Road to Product Market Fit: la mia esperienza Growth in Fitprime ed il traguardo dei primi 1000 clienti

Cos’è il Product Market Fit? Come si raggiunge? Come capisci di esserci arrivato? Il mio caso studio completo e step-by-step per rispondere a queste grandi domande

Matteo Aliotta
20 min readMay 30, 2023

Eric Ries, l’autore di Lean Start-up lo spiega così: “The term product/market fit describes the moment when a startup finally finds a widespread set of customers that resonate with its product”
Mentre Marc Andreessen, tra i più importanti VC al mondo, sentenzia: “The only thing that matters is getting to product/market fit”.

Ci sono tanti modi per definire la questione, ma una cosa è certa: è la fase più importante e dove la stragrande maggioranza delle startup fallisce. Non per niente, viene chiamata la valle della morte ☠️

La valle della morte è la fase dove cadono la maggior parte delle startup. In pratica è la maratona per raggiungere il famigerato Market Fit. (Image credits: Gopi Para)

Trovare il PMF di un’azienda non è una ricetta sempre uguale a sé stessa, ma un percorso.
Non ti parlerò della solita storia celebre della Silicon Valley.
Si tratta di caso tutto italiano, che mi riguarda in prima persona.

Sui casi studio ho sentimenti contrastanti: sono il modo concreto di mostrare teoria e competenze, ma hanno anche generato i nuovi mostri del digital. I famosi “Clicca qui e scopri come ho fatto crescere questo e-commerce da 50k a 500k mese”. Un mix letale di semplificazione (romanzata) ed egocentrismo.

La verità è molto diversa: la crescita di un’azienda è lavoro di lungo periodo, fatto di fatica, tentativi, niente consulenti guru, il vero protagonista è l’imprenditore. In questo caso, i founder. I veri eroi sono loro.

Noi, al massimo, siamo degli agenti potenzianti del loro talento e sopratutto del loro coraggio e della loro tenacia.

Per Fitprime in particolare ho un certo affetto. Quando sono entrato ero già senior, ma è stata una grande palestra su tutto: ho lavorato su di un modello che inglobava App Marketing, B2C, B2B, SaaS, subscription model, referral… insomma per una figura come me, un parco giochi faticoso, ma incredibile.

Detto questo, apriamo le danze: il racconto di Fitprime e dei suoi primi 1000 utenti paganti, un piccolo miracolo su cui pochissimi avrebbero scommesso.

Cosa scoprirai in questo caso studio:

  • Cos’è Fitprime e le insidie nel go-to market di una startup early stage
  • UVP: priorità numero uno e la più sottovalutata
  • Il Growth Loop che ha creato la crescita esponenziale
  • User Experience e la scoperta dell’Aha Moment
  • Come abbiamo abbattuto ogni barriera d’ingresso
  • Mettere il boost: alcuni metodi (PR, offerte, automation)
  • Il Product Market Fit. Come ti accorgi di averlo raggiunto e cosa succede
  • Lezioni chiave da portarsi a casa e risorse utili

Cos’è Fitprime?

Fitprime è ad oggi la Piattaforma Wellbeing numero uno in Italia, ha più di 50 dipendenti, un EBITDA positivo e un fatturato che punta a 16 milioni nel 2023.

Ha fatto un miracoloso Series A in pieno Covid (immaginate al tempo un marketplace che vive di palestre) e grazie alla loro incredibile velocità di adattamento hanno creato una piattaforma di lezioni online in poche settimane.
Ha accordi con Accenture, Luxottica, Eni, KPMG, EY, Unilever, Boston Consulting, Tetrapak, L’Oreal… (la lista è lunghissima) e continua a crescere grazie ad una combinazione potentissima tra piattaforma di fitness e nutrizione online e l’accesso a 3000 (!) strutture fisiche in tutta Italia.

Ma riavvolgiamo il nastro: torniamo all’inizio

Conobbi i founder nel Febbraio 2017, la situazione era estremamente diversa: cinque ragazzi in una stanzetta, appena usciti dal programma di Accelerazione LUISS Enlabs di LVenture Group.
Ad essere proprio sinceri, non era la startup più sexy di quel batch, anzi. C’erano perplessità attorno a loro e quel modello di business così complesso.
Entrai in contatto con il CEO Matteo e dopo qualche riflessione, decise di ingaggiarmi per provare a dare una svolta alla crescita di Fitprime. Non senza rischio: all’epoca ero un perfetto sconosciuto e la modalità Fractional Executive era vista con diffidenza. Per fortuna di entrambi, la scommessa sarebbe stata quella giusta.

Le difficoltà di partenza

Andrò dritto al punto:

  1. Team di 5 persone, giovane e (all’epoca) con poca esperienza
  2. Modello di business molto complesso: Marketplace + SaaS, sia B2B che B2C e acquisizione via App (detta così suona come un casino, lo è stato)
  3. Mercato difficile e stra-affollato. Fitness. Aggiungo altro?
  4. Player pieni di soldi che erano appena entrati in Italia per prendersi il paese
  5. Avevamo massimo 3k di budget marketing mese. Sipario.

Gympass e gli altri avevano fatto round da decine di milioni per internazionalizzare dei business già validati, noi avevamo un seed da 300k. In pratica andavamo in guerra contro i carri armati, con una cerbottana.

Spolier: Ebbene sì, abbiamo vinto noi.

Da zero al Product Market Fit

Come ho già anticipato, la differenza vera, la fanno i Founder ed i loro incredibili talento, tenacia e capacità di adattamento ed evoluzione. Fitprime in questo ha dei fuoriclasse veri in tutti gli ambiti, strategico, tecnologico, commerciale…

Mentirei però, se dicessi che tutto ciò su cui ho lavorato nei primi due anni della startup non avesse fatto la differenza.

Proverò a sintetizzare qui, una serie di interventi che abbiamo realizzato e che hanno portato al Product Market Fit, che per noi è stato avere i primi mille clienti paganti. La soglia psicologica e la milestone considerata il primo grande passo nella storia di una startup ⛳️.

Partimmo dal B2C. Follia o vantaggio strategico?

Mi piace pensare che fummo dei piccoli Forrest Gump. Mentre dall’estero i nostri competitor venivano agguerriti sulla fetta più grande (e più profittevole) che sono le aziende ed il mondo B2B, noi come dei pazzi correvamo dietro al mercato di massa: volevamo aggredire il B2C andandoci a prendere gli utenti, uno per uno.

Ad oggi, carte alla mano, sembra pura follia, ma guardando indietro sembra chiaro: quello fu il nostro vantaggio competitivo.

Ebbene sì, raggiungere il PMF (d’ora in poi abbrevierò così Product Market Fit) puntando sull’utilizzatore finale, ci ha dato un grandissimo vantaggio sul prodotto, anche quando Fitprime ha fatto il suo Pivot verso il mondo delle aziende, passando al B2B.

Cosa intendo? Oggi diremmo Product Led Growth, (qui trovi un mio report dettagliato) cioè una strategia di go-to market prodotto centrica. Ma al tempo non lo sapevamo. Eppure mettemmo il prodotto al centro (nel nostro caso: l’App), che divenne catalizzatore dell’acquisizione, della retention e anche della viralità.

Le differenze di go-to market. I nostri competitor applicavano il classico Sales-Led Growth B2B, rivolgendosi esclusivamente ai decision maker dell’azienda. Lead generation e call dei commerciali. Fonte: Elena Verna

Questo rallentò sicuramente la monetizzazione nel breve, ma ci diede due importanti vantaggi competitivi al raggiungimento del PMF:

  1. Avevamo lavorato più di tutti sul prodotto e sulle necessità dell’utilizzatore finale
  2. Eravamo già conosciuti dentro le aziende, dal basso: quando i sales andarono a bussare alle porte, spesso c’era chi conosceva e apprezzava il servizio

La grande differenza tra Product-led Growth e Sales-Led Growth è proprio questa, il primo si rivolge all’utilizzatore finale, l’altro al decision maker. Sembra una differenza sottile ma è sostanziale. Qui ha cambiato tutto.

Ma ora passiamo al Growth. Vediamo le 8 cose su cui ho lavorato che hanno fatto la differenza per il raggiungimento del Product Market Fit

1. La più sottovalutata: una Unique Value Proposition a prova di bomba

Questo caso studio che riguarda la UVP l’ho portato ovunque in giro per l’Italia, tra speech ed Università. È così semplice e potente che fa capire il Growth anche ai non addetti ai lavori (lo trovi anche nel corso online di Growth Hacking di Learnn).

Oggi si chiamerebbe Language-Market Fit e riguarda l’importantissimo match di linguaggio (dunque di valori percepiti) che ci deve essere tra l’audience di un mercato e un prodotto.

Lo schema di Daphne Tideman che dimostra come il fit tra un mercato ed un prodotto lo si ottenga grazie ad un incontro di linguaggio e dunque intenzioni

Quella che può sembrare una questione di chiacchiere e poca pratica è in realtà il driver primario di acquisizione, specialmente per un prodotto innovativo in fase early stage.

Il nostro linguaggio non era semplice da trovare. Bisognava spiegare il sistema tramite il quale puoi entrare in molte palestre con un unico abbonamento; il tutto tramite app.

In più, non sapevamo CHI avrebbe voluto utilizzarlo. In pratica, non avevamo capito ancora chi fossero i nostri early adopters.

Avevo però un (piccolo) asset: c’erano già qualche decina di utenti paganti quando iniziai. Decisi subito di capire chi erano e perché utilizzassero Fitprime invece di andare in palestra come tutti.
Cosa feci:

  1. Andai dal Customer Care
    Dipartimento più sottovalutato di ogni azienda, che invece ha informazioni e know how che valgono ORO.
  2. Intervistai diversi utenti
    Quasi tutti, per pigrizia e velocità, partono con le survey. Lasciate stare i form: devi parlare con le persone! lo feci secondo i principi della Customer Development. Cruciale in fase discovery.
  3. Inviai alcune survey
    Solo dopo le interviste e con le idee più chiare (e meno piene di bias) inviai alcuni questionari per scalare su numeri più alti.

Vuoi sapere che tipo di domande ho fatto? Qui trovi alcune tra le mie preferite, posso dirti che sono quelle da cui ho estratto più valore, sull’esperienza di decine di business su cui sono intervenuto.

Bingo.
Capii chi erano gli utenti tipo, ma sopratutto: perché usavano Fitprime invece di fare una semplice iscrizione in palestra.

La scoperta fece la differenza totale nella nostra fase di business. Capimmo che l’utente Fitprime non era un appassionato di Fitness, né un pendolare. Tutt’altro. Era una persona che approcciava il fitness in maniera amatoriale e sopratutto: utilizzava Fitprime per il vantaggio di poter fare più attività.

Da quel giorno avevamo 2 armi potentissime: sapevamo a chi dovevamo rivolgerci, e con quale proposta di valore.

Questa cosa impattò pesantemente l’acquisizione, incominciammo ad avere un CAC sostenibile e un app install incominciò a costarci la metà.

Non vendevamo più abbonamenti in palestra, ma l’esperienza di provare più attività, con un unico abbonamento.

In questo mio framework ti mostro (secondo personale esperienza) gli obiettivi chiave di ogni stadio del business. Nella fase iniziale bisogna capire IL fattore cruciale: il matching tra Unique Value Proposition ed i relativi Early Adopters.

2. Essere Agnostici: validare tutto, velocemente

Non mi sono accontentato di scoprire quale fosse la chiave di linguaggio giusta per entrare sul mercato, così incominciai a domandarmi: se svolgere diverse attività di fitness è la nostra value proposition, qual è l’attività che attira gli utenti più degli altri? e soprattutto: ce n’è una?

Nelle interviste non emergevano particolari preferenze, e anche il dato quantitativo (per quanto ancora poco esteso) non mostrava propensioni. Decisi per tale motivo di validare attraverso dei test adv, in fase di acquisizione, alla ricerca di un dato di intento.

L’idea era quella di testare con paid adv la singola attività fitness (in maniera molto veloce, con foto stock) e di metterci una quantità di budget fino a sufficiente massa critica.

Decisi di dividere le attività fitness più rilevanti in 5 macro aree:
Sala Pesi, Piscina, Yoga & Pilates, Crossfit.

Anche qui, una bella sorpresa:

Proprio così, scoprimmo con un test che potevamo abbassare il CPI (Cost per Install dell’app) in maniera importante, puntando sulla suggestione della piscina

Ora avevamo una nuovo standard per fare advertising online, il costo per installazione dell’app era diventato finalmente sostenibile (passammo da 5–6€ CPI a scendere anche sotto l’Euro). Il mese successivo ottenemmo già questi risultati:

Un esempio di adv del dopo scoperta. L’esperimento impattò sia la mole di iscrizioni che le condivisioni e la viralità dell’annuncio stesso già dal mese successivo. Ora le persone capivano — e amavano — ciò che offrivamo.

Il nostro target, lo avevamo così stanato: erano persone comuni, non pendolari o fissati del fitness. Persone che avevano voglia di mettersi in forma con la flessibilità di scegliere più attività, con un solo abbonamento.

🏊‍♀️ Fun fact — Una lezione da imparare: guardando il dato quantitativo, l’utilizzo della piscina era ancora poco esteso. Se mi fossi basato solo sulle dashboard e sui numeri, non avrei fatto questo test di validazione (agnostico!) e dunque scoperto che le persone cliccavano compulsivamente sulle adv a tema piscina. La grande differenza tra valore percepito e valore di utilizzo!

Iniziammo così a crescere come le startup vere: superando il +5% a settimana (WoW o Week over Week che dir si voglia) ma la strada era ancora lunga..

3. Trovare il Growth Loop definitivo

L’acquisizione aveva ingranato alla grande, ma è facile crescere in quelle percentuali partendo da numeri piccoli… e non c’è niente di peggio di una startup che cresce in maniera lineare.

Cosa intendo? Andrew Chen l’ha chiamata la Paid Ads Addiction ed è particolarmente comune nelle startup (italiane): con la scusa di dover portare metriche di crescita in breve tempo agli investitori, invece di fare Growth (vero) preferiscono bruciare budget in paid ads (magari ingaggiando l’agenzia del “guru digital marketer del momento”). Si ritrovano così ad avere un business che senza adv è morto, e senza mai intervenire su organic growth, retention e sperimentazione. Spesso le riconoscete dal funding: continuano a fare un bridge dopo l’altro senza mai arrivare al Series A.

Ecco perché una startup dovrebbe fare Growth e non solo Performance:

Un’immagine di Daphne Tideman ci spiega in maniera semplice perché bisogna trovare anche soluzioni come i Growth Loops invece di utilizzare solo crescita lineare come i Funnel

Noi il nostro loop ce lo avevamo, lo dovevamo solo affinare affinché funzionasse dannatamente bene. Si basava su di un concetto semplice: hai il tuo codice personale che regala un 30% di sconto agli amici. Per ogni persona che lo usa, hai un mese di abbonamento gratis.

Il dettaglio del nostro schema di Growth Loop che portò anche fino al 30% degli abbonati mensili

Non tutti i business possono avere un Referral Loop così aggressivo, il nostro funzionava in maniera incredibile. Ci ritrovammo scene di ogni genere: persone che baravano, infiniti commenti sotto l’app store con persone che spammavano il loro codice personale, e persino utenti che avevano creato un blog apposito e un profilo Twitter per diffondere il loro codice 🤡.

Quando creiamo un Growth Loop Referral dobbiamo sempre ricordarci che l’utente dovrà fare uno sforzo che nella sua percezione dovrà essere ripagato in maniera esponenziale.

Più è alta la percezione, più sarà virale il Loop stesso. Nel nostro caso un mese di palestra era un premio ricchissimo e che a noi costava relativamente poco: è importante avere in controllo i dati e gli economics per capire se il gioco ti fa crescere ed è sostenibile o ti manda solo in bancarotta.

Fun fact: Qualche utente si fece persino un anno e oltre di fitness a scrocco. Detta così potrebbe sembrare in perdita: ma si guadagnano 12 e più abbonamenti per volta :)

4. Studiare il comportamento utente: la User Journey

Se c’è un motivo per il quale il Growth non è Digital Marketing (o “solo marketing fatto bene” direbbe qualcuno) è che il 99% di chi fa marketing tradizionale ignora lo studio della User Experience e lo “lascia” a chi fa prodotto.
Nel Growth è una fase cruciale, vi si trovano incredibili spunti di crescita. Perciò (facilitato dalla mia esperienza pregressa di consulente UX) decisi di mappare l’esperienza, alla ricerca di spunti e criticità.

Convocammo in sede diversi utenti basati sulle nostre personas di riferimento al fine di condurre alcuni workshop per trarre dalla loro esperienza più informazioni possibili.

💡 Anche qui, consiglio che mi sento di dare: meno analisi interne e più utenti veri. Ha più valore 1h di mappatura in presenza di un utente del vostro prodotto che 100 ore fatte in analisi interne tra membri del team. Bando alla pigrizia: invitateli nel vostro ufficio e date vita ad una serie di workshop!

Una delle tabelle di post-it generati dalle sessioni. Il valore incredibile generato dall’utente. Quante aziende conosci che fanno questo lavoro? Io poche.

Da quelle sessioni di altissimo valore compresi percezioni, impressioni e problematiche a cui non avevamo pensato, ma soprattutto capii meglio la fase di onboarding (la più cruciale). Fu mettere luce su alcune questioni che cambiarono tutto. Non sto esagerando.

5. La scoperta dell’Aha Moment

L’Aha Moment è quella fase centrale della prima esperienza prodotto, dove l’utente percepisce in prima persona il valore che avevi promesso.

È una fase che possiamo definire una vera e propria epifania che avvia la retention e trasforma gli estranei in ammiratori del tuo prodotto o servizio.

Lo schema della fase di onboarding di Fitprime. La mappatura mi aiutò ad individuare i diversi momenti dell’esperienza utente.

La nostra mappatura fece emergere il reale utilizzo da parte degli utenti e soprattutto la percezione dell’esperienza nei suoi passaggi chiave.

💡 Un fattore che fa la differenza è comprendere le fasi che in inglese chiamerebbero “Real life scenario”. Cioè qualcosa che non troverai su nessuna dashboard: cosa fa e soprattutto cosa pensa l’utente nella sfera esterna allo strumento digitale e dunque il tuo prodotto. I perché piuttosto dei come.

Noi capimmo che la fase chiave della psicologia del nostro utente riguardava una fase specifica: l’accesso in palestra.

Proprio così, dopo lo studio e le analisi, l’Aha Moment di Fitprime era diventato chiaro: il nostro era passare il tornello della palestra. Quel momento faceva dire all’utente: “Wow, funziona davvero, con quest’app mi fanno entrare in palestra, ora la potrò usare ovunque.”

Ebbene si, quando lanciamo un prodotto innovativo diamo per scontate troppe cose, la prima è di essere comprensibili (UVP!), la seconda è quella di avere la fiducia dei nostri utenti (adozione).

Nel caso di Fitprime prova a vederla da fuori, dal lato di un utente:

Una pubblicità online dice che installando l’app e pagando un abbonamento da 50€, potrò andare alla reception di 2000 palestre in giro per l’Italia e mostrando il cellulare mi faranno entrare.

Effettivamente suona un po’ strano. Richiede un atto di fede, nella speranza di non ricevere una sonora risata dalla segreteria del centro sportivo.

La verità è che alcuni pazzi (dicasi early adopters) si erano presi già questo rischio, ma pensare di andare a massa critica con questi presupposti era inverosimile.

Anche stavolta, come spesso accade nel Growth, una grossa limitazione diventò il nostro punto di forza. Ora ti spiego come.

6. Abbattere ogni barriera d’ingresso

Qui divenne difficile, perché quando conosci il tuo Aha Moment, beh allora devi mettere pesantemente mano alla tua modalità di acquisizione… e non solo.

La nostra Value Ladder (cioè la scala di valore di utilizzo del nostro servizio) era molto semplice, ma anche di grandissimo attrito. Due gradini: sconosciuto o utente pagante. In pratica la scala diceva: prima paghi e poi vedi il servizio.

Un utente aveva un solo (altissimo scalino): per provare o capire davvero il servizio dovevi iscriverti, pagare e farti l’abbonamento mensile.

Fino a quel momento avevamo provato ad incentivare con gli sconti, un buon miglioratore dell’attrito, ma non sufficiente. Avevo capito che l’Aha Moment era passare il tornello, ma come avremmo potuto incentivare al massimo questa fase?
A quel punto ci fu una piccola grande idea da testare che fece la differenza, e ancora una volta l’esperienza offline era stata di ispirazione:

Cosa fanno in fondo tutte le palestre dalla notte dei tempi? una lezione di prova gratuita.

Ecco cosa avremmo dovuto fare: provare a replicare quell’esperienza, però su 2000 palestre in tutto il paese 🤯

Effettivamente fu un po’ una follia, ma ancora una volta il team si è dimostrato coraggioso e anche rapido nell’esecuzione. Avremmo avviato il test.

Ecco come si presentava la nuova Value Ladder, cioè la scala di valore

Il nuovo modello: ora un nuovo utente poteva provare una giornata di fitness gratuito dopo aver installato l’app. Una Value Ladder molto più fluida e potente.

Questa modifica è stata a mio avviso una delle cose più importanti che potessimo fare.

Ha cambiato non solo la nostra idea di acquisizione e attivazione, ma anche tutto il paradigma del business.

Il nostro focus si era spostato dal vendere abbonamenti, a portare più persone possibile a fare una giornate di fitness gratuita.

Ora prova ad immaginare quanto possa essere più potente in fase di acquisizione e utilizzo del servizio, e quanto questo abbia portato praticamente a zero la barriera all’ingresso.

📊 Spunto metrics: gli economics reggevano, avevamo un buon rapporto CAC/LTV (Lo standard prevede di avere un lifetime value — costo di acquisizione di almeno 3 a 1) ma sopratutto il giusto payback period. Consiglio di monitorare questa metrica cruciale, cioè il tempo di rientro del costo di acquisizione, per avere una cassa in salute e poter prendere rischi controllati.

7. Automazioni e funnel

Non mi dilungherò troppo su questa fase, ma sappiamo che è un aspetto cruciale da gestire quando si ha un flusso di acquisizione costante. Lascio due spunti su tutti:

  • 🫰 Time to value: La tempistica è tutto ed è forse la parte più sottovalutata nel funnel marketing (vedasi Framework Psych). Provare a monetizzare nel momento a più alto valore percepito fa la differenza. Mettemmo lo sconto immediatamente dopo la giornata di prova. Ti è piaciuta la tua giornata di Fitness gratuita? Se ti abboni entro 48h entri col 30% di sconto. L’urgenza e la scarsità fanno il resto! :)
  • ♾️ Ripetere ciò che funziona: avevamo scoperto che l’offerta a fine mese funzionava per una questione psicologica. Non mi sono vergognato a mettere — ogni mese — lo sconto in scadenza. Mi son detto: finché funziona si ripete. Saranno i dati a capire quando il gioco è saturo. Durò più di un anno e mezzo 😇

8. Alcuni Turbo Boost: PR, Video Ads

Ci hai fatto caso? Fin qui non abbiamo ancora visto nessun trick di acquisizione. Quasi ogni caso studio si basa su spunti a breve termine, qui ne parliamo solo alla fine, a riprova che il Growth è questione di dati, prodotto, marketing e sperimentazione.

È inutile cercare in maniera ossessiva dei picchi o delle leve di acquisizione senza una solida struttura di base. Avete visto quanto è stata lunga la strada per trovare il fit in questioni cruciali e specifiche riguardo UX, early adopters, value proposition, crescita esponenziale e molto altro.

I Turbo Boost del Racecar Growth Framework presentano idee che ho applicato (molto prima che Lenny lo creasse) e ve ne suggerisce di nuove.

Creata la base è stato divertente provare a dare i boost nella maniera più efficace possibile, per fare double down, al fine di crescere più velocemente.

Tra le tantissime, ecco la top 3 delle cose che hanno funzionato meglio:

  • 📣 PR (ufficio stampa)
    La cara vecchia stampa sarà old school, ma per noi funzionò da Dio. Come bonus offre ottimi backlink SEO e autorità. Ha un solo difetto (un po’ come gli influencer) la veloce decadenza dopo il picco. Per questo creai un modo per allungarne l’efficacia nel tempo… Come? al prossimo punto:
  • 🚀 Pushing PR
    Ho inventato questo nome per descrivere la tecnica che ho usato: performance marketing sugli articoli che ci citavano. In particolare, un noto magazine lifestyle mise nell’articolo il link all’app store. Feci ads usando l’articolo e mettendo anche il pixel per il retargeting. Non è magia, ho usato questo tool. Ci portò app install costanti sotto i 50 cents per mesi e mesi.
  • 🎥 Video Ads
    Consiglio scontato che oggi vale poco, ma all’epoca investire sui video era una roba abbastanza all’avanguardia: il 90% delle ads erano semplici immagini. Oggi si tradurrebbe in una grande domanda: in quale canale o formato in ascesa posso investire? Troppe startup finiscono per fare sempre quello che fanno gli altri!

Product Market Fit: come ti accorgi di averlo raggiunto?

La domanda che si pongono in molti è: come capisco di aver trovato il PMF?

La più bella definizione che ho sentito è quella che riguarda il mito di Sisifo. Avviare una startup è come provare a spingere un masso sopra la montagna: qualcosa di innaturale e faticosissimo. Raggiungere il PMF è arrivare in cima alla montagna e scollinare: il masso incomincia a rotolare in discesa… ora non devi più spingerlo, ma talvolta rincorrerlo!

Il mito di Sisifo

Non c’è una regola ferrea per capire se hai raggiunto la cima, ma ti posso dire una serie di indizi inequivocabili:

  • Il business ha una larghissima fetta di crescita organica
  • La crescita (nonostante le possibili stagionalità) è costante e inesorabile
  • Le metriche di retention sono stabili e sopra i benchmark (qui qualche esempio)
  • CAC:LTV ottimali e con payback period scalabile
  • Gli utenti ti amano: i Power Users crescono di mese in mese
  • La domanda esplode oltre le tue capacità (nel nostro caso, un lunedì di primavera collassò letteralmente la piattaforma per i troppi accessi in palestra 🤯)

Cosa succede dopo

In Fitprime avevamo raggiunto tutti i punti di cui sopra… e proprio come ogni storia di startup la macchina iniziò a crescere esponenzialmente. Immagina che ci vollero ben 2 anni per arrivare ai primi mille utenti stabili paganti, e solo pochi mesi per farne oltre 6.000.

La famosa Startup Curve. Sembra uno stereotipo, ma è andata proprio così… un mare di tentativi fatti in maniera veloce, ponderata e implacabile.

Insomma la J curve è cosa vera, o almeno lo fu in questo caso. In larga parte lo scaling successivo ai milioni di fatturato è arrivato grazie al pivot B2B e tutto quello che ha comportato in termini di massa critica e revenue, assieme ad una capacità di adattamento pazzesco del team sotto Covid, nello scalare il business e nell’allargare l’offerta… ma io ero già altrove, e questa è un’altra storia.

🏆 Lezioni da portarsi a casa

Ebbene sì, anche se nel mondo startup non si può mai cantare vittoria, è stato epico partire da una stanzetta da sfavoriti della corsa, ed arrivare a raggiungere traguardi insperati, contro aziende più grandi, più ricche e più attrezzate.

Porterò sempre con me quell’esperienza sul campo (cosa che faccio ogni giorno con la mia firma di consulenza LTV) e sopratutto le lezioni che ho imparato e che spero possano tornare utili a chi vuole superare la fase più cruciale di una startup.

Ecco dunque i miei takeaway principali di questo viaggio mitico:

💼 Acquisizione:
In questa fase, invece di delegare all’agenzia del guru che vi lancia Facebook o Google ads, lavorate come pazzi nel trovare il match perfetto tra Unique Value Proposition ed Early Adopters. Non fate solo Performance Marketing ma dedicatevi alla sperimentazione dunque al Growth, quello vero.

⚙️ Prodotto: nel pre-PMF meglio lasciar perdere le roadmap lunghe. L’agilità batte la stabilità (qui uno specchietto). Nella mia esperienza ho preferito sempre CTO talentuosi (anche meno senior) e più spregiudicati, piuttosto che di grande esperienza ma anche grande rigidità. Il perfezionismo è nemico della crescita e soprattutto del testing.

👨‍💼 CEO: non ricordo di aver mai ricevuto un NO in Fitprime alla proposta di un esperimento. Nel tempo ho capito che i founder più timorosi sono quelli che non hanno davvero il polso su metriche e visione. Chi ha il controllo della situazione è anche aperto al rischio e la sperimentazione perché sa quello che fa.

👫 Team: sembra banale dirlo, ma ci sarà un motivo se chi investe in fase early stage lo fa in primis sui founder. Sono loro che ti garantiranno il successo. Quelli che fanno la differenza non avviano un semplice business: hanno una missione.

👥 Clienti: il qualitativo non è mai abbastanza. Molla per un attimo le dashboard e le ads: parla di continuo con gli utenti! Capire la loro mente deve diventare la tua ossessione.

🧠 I fractional executive funzionano! Non sarà facile trovare l’incastro perfetto sul mercato, ma la mia esperienza insegna che è meglio un senior fractional che un full-time che non sa da dove partire. La velocità è tutto. Ho avuto riprove anche su ottimi colleghi che hanno dato una grande mano a realtà come Unobravo e Young Platform con approcci interim o fractional che dir si voglia. Ho creato la mia azienda LTV anche per replicare questo approccio.

👽 Guarda fuori dalla tua industry. Salvo rari casi, in ambito innovazione avere un responsabile Growth o Marketing esterno al tuo mercato è un valore: è privo di bias, indaga e valida cose che avresti dato per scontato e ha un occhio nuovo sulle cose (Io non andavo in palestra dal 2007 😂). I nostri competitor puntarono solo su marketing manager fitness: il rischio di provare a risolvere problemi nuovi con approcci tradizionali.

🥷 L’arma segreta Growth? qualcuno con una buona dose tecnica e idee infinite.

Per me questo è stato il mantra per raggiungere il PMF: “Arriverò in ogni modo a conquistare il mercato, anche se questo vorrà dire provarne una nuova al giorno per i prossimi 10 anni”

Per fortuna, ne sono bastati “solo” due.

Grazie per aver letto fin qui!

Ma non è finita… ti ho preparato tutte le risorse per applicare step by step tutti i punti chiave che ti ho fatto vedere, eccoli per te:

🛠️ Risorse

Vuoi applicare questi passaggi sul tuo business? Ecco tutte le risorse per iniziare, tra framework, tool, libri e molto altro:

Per stavolta è proprio tutto!

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