoro con tanto di villa del dittatore Enver Hoxha. Che sia un regno o una colonia o una dittatura del proletariato, il Blocco è sempre stato chiuso al pubblico e ha svolto la funzione di domicilio riservato ai membri della vita istituzionale del Paese. Oggi è facile entrarci ma è difficile immaginare il suo passato. Con il crollo del comunismo, gli albanesi hanno scoperto che l’intoccabile quartiere giardino era fatto di piscine e di automobili, di ville lussuose destinate come uso abitativo per i dirigenti del partito.

Oggi il Blocco ha mutato le sue funzioni, infatti, si rivela un quartiere pronto a riciclarsi a seconda dei cambiamenti di clima. Le ville degli oligarchi sono diventate pub, locali, discoteche. Il quartiere una volta della Tirana tiranna è il cuore della movida dove i decibel sono al massimo, conta vestirsi bene e in discoteca entri solo se accompagnato da una donna; il quartiere recintato oggi è intasato da folle di universitari e giovani turisti smaniosi di divertirsi. Eppure all’interno dei locali non c’è da meravigliarsi se l’arredamento vintage fatto di vecchi 45 giri e vecchi telefoni avrà anche libri del partito, foto di congressi e rimandi specifici all’era comunista.

In Albania culturalmente non si butta via niente del passato, o meglio: non tutto il passato è da buttare.

È il postmoderno, la bellezza di Tirana, un laboratorio in via di sviluppo dove il presente guarda al passato mentre cerca il suo futuro. È Tirana quel luogo dove accanto alla ricchezza sfrenata c’è tanta miseria; dove sotto le importanti sedi economiche e istituzionali puoi ancora trovare un contadino a cavallo; dove accanto alla moschea può esserci una chiesa ortodossa senza complicazioni. Tirana con la sua storia e il suo immaginario è una città con tante città legate l’una all’altra come mille fili aggrovigliati attorno a un palo.

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