Perché i loghi del fashion stanno diventando tutti uguali?

Matteo Modica
3 min readDec 17, 2018

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L’avete forse visto anche voi: qualche giorno fa su BoingBoing è apparso un articolo dal titolo “Interesting logos are being replaced by boring ones”, che evidenzia, grafica alla mano, come i loghi del fashion stiano diventando tutti un po’ simili. Parliamo di redesign recenti che hanno sollevato non poche critiche: YvesSaintLaurent, Burberry, Balenciaga, Berluti, Balmain (tra l’altro quasi tutti con la B!). Ma potremmo aggiungerci anche Céline.

Che si assomiglino tutti è incontrovertibile. Però la tesi di BoingBoing è che dipenda da una mancanza d’immaginazione dei designer. Su questo non sono del tutto d’accordo, credo che ci siano diverse forze al lavoro.

I Millennial sono una generazione no-logo

I millennial, lo sappiamo, sono il mercato futuro e in parte anche presente del lusso. E i millennial hanno un rapporto particolare con loghi e brand: cresciuti in una sovrabbondanza di loghi, hanno sviluppato una sana resistenza alle pressioni del branding e preferiscono brand neutri e quasi invisibili, da poter personalizzare a loro piacimento. I loghi sono usati in modo ostentato solo in chiave ironica, mentre l’assenza del logo è un valore.

C’è una forte esigenza di modernità

Il lusso si aggiorna, come ogni altra industry, ma i suoi loghi spesso restano indietro per comprensibili ragioni di heritage e brand value. Però se riguardiamo i loghi di Burberry e YSL siamo tutti d’accordo sul fatto che trasmettano un’idea di lusso antico, aristocratico.

Il mercato è globale

Oggi i mercati del lusso sono globali: la Cina, in primis, ma anche l’India inizia a farsi largo. E i loghi delle case di moda tradiscono spesso un heritage fortemente europeo (Burberry era superbritish, YSL strafrancese). Per molto tempo abbiamo dato per scontato che questo fosse un vantaggio. Oggi però i mercati globali non hanno più soggezione verso i brand europei (pensiamo al caso recente di Dolce&Gabbana), quindi anche il lusso perde un po’ delle sue radici e diventa globale, quindi più neutro.

Il digital guida

Volete un logo che viaggi bene su mobile, si legga ad ogni risoluzione e non avete tempo o voglia di pensarlo responsive? Ecco, allora questi loghi sono perfetti.

Anche i brand del lusso vanno di fretta

Questo è un punto dolente. In un’economia veloce, nessuno ha più tempo. Quando Riccardo Tisci, direttore creativo di Burberry, ha chiesto una nuova identity al designer Peter Saville (che non è proprio l’ultimo arrivato), questo gli ha chiesto quattro mesi di tempo. Tisci gli ha dato quattro settimane. Non contento, ha anche postato scherzosamente lo scambio di email sul profilo Instagram di Burberry.

Questo forse è l’aspetto più triste della storia: se molte delle forze al lavoro sono strategiche, la compressione dei tempi concessi al branding è invece, a mio parere, miope. Crea loghi molto simili perché i designer, privati del tempo necessario, si affidano giustamente alla massima semplicità. Che però è la stessa per tutti.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul mio profilo Linkedin e sul blog di Sublimio.

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Matteo Modica

Italian designer and creative director, passionate about branding and communication. As Sublimio founder I help brands focus their identity and aim for more.