L’anima nomade e la ricerca di un’identità

Margherita Pletti
7 min readJul 3, 2017

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Foto di Jenelle Ball su Unsplash

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Non so chi sono. Mi manca un senso di identità, non so dove sia casa. Mi sento persa.

Ho sentito queste parole uscire dalla mia bocca dopo un rituale con un intero villaggio temporaneo e uno sciamano. Ho investito tutti i miei risparmi per poter partecipare. Il fatto è che ho letto di questa cosa chiamata Spirito, e speravo di ottenerci una qualche connessione. Eccola qua, la mia connessione, sotto forma di richiesta da parte della mia saggezza interiore: devo ritrovare me stessa. Sto viaggiando senza vincoli e ogni volta che mi ritrovo in un bel posto sento la necessità di spostarmi di nuovo, perché mi manca sempre il senso di appartenenza. Non appartengo a nessun luogo e la cosa mi rende davvero irrequieta. Mi godo pienamente la mia vita da nomade, ma sentire quelle parole uscire da me è stato più reale e doloroso di quanto mi aspettassi.

Poco dopo averle pronunciate Robin, uno degli anziani del nostro villaggio temporaneo, è venuto da me con qualcosa da dirmi. Gli anziani sono cantastorie, i cantastorie sono una necessità, e ho davvero apprezzato che Robin avesse una storia per il mio caso specifico. Scegliendo con molta attenzione le parole, mi ha raccontato della sofferenza di un indiano pellerossa che sentiva la mancanza di un’identità. Un giorno quest’indiano ha deciso di iniziare a studiare le tradizioni dei suo antenati, ed è riuscito a trovare qualcuno che potesse insegnargli la lingua del suo popolo. Dopo un po’, il suo problema cominciò a svanire. Proprio così: mi sentivo assolutamente scollegata dalle mie radici, così scollegata che non le stavo proprio prendendo in considerazione. Vengo da un angolo di terra che attualmente rientra nei confini italiani, una terra che è stata attraversata continuamente da svariate popolazioni. Il mio aspetto, il mio atteggiamento e il cibo che preferisco sono piuttosto diversi da quelli tipici italiani. Pensavo che questo fosse il problema: gli italiani sono diversi da me, io sono qualcos’altro, ma che cosa sono? In realtà, l’essere italiano non significa molto, nè l’essere europeo significa molto; come gli alberi, nessuno condivide le stesse radici. Credo che la chiave stia nei propri antenati. Ho dovuto informarmi sui miei antenati per poter riacquistare un senso di identità. I miei genitori si sono dimostrati felici di aiutarmi e hanno risposto alle domande più scomode, scavando nella memoria della nostra famiglia.

Durante questo processo ho avuto la fortuna di incontrare Karen, una wonderwoman che mi è stata presentata dal leader del rituale sopracitato. La sua professione è aiutare le persone con mezzi stupefacenti e quel che posso dire è che ha arricchito il mio percorso con un flusso di magia. Non entro nei dettagli perché sono fatti privati, ma ci sono più info sul suo sito web ed è possibile prenotare una sessione (in inglese) con skype.

La mia ricerca è tutt’ora in corso ma dopo pochi mesi non mi sento più così sperduta, so chi sono e questa persona mi piace. Non sto dicendo che non sono più nomade, questo non cambierà: ancora non appartengo ad una posizione geografica, ma mi sento più solida sulle mie radici.

Per scoprire chi sono ho dovuto lasciare “il mio paese” e sperimentare diverse situazioni. I viaggi mi stanno avvicinando all’essere allegro e spontaneo che ero da piccola: i bambini sono così saggi, il loro approccio alla vita è del tutto naturale, si potrebbe quasi dire che la crescita sia un degrado. Sto abbracciando il mio bambino interiore e godendo di questo spazio sicuro creato dalle mie radici ritrovate. Passo le giornate a giocare, oziare e farmi nuovi amici. Non ho bisogno di essere più seria di un bambino, non rappresenterò la definizione di adulto di qualcun altro, stressandomi con obiettivi socialmente accettabili. Ma amo le regole. Mi piace stabilire regole e mi piace soprattutto trasgredirle.

Regola numero uno: giocare è la cosa più importante, anche se sei al verde.

Fonte sconosciuta, da the leo is all in the mind

E così ho deciso che giocare è la cosa più importante della vita, anche quando non posso comprarmi da mangiare. Ho intenzione di divertirmi, chi non apprezza la mia ricerca del divertimento non mi rivedrà in giro. Nessuna misericordia per i guastafeste.

Questa regola mi è stata insegnata dagli adolescenti che ho incontrato durante i miei viaggi, alcuni dei quali sono diventati i miei migliori amici: ricordo quando sono caduta in mezzo alla strada con la diciottenne Arielle mentre stavamo entrambe cercando di mettere un piede sulla spalla dell’altra. Dal pavimento mi sono resa conto che quella era una sensazione fantastica e che non mi ero più permessa di sperimentarla probabilmente da 10 anni. In quel momento avevo 27 anni, ora ne sto per fare 29. Grazie per i tuoi insegnamenti.

Regola numero due: posso rifornirmi di tutto quello di cui ho bisogno, e la prima cosa di cui ho bisogno sono altri esseri umani. La mia tecnica è di dimostrarmi aperta ai miei compari umani e offrire loro il mio aiuto, qualsiasi tipo di aiuto. In cambio mi aiuteranno in modi sorprendenti, gli esseri umani sono adorabili. Mi piace essere isolata, ma non rimango mai troppo tempo lontana da un altro essere umano: inizio a sentirmi sola e non posso contare sulla natura per sopravvivere. Sono troppo sentimentale per uccidere il mio cibo e conosco la storia di Alexander Supertramp abbastanza bene da non fidarmi della mia esperienza su ciò che è commestibile nel mondo delle piante.

Regola numero tre: il modo migliore per motivare le scelte è non lo so. È la ragione più ragionevole e la mia frase preferita di quando ero piccola. E comunque, ho sentito parlare di studi che dimostrano che INVENTIAMO il motivo dopo aver scelto d’istinto. Mentiamo a noi stessi perché dire “non lo so” ci sembra stupido, ma il nostro nudo intuito ci conosce meglio della razionalità, non ci sono dubbi.

Regola numero quattro: ogni ostacolo è benefico. Questa via è bloccata? Be’, forse è il momento di considerare quell’ altra direzione. Sei una persona molto impegnata e importante, non hai tempo da perdere dietro a lamentele e pensieri negativi, tuoi o altrui che siano.

Zhongjia Sun

Regola numero cinque: le persone sono uno specchio e le relazioni sono un ottimo sensore. Se sei scontroso sarai triste, se sei affettuoso sarai felice.

Regola numero sei: addestra il cane. Ignoralo quando fa qualcosa di grave. Se si comporta bene avrà tutto l’amore di cui ha bisogno, che è la migliore ricompensa di sempre. Mai colpevolizzarlo, mai usare metodi aggressivi. Con cane intendo la gente. Che è uno specchio.

Regola numero sette: non incaponirti in discussioni, ti farai solo ammalare. Ognuno vive in una dimensione diversa, non puoi vivere in nessun altro mondo che il tuo. Non puoi visitare il mondo del tuo migliore amico. Probabilmente sembra abbastanza simile al tuo ma è anche completamente diverso.

Regola numero otto: procurati qualcosa di interessante con cui vivere. Avevo l’abitudine di raccogliere piccoli oggetti bizzarri: le mie pelli di serpente e i miei gusci d’uovo di uccelli selvatici erano orgogliosamente esposti sopra il mio letto, insieme a qualche pezzo di ossa che ho trovato al cimitero e alcuni grossi molari, forse di maiale. E magari la piuma blu lucente di qualche gazza ladra. L’esposizione non è durata a lungo perché la mamma non amava questa collezione inquietante, ma io me la ricordo bene. La mia collezione ora è fatta di ricordi incredibili e talvolta inusuali, la maggior parte dei quali sarebbe stato impossibile raccoglierli se non fossi nomade. Questa collezione non può essere buttata via da nessun tipo di figura autoritaria.

Foto di Christal Yuen su Unsplash

Regola numero nove: il momento migliore è sempre adesso, ma si noti bene: non far niente è un’attività fondamentale. FOMO (Fear Of Missing Out, la paura di perdere occasioni) può levare le tende e andare.

Regola che non trasgredisco: non dimenticare mai che i confini sono artificiali. Sono stati gli uomini che a crearli, nient’altro, nessuna entità superiore. Le nazionalità non definiscono le identità: in una Romania rurale ho rivisto il villaggio dei racconti d’infanzia dei miei genitori, nella remota Alaska ho rivisto la piccola città dove sono cresciuta. Nei ricordi di altre persone ho riconosciuto la storia della mia famiglia. L’essere umano è molto più complesso di una nazionalità, siamo tutti piccole nazioni diverse da scoprire, e allo stesso tempo siamo uguali. Spero che viaggiare diventi sempre più facile in termini di visti e di logistica, e che gradualmente capiremo che le differenze sono tanto straordinarie quanto illusorie. Mi auguro che questo periodo sia l’inizio di questa nuova fase di libertà della storia umana, con tutte queste meravigliose anime nomadi che spuntano da tutte le parti… Sembra quasi un Movimento e forse, se stai leggendo, ne fai già parte anche tu.

Brian Vu

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