C’è qualcosa di femminista in Stranger Things 3

Meich
5 min readJul 13, 2019

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***Attenzione: spolier***

La prima cosa che mi ha fatto pensare che ci fosse qualcosa di femminista in Stranger Things 3 sono due scene di donne che parlano tra loro: sembra normale e infatti è femminista. Qualcuno avrà sentito parlare del Bechdel-Wallace test, un indicatore della presenza femminile attiva nei film inventato dalla fumettista Alison Bechdel nel 1985 (l’anno in cui è ambientato Stranger Things 3, coincidenze?), che discrimina i film sulla base della presenza o meno di una scena dove due donne parlano tra loro non di uomini. Solo la metà dei film supera il Bechdel-Wallace test.

Nella terza stagione di Stranger Things questa cosa di parlare tra donne accade quando, alla prima incomprensione con il fidanzatino Mike, El decide di chiedere consiglio a Max, l’unica altra ragazza del gruppo, che le dice “there is more than stupid boys” e la trascina al centro commerciale dove le insegna come scegliere i vestiti sulla base del proprio stile (Max dice a El “try things on until you find something that feels like you… Not Hopper, not Mike. You.”) e le fa conoscere i fumetti di Wonder Woman.

A quanti sostengono che una ragazzina che scopre lo shopping non sia un’immagine femminista non vorrei rispondere, ma se proprio dovessi direi che lo è comunque più di una ragazzina uscita da un laboratorio dopo anni di reclusione e con dei poteri magici che non sa usare (e comunque lo era). Ricordiamoci che la prima stagione di Stranger Things è la storia di un gruppo di amici nerd rigorosamente maschi — è la cultura pop anni Ottanta, bellezza — e che il personaggio di Eleven ricorda quei personaggi tipo Beverly in It di Stephen King: femminili solo per fare colore e perché funzionali alla storia d’amore.

La lotta di liberazione femminista di Max continua quando Mike (è il caso di dire “il povero Mike”) prova a suggerire al gruppo che El faccia una pausa dai suoi superpoteri perché abusarne potrebbe avere cattive conseguenze sulla sua salute (in effetti questa cosa che perde sangue dal naso non sembra un buon segno) e Max ripete (col supporto di Nancy) quanto El debba essere libera di agire liberamente e decidere per sé. L’affermazione della libertà di El contro Mike e soprattuto contro Hopper, il padre adottivo, è effettivamente un tema che attraversa tutta la serie. È un fatto che da quando è “libera” El vive chiusa in casa senza il permesso di uscire ed è un piacere vedere qualcuna che arrivi a liberarla. Diverse voci tra cui quella dell’attrice americana Evan Rachel Wood hanno fatto notare come la rappresentazione del personaggio di Hopper (teoricamente un personaggio positivo), che obbliga El e Mike a tenere la porta della cameretta aperta almeno 10 centimetri, torna la sera ubriaco e addirittura minaccia Mike per allontanarlo dalla figlia, sia eccessivamente violenta. Il problema di Hopper con l’aggressività è saltato talmente all’occhio, che qualcuno si è addirittura sentito di intervenire in sua difesa.

Ho pensato di nuovo che Stranger Things 3 fosse femminista quando Nancy, licenziata dal capo della redazione maschilista dove lavorava perché anziché portare il caffè aveva provato a indagare su alcuni strani avvenimenti, si confida con la mamma, un personaggio secondario e non particolarmente stimabile che però in questa stagione tira fuori un’inaspettata forza e la incoraggia a non mollare.

All’interno di questa storia c’è un’altra scena notevole quando, dopo che entrambi sono stati licenziati dalla redazione del giornale, Nancy e Jonathan, il fidanzato, litigano in macchina e lui la incolpa per quello che è successo e per aver avuto la presunzione di diventare reporter dopo pochi mesi di stage. Lei gli risponde che parla esattamente come gli stronzi della redazione del giornale e lui le dice che intanto loro sono quelli che gli hanno dato un lavoro e che il mondo fa schifo e di farsene una ragione come tutti. Nancy a quel punto lo guarda con le lacrime agli occhi (Natalia Dyer recita decisamente meglio di Charlie Heaton) e gli risponde “you don’t know what is like”. E in effetti, Jonathan, che al giornale sviluppa foto indisturbato nella camera oscura, non solo non viene umiliato regolarmente dai superiori come Nancy, ma non sembra mai neanche particolarmente indignato del trattamento che la fidanzata riceve quotidianamente.

Joyce, interpretata da Winona Ryder, in questa stagione sembra trovare una nuova fiducia in se stessa, soprattutto se paragonata alla sua terrorizzata ansia delle puntate precenti, che negli anni è diventata anche oggetto di numerosi meme. Anche con lei però Hopper ha un atteggiamento un po’ paternalistico quando le dice che la assumerebbe in polizia perché ha delle belle intuizioni. Ew.

In questa stagione il gruppo si allarga anche a due nuovi personaggi femminili (o forse dovrei dire tre?) in modo più convincente di quanto era stato fatto nella seconda stagione con l’inserimento abbastanza forzato di Max (che definirei incompresa dai suoi stessi creatori). Una è Erica, la sorellina minore (Priah Ferguson ha 12 anni) di Lucas, che è stata criticata in quanto rappresentazione dello stereotipo razzista della donna afroamericana, ma che è soprattutto molto brava e l’evoluzione del personaggio che da mocciosa si rivela una nerd genio della matematica le rende molta giustizia.

E poi c’è Robin, interpretata da Maya Hawke, figlia di Uma Thurman e Ethan Hawke, che per evadere dalla noia di un’estate in gelateria traduce un messaggio in russo in una giornata e alla fine rivela a Steve che quando erano al liceo non aveva una cotta per lui, bensì per la compagna Tammy Thompson che però non ha mai ricambiato il suo amore perché aveva occhi solo per lui. Non sappiamo se è un coming out (cioè se è la prima volta che ne parla a qualcuno), ma lo sembra.

A proposito di coming out, sapete chi altro potrebbe essere su quella strada? C’è una scena nella terza stagione in cui Mike si innervosisce perché Will ignora i loro problemi con le ragazze e insiste per giocare a Dungeons and Dragon. Mentre litigano per questo, senza pensarci, Mike gli dice “è colpa mia se non ti piacciono le ragazze?”. Entrambi hanno un attimo di esitazione e poi Mike si scusa. Nella terza stagione il personaggio di Will è l’unico dei quattro amici che sembra non essere ancora entrato nell’adolescenza, non è interessato alle relazioni e rimpiange le estati passate a giocare nel seminterrato. La frase di Mike potrebbe quindi essere interpretata in questo modo, ma sarebbe bello se gli fosse sfuggita perché, da amico, conosce Will e sa che le ragazze non gli piacciono e non gli piaceranno mai. Ovviamente su internet è pieno di congetture.

Insomma alla fine l’unica cosa anti femminista di questa stagione di Stranger Things è Hopper e infatti guardate che fine fa (lo so, ci sono congetture anche su questo).

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