Solidarietà digitale

Così la chiamano, giuro

Martina Testa
2 min readMar 9, 2020
Screenshot dal sito https://solidarietadigitale.agid.gov.it/#/ lunedì 9 marzo 2020.

Non ho capito perché nella giornata di oggi, stando a un sito istituzionale che ho visto segnalato, condiviso, elogiato da molti sui social network, un mese gratis di Amazon Prime Video è passato da essere una normalissima offerta promozionale a rappresentare un gesto di “solidarietà digitale” (https://solidarietadigitale.agid.gov.it/#/).

Piuttosto sarei curiosa di sapere quanti posti letto in terapia intensiva potrebbero finanziare i soldi che Amazon ancora non versa nelle casse dello Stato italiano (tanto per dire: https://quifinanza.it/fisco-tasse/amazon-perche-giganti-web-pagano-poche-tasse-in-italia/331633/).

Oltre a pretenderle giustamente dall’amministrazione statale e locale, i cittadini non potrebbero richiedere anche ad Amazon, a Google, ad Apple “misure concrete” per sostenere le piccole imprese e le partite iva danneggiate da questa emergenza?

Che so: per ogni acquisto di libro/album/ecc. fatto su Amazon, su GooglePlay Store, su Apple Store nel periodo dell’epidemia, queste aziende si impegnano a versare allo Stato italiano una percentuale del prezzo di copertina per costituire un fondo a supporto dei lavoratori del settore culturale.

In quale mondo questo sarebbe possibile? Non lo so, è che mi sembra un momento in cui è particolarmente lecito provare a immaginare un mondo diverso da quello attuale. Essendo il mondo attuale un mondo in cui non c’è stato l’inverno, in cui non ci si può più baciare e in cui le multinazionali usano un’epidemia per farsi pubblicità.

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