Se ciò che resta è niente

Marco Piscopo
13 min readJan 12, 2023

--

Una storia di tre settimane in Basilicata

Forenza (PZ), crediti Fondazione Matera-Basilicata 2019

Premessa e introduzione

Questo è il racconto di un progetto, un modo per descrivere ciò che ho fatto, visto e sentito durante la mia residenza di tre settimane a Forenza. Ma è anche l’elaborazione di un’esperienza e come tale mi prenderò una certa libertà formale, cercando comunque di essere puntuale sul contenuto.

Il testo è suddiviso in due parti, la prima squisitamente incentrata sul racconto e sulle varie considerazioni, mentre la seconda è dedicata ad un approfondimento metodologico.
Le due parti sono indipendenti tra loro, perciò, a meno che non si abbia un forte interesse sul come si sia svolto il lavoro, la lettura della prima parte è più che sufficiente ad annoiarsi.

A fine testo c’è una piccola bibliografia essenziale di testi e articoli significativi per questo racconto.

Parte Prima

Amo e odio. Una tensione dialettica segna il mio essere nel mondo, un pasoliniano scandalo della parola o, forse, la fecondità di un contrasto irrisolto. Amo i miei luoghi e, a volte, odio restarvi e vorrei disseminarmi in tutti i luoghi del mondo; avverto spesso la frustrazione del restare per cambiare un mondo che non sembra voler cambiare, che anzi sembra scomparire e morire giorno dopo giorno, ed ecco che mi accingo a raccontare il senso, il disagio, la bellezza, di vivere nel luogo da cui osservo il mondo (Teti, 2022, p. 3).

Entrando in Puglia, all’incirca all’alba, ogni volta che tornavo in bus da Firenze, ricevevo un’accoglienza da togliere il fiato: distese di verde a perdita d’occhio e un paesaggio collinare di una bellezza difficilmente raccontabile a parole. Soprattutto per chi vive in città e lontano da casa, ritrovarsi con la vista di un luogo che sembra non conoscere confini ed è così naturale, rurale, bucolico, rappresenta il miglior bentornato che ci si può aspettare.
Questo personale quadretto romantico possiede in nuce diversi temi e aspetti che ho affrontato nelle settimane trascorse a Forenza e, in generale, sintetizza le tematiche su cui mi trovo a riflettere ultimamente, come quella del vivere distanti dal proprio paese, la dimensione arcadica entro cui lo si racchiude e la bellezza di territori in cui, però, difficilmente si resta.
Ho saputo dell’esistenza di Forenza circa una settimana prima di trasferirmi, a novembre, in questo piccolo comune lucano e solo quando ho finito il mio periodo di residenza in paese ho scoperto che confina con i luoghi che ho descritto in precedenza, racchiusi tra Minervino e Spinazzola, in quella zona del Parco Nazionale dell’Alta Murgia divenuta famosa per il Ponte dei ventuno archi, le Cave di bauxite o la Rocca del Garagnone; un’area in cui mio nonno andava per funghi (cardoncelli) con il suo amico di una vita e in cui io ho inseguito un autobus che avevo perso per risalire a Firenze e che si fermò di notte, nel nulla, nelle campagne di Poggiorsini, ad aspettarmi.
Ma torniamo a Forenza: si tratta di un paesino di meno di 2000 abitanti, arroccato a circa 800 mt s.l.m., facente parte della Comunità Montana Alto Bradano e situato a nord-est di Potenza. Si trova in un’area classificata come interna (posizionato in una fascia periferica/ultraperiferica) e come tale è soggetto a dinamiche di spopolamento, mancanza di infrastrutture di collegamento ai poli principali, assenza o riduzione di servizi. Insomma, nihil novi sub sole.

Foto scattate girovagando per Forenza, durante le tre settimane di residenza.

Eppure, tutte le informazioni che si possono apprendere facendo ricerca, daranno sempre una visione generica e distante da quella che è la realtà locale e quotidiana. Infatti, ero partito con l’idea che le aree interne sono una questione di cui si sa troppo poco, specie per coloro che non le vivono o non trattano il tema per motivi di lavoro o studio, e su cui si è creata una retorica superficiale e pubblicitaria di ritorno al paese, secondo un’ottica estetizzante delle rovine (Teti, 2022, p. 44). Da qui l’idea progettuale, iniziale, di sovvertire i topos di una campagna promozionale per fini turistici, non promuovendo il borgo, ma quelle che sono le dinamiche e le problematicità di chi vive in questi territori. Della serie “Ehi, venite a Forenza! Se ci riuscite”.

Ovviamente non è andata così. Infatti, ho sfruttato l’esperienza di residente temporaneo in modo da poter tarare il progetto su quelle che sono le reali criticità percepite dagli abitanti del paese, in merito a questi temi, e non quelle presunte, portate da me, esterno ed estraneo. Perciò il processo ha indagato e lavorato su altri aspetti, quelli endogeni e caratterizzanti gli abitanti e i luoghi di Forenza, per giungere a mettere in discussione quello che è un pensiero comune, ovvero “Ehi, non venite/restate a Forenza, che qui non c’è niente!”.

Le cartoline prodotte sono gli unici output che si rifanno all’idea progettuale iniziale. Nella prima, vista di Forenza in cui, però, è stato eliminato il paese; nella seconda, previsione dell’andamento demografico secondo il trend attuale; nella terza, posizione di Forenza rispetto alla mappatura SNAI delle aree interne.

Di base ho promosso una call per raccogliere il materiale fotografico degli abitanti di Forenza, così da non raccontare la storia del paese, ma le tante storie, quotidiane, intime, dimenticate, in grado di trasmettere una prospettiva meno retorica e conosciuta, anche attraverso il vissuto familiare. Contestualmente ho condotto diverse interviste, così da avere un punto di vista locale su quelli che sono aspetti legati a chi vive in territori che si spopolano e in cui riuscire ad andare a scuola, divertirsi e uscire di sera dal paese o, ancora, trovare attività per dare un senso alle proprie giornate, non è così scontato (solo per rimanere su alcuni dei piccoli problemi emersi). Inoltre, anche le discussioni informali, svolte sia individualmente che in gruppo, hanno contribuito ad apportare numerose opinioni e preziosi contributi non facilmente trascrivibili.
In sintesi, quindi, tutte le testimonianze hanno contribuito a indirizzare il progetto verso la decostruzione di una frase-mantra che mi è stata ripetuta numerose volte, in diverse forme: “qui non c’è niente”. Un pensiero rassegnato e desolante, che si esprime come una sentenza ineluttabile, che i/le ragazzə ripetono, anche perché nascono e crescono con questa nenia cantilenata costantemente dai genitori e che lə spinge ad andar via, alimentando così un circolo vizioso di partenze e lamentazioni per una comunità ormai svuotata.
Si è lavorato, perciò, per smontare dualismi radicati (tutto vs niente, nord vs sud, centro vs periferia) e per portare una spinta propositiva in un contesto in cui, alle difficoltà oggettive dovute alla carenza di servizi, infrastrutture e opportunità lavorative e sociali, si aggiunge un pensiero comune e polarizzato, per cui non è possibile creare qualcosa di nuovo, investire sul territorio, partire e tornare — in quanto il ritorno o, peggio, la restanza è vista come un fallimento — e al presunto niente-qui corrisponde sempre specularmente l’idealizzato tutto-lì.

Come si è fatto, quindi, in sole tre settimane?
Coinvolgendo quanto più possibile ragazzə — in particolare under 30 — nel processo progettuale e rendendolə partecipi di una comunità leggera di lavoro (Manzini, 2018), per cui, infine, anche l’organizzazione e la riuscita di una cena di gruppo si sono rivelate come risultati non così scontati.
Un altro aspetto, su cui si è lavorato, è stato la diffusione del termine area interna: sconosciuto anche tra coloro che vivono in queste aree, può portare alla consapevolezza che determinate dinamiche non si verificano solo qui ma fanno parte di un trend diffuso, perlomeno in tutta Italia, che necessita di un approccio progettuale sistemico, piuttosto che di eventi sporadici e isolati.
Si è cercato, quindi, di dare una connotazione politica e sociale al progetto, evitando che la componente mediatica fosse preponderante rispetto al processo, per cui si creasse uno storytelling take away (Giacomelli, 2022, p. 143) e risultasse solo come un ulteriore abbellimento estemporaneo.

Alcune delle attività svolte tra cui riunioni, mappature, laboratori teatrali, perlustrazioni e presentazioni.

Il risultato materiale si è concretizzato con le fotografie, le interviste e i testi derivati da queste ultime (prodotti da Carlotta Vitale e Mimmo Conte di Gommalacca Teatro) raccolti e composti in dei grandi tazebao disposti in appositi spazi dimenticati o sottoutilizzati del paese, ossia i casalotti. L’evento di restituzione — chiamato provocatoriamente Nud (pronuncia del termine dialettale nudde, ovvero niente) — è stato perciò un percorso per riscoprire luoghi e storie, avviare una discussione collettiva e accendere un ulteriore riflettore, piccolo ma comunque indispensabile, su paesi e territori che ancora [r]esistono.

Il progetto fotografico-archivistico è consultabile tramite la pagina r.existenzminimum, mentre qui è possibile ascoltare le interviste raccolte. Per un racconto più visivo delle tre settimane è possibile consultare le pagine di Fondazione Matera-Basilicata 2019 e volevosoloaprireunmuseo.

Manifesti disposti in quattro casalotti (cortili aperti) per Forenza.

Parte Seconda

Metodologia

Il processo si è basato su metodologie comprovate a livello europeo, riviste per l’occasione anche per le tempistiche piuttosto limitate e per la diretta applicazione sul campo (per cui non vi è stata possibilità di un’approfondita analisi preliminare del territorio e del contesto). Partendo dalla I-CEE ovvero Identifying, Connecting, Engaging, Enabling (de Luca et al., 2021, p. 5), sintetizzandola nella ICE:

1. identificare (identifying) quelle che sono le caratteristiche socio-geografico-politiche del territorio e della comunità, qual è la percezione dall’esterno e dall’interno rispetto al paese, quali potrebbero essere gli stakeholder e come coinvolgerli nel processo;

2. connettere (connecting) tra loro quelli che sono i differenti campi applicativi del progetto, così da ottenere una visione quanto più sistemica e integrata. In questo caso i campi di applicazione hanno riguardato i luoghi — significativi per la vita del paese o dei suoi abitanti, le persone — che a vario titolo si sono rivelate significative (in quanto partecipanti attivi o passivi, personalità di spicco, facilitatori, ecc.) e le pratiche — che in qualche modo intessono e caratterizzano le dinamiche paesane (intese come usanze, tradizioni, modi di agire o pensare);

3. abilitare (enabling) un gruppo specifico di stakeholder, significativo ai fini progettuali e coerente con le tematiche sviluppate, così che si inserisse operativamente all’interno del processo. Questo inserimento è stato pensato affinché il gruppo potesse:

  • essere promotore di un ulteriore coinvolgimento comunitario;
  • essere responsabilizzato in modo da poter assumere la conduzione del processo;
  • continuare nello sviluppo del processo così che questo non si esaurisse con la fine del progetto e in assenza del progettista.

Alla base di tutte queste fasi vi è stato il coinvolgimento (engaging) attivo della comunità, inteso non come fase progettuale a sé stante ma come approccio metodologico ad ogni attività svolta, così che il coinvolgimento non fosse racchiuso in soli momenti specifici e puntuali, ma un modus operandi diffuso socialmente, spazialmente e temporalmente. A titolo esemplificativo, oltre ai momenti assembleari e laboratoriali, la comunità è stata coinvolta (attraverso i suoi diversi componenti) nelle diverse operazioni che hanno portato alla definizione della restituzione finale.

Residency Project Plan — Scheduling and milestones (elaborato per la candidatura del progetto, Marco Piscopo, 2022)

Perimetro di azione e punto di vista

Tracciato quindi un quadro metodologico, è stato definito un perimetro entro cui il materiale raccolto dovesse rientrare nel progetto soprattutto come racconto pubblico (ad esempio le testimonianze, raccolte attraverso fotografie e interviste): ovvero sono stati esclusi dalla restituzione finale i momenti informali, utili ai fini della creazione di legami e relazioni di fiducia a loro volta indispensabili per svolgere progetti di questa natura. Perciò si è deciso di restituire solo le interviste registrate e mostrare materiale fotografico che non raccontasse momenti realmente intimi.

Un altro aspetto che si è tenuto in considerazione ha riguardato il punto di vista assunto dal progettista. Cercando di evitare, per quanto possibile, di influenzare la narrazione finale e sapendo comunque di compiere un racconto parziale e secondo un punto di vista personale, si sono tenute in considerazione tutte le informazioni, le opinioni, persino i racconti “storici”, sempre come dei saperi soggettivi e possibili parti costituenti la realtà paesana. Una certa neutralità quindi, vista soprattutto in chiave di apertura e mancanza di preconcetti, che ha permesso al progetto di plasmarsi e riadattarsi al contesto di riferimento, anche sovvertendo alcuni punti di partenza iniziali, così che potesse essere quanto più espressione di problematiche e potenzialità della comunità e del paese ospitante.

Comunicazione

Il progetto non ha avuto una diffusione preliminare in paese, perciò si è proceduto da subito alla comunicazione quanto più capillare possibile di ciò che sarebbe avvenuto nelle tre settimane, cercando così di coinvolgere quanti più partecipanti possibili. Indispensabile è stata la combinazione di una comunicazione sia online che offline, strategia ripetuta anche per il materiale prodotto per la restituzione finale, in quanto barriere fisiche o virtuali (analfabetismo digitale e/o assenza sui social media) comportano spesso la totale esclusione da questi processi di buona parte della comunità.

Un altro aspetto a cui è stata prestata notevole attenzione è stato l’uso di un linguaggio semplice e quanto più vicino alla realtà ospitante, anche grazie all’aiuto del dialetto che spesso si è rivelato vero connettore e acceleratore di relazioni, evitando l’uso di tecnicismi e linguaggi iniziatici, così come di anglicismi superflui.

Strumenti

Il primo utilizzato è stato la mappatura emotiva e/o percettiva (perception mapping), utilizzato durante la prima assemblea aperta alla cittadinanza. Utile ai fini dell’inquadramento del territorio e come mappatura dal basso, ha permesso di produrre una cartografia personale dei luoghi e delle memorie legate al paesaggio.
Con il supporto di Gommalacca Teatro, ai partecipanti è stato chiesto di “tracciare una mappatura non convenzionale, che partisse dalla classica visione zenitale del territorio, per poi decifrare i luoghi legati ai vissuti dei presenti, spesso assenti dalle cartine ordinarie” (Recollocal, 2018, p. 17). Gli insight ricavati da questa mappatura si sono rivelati estremamente utili per conoscere in poco tempo dinamiche socio-geografiche che altrimenti sarebbero rimaste sconosciute o avrebbero richiesto una presenza sul territorio molto più lunga.

Un secondo strumento utilizzato in maniera diffusa è stato la camminata esplorativa o ricognizioni urbane (Tripodi, 2017, p. 30), ovvero passeggiate per il territorio — in questo caso nello specifico il paese e i suoi confini, avvenute sia in modalità flânerie (ovvero da soli e senza una meta) che guidate da abitanti locali (e con una meta precisa). Utili a conoscere i luoghi, orientarsi nello spazio e scoprire dettagli spesso trascurati dal racconto di chi vive abitualmente il territorio.

Un terzo strumento usato da Gommalacca Teatro durante l’incontro rivolto espressamente alle ragazze e ai ragazzi del paese, è stato quello delle moviment-azioni, ovvero un laboratorio teatrale in cui si sono utilizzati esercizi rompighiaccio e disinibitori che permettessero ai partecipanti di essere più a proprio agio in situazioni di confronto, presentazione e discussione pubblica.

Infine come ultimo strumento vi è stato un questionario sottoposto durante le interviste. Diviso in due parti, con un ugual numero di domande che hanno indagato aspetti differenti: la prima parte con domande utili a raccogliere opinioni su tematiche centrali per il progetto, come la percezione che gli abitanti hanno del paese in cui vivono; la seconda parte con domande utili a indagare quale sia la percezione del progetto (o di progetti simili) da parte dei diretti interessati e la conoscenza di terminologie più tecniche ma che riguardano da vicino gli intervistati (conducendo quell’attività di knowledge brokerage indispensabile in ogni progetto di ricerca-azione).

Restituzione finale

La restituzione è stata progettata per avere una parte analogica e una controparte digitale, così da essere espressamente locale e indirizzata in primis agli abitanti del luogo ospitante ma al contempo fruibile ed accessibile a chiunque, così da non circoscrivere il lavoro svolto.
È stato un evento pensato per:

  • restituire in maniera coerente e organica tutto il corpus di materiale raccolto e di tematiche sviluppate;
  • essere co-creato grazie al materiale fotografico condiviso, alle interviste rilasciate dai partecipanti e al contributo dei partner di progetto;
  • essere replicabile — lo stesso evento potrà essere replicato nel corso del tempo e/o la stessa tipologia di processo in un altro luogo-comunità — e scalabile — può essere ulteriormente sviluppato e ingrandito.

Bibliografia

Cassano, F. (2007). Il pensiero meridiano (I ed. 1996). Bari: La Terza

Cersosimo, D., & Donzelli, C. (A cura di). (2020). Manifesto per riabitare l’Italia. Roma: Donzelli.

de Luca, C.; López-Murcia, J.; Conticelli, E.; Santangelo, A.; Perello, M.; Tondelli, S. (2021). Participatory Process for Regenerating Rural Areas through Heritage-Led Plans: The RURITAGE Community-Based Methodology. Sustainability 2021, 13, 5212. https://doi.org/10.3390/su13095212
Tratto da Ruritage: https://www.ruritage.eu/resources/publications/

Giacomelli, M., & Calcagni, F. (A cura di). (2022). Borgofuturo+. Un progetto locale per le aree interne. Macerata: Quodlibet

Manzini, E. (2018). Politiche del quotidiano. Roma: Edizioni di Comunità

Musatti, R. (2020). La via del Sud (I ed. 1955). Roma: Edizioni di Comunità

Recollocal. (A cura di). (2018). AWARE Ricerca/Azione Albano di
Lucania — Laboratori di comunità a cura di Recollocal
. Tratto da Recollocal: http://www.recollocal.it/?portfolio=diario-etnografico-aware-matera-2019

Teti, V. (2022). La restanza. Torino: Einaudi.

Tripodi, L., Colini, L., et al. (2017). Switch On Mehringplatz. Tools for Commoning. Booklet with the final report of the activities. EULER Erasmus Plus project. Tratto da Tesserae: http://www.tesserae.eu/project/euler/

Link presenti nel testo

Calabrese, E. (2022, 7 dicembre). Scopri i piccoli Comuni più colpiti dall’inverno demografico. https://www.infodata.ilsole24ore.com/2022/12/07/scopri-i-piccoli-comuni-piu-colpiti-dallinverno-demografico/?cmpid=.com&refresh_ce=1

COMENSI (COMmunity ENgagement for Social Inclusion). (n.d.) Perception Mapping. https://www.community-atlas.net/it/toolkit/perception-mapping.html

Dipartimento per le politiche di coesione. (n.d.). Strategia Nazionale Aree Interne - SNAI. https://politichecoesione.governo.it/it/strategie-tematiche-e-territoriali/strategie-territoriali/strategia-nazionale-aree-interne-snai/

Durham E., Baker H., Smith M., Moore E. & Morgan V. (2014). The BiodivERsA Stakeholder Engagement Handbook. BiodivERsA, Paris (108 pp). Tratto da Biodiversa+: https://www.biodiversa.eu/library/#1

Fioretti, M. (2022, giugno). 2026, il paese del futuro: se puoi immaginarlo puoi farlo. O forse no. https://www.orticalab.it/cortometraggio-deloitte-pnrr-futuro-aree-interne-borghi

Martinelli, L. (2022, 7 ottobre). I borghi devono tornare a essere paesi. https://www.essenziale.it/notizie/luca-martinelli/2022/10/07/i-borghi-devono-tornare-a-essere-paesi

Matera 2019 - Capitale della Cultura. (2022, 3 ottobre). Progetti selezionati / Euro-Mediterranean Co-Creation Residency Programme. https://www.matera-basilicata2019.it/it/news/2882-progetti-selezionati-euro-mediterranean-co-creation-residency-programme.html

Pagine Instagram.
Matera 2019. https://www.instagram.com/matera2019/
r.existenzminimum. https://www.instagram.com/r.existenzminimum/
volevosoloaprireunmuseo. https://www.instagram.com/volevosoloaprireunmuseo/reels/

Stefanello, V. (2023, 9 gennaio). Per fare la storia servono anche i filmati di famiglia. https://www.ilpost.it/2023/01/09/archivio-nazionale-film-famiglia-home-movies-bologna/

Vedoà, M. (2021, 15 giugno). Mappa aree interne Italia. https://commons.wikimedia.org/wiki/Image:Mappa_aree_interne_italia.jpg?uselang=it

[r]existenzminimum è un progetto vincitore del bando per residenze artistiche “Creative Communities — Euro-Mediterranean co-creation residency programme (In memory of David Sassoli)” promosso da Fondazione Matera-Basilicata 2019 e Open Design School.

Un progetto ideato e realizzato da Marco Piscopo, con il supporto di Gommalacca Teatro e ProLoco Forenza.

--

--

Marco Piscopo

Socio-system designer - His work is focused on participatory design and community-based processes, decolonization of imaginaries and narratives