#2 Solo il marketing crea la realtà

Michele Beffardo Ciliberti
3 min readApr 7, 2018

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Marketing Brunch: #500Parole alla settimana per chiacchierare di comunicazione, vendita, pubblicità.

Tutto quello che conosciamo, tutto quello che sappiamo, tutto quello di cui ci siamo fatti un’idea, non è la realtà.

La realtà semplicemente non esiste.

“Ma Michele, se cado dal quinto piano muoio, certo che esiste!”

“Insulso analfabeta, le realtà oggettiva esiste ma non può essere percepita in quanto tale. Ogni individuo ha la sua personale e parziale percezione della realtà. Sempre.”

Di fatti, cose e persone si ha solo un’opinione. Essa è data da:

1. Contesto sociale: fattori riconducibili all’esterno — dove sono, con chi sono, perché sono lì, etc;

2. Contesto individuale: fattori riconducibili alla persona — condizioni fisiche e mentali quali geni, corpo, salute, intelligenza, etc;

3. Contesto culturale: punto d’unione tra sociale e individuo insieme di comunicazioni, codici, feedback, conoscenze, tradizioni, etc acquisite nel tempo.

L’insieme di questi fattori condiziona l’esperienza associata a un dato fenomeno. Acquisisco così un’opinione, una conoscenza parziale di esso e conservo un ricordo altresì parziale, filtrato da traumi e nostalgie.

Questo processo è contemporaneamente:

- Fattore evolutivo: il mondo è composto da innumerevoli fenomeni, di cui abbiamo curiosità o che si presentano a noi. La percezione permette di “semplificare” la complessità della realtà tramite la creazione di“piccole idee” su ogni cosa con cui interagisco. “Mi sento più tranquillo nel sapere un po’ di tutto”.

- Fattore di zona confort: una volta appresa un’opzione, difficilmente si cambia tale idea, perché a nessuno piace mettersi in discussione. L’opinione diviene quindi un vincolo, difficilmente sradicabile.

Il punto focale è comprendere come questa “opinione” possa divenire essere funzionale al marketing, ovvero come un soggetto debba sfruttare questa caratteristica dell’individuo per proporre al meglio prodotti e servizi.

Esempio: negli anni ’50, le Marlboro erano proposte come sigarette per donne. Insuccesso. Nel 1954, Philip Morris decide di avvalersi del pubblicitario Leo Burnett per dar vita al “Marlboro Man”, cowboy seduttivo, selvaggio e rude.

La sigaretta doveva essere percepita dal nuovo target secondo tali caratteristiche.

Campagne Marlboro

Com’è andata lo sappiamo tutti.

I clienti non vogliono sapere chi è il migliore o la qualità o altra fuffa qualunquista.
A partire dall’opinione che si sono fatti dell’azienda, vogliono ottenere:

1. Soluzioni a problemi e desideri (consci o inconsci) — fumo perché vorrei essere come Marlboro Man;

2. Soluzioni secondo modalità (prezzo, garanzie, fiducia, risposta a obiezioni, etc) che il cliente ritiene opportune e che sono differenti rispetto a quelle dei competitor — “The filter doesn’t get between you and the flavor!”.

Le persone non hanno competenze, tempo e volontà di capire tutto ciò che riguarda quello di cui fruiscono.

Le persone vogliono farsi un’opinione di un prodotto/servizio e sceglierlo in base a quella opinione. Dopo difenderanno quella opinione o in casi estremi e rari diranno di essere stati ingannati, raramente di aver avuto torto nel farsi l’opinione maturata.

Come faccio a capire come creare, strutturare, comunicare, ottimizzare e vendere attraverso queste opinioni?

Ne parleremo nelle prossime puntate.

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