Chi sono i nemici della blockchain? Facebook, in primis

Non solo finanza, non solo bitcoin: la blockchain è una questione di libertà

Michele Travagli
5 min readSep 6, 2017

Facebook ti aiuta a connetterti e rimanere in contatto con le persone della tua vita.

La mission esplicita di Facebook è quella di connettere persone. La mission implicita è quella di dragare dati personali, applicare algoritmi e vendere quei dati a gente come me (qui rivelo uno dei miei mestieri).

In buona sostanza cosa accade? Che ogni dato che inseriamo su Facebook, al di là dei termini e condizioni di utilizzo che affermano un trasferimento di proprietà del dato verso il gigante di Menlo Park, entra nei server di Mark. Criptati o meno, quei dati sono accessibili a Facebook, e come dimostrato in passato, ai servizi di sicurezza USA o inglesi.

A questo aggiungiamo che Facebook possiede WhatsApp, che cripta i dati solo quando non sono backuppati in cloud (e comunque le chiavi le possiede Facebook) e Instagram, e nuovi dati, immagini geolocalizzate, percorsi. Senza contare che questi dati possono essere incrociati, usando diversi pivot (il nome utente, l’email, il numero di telefono).

Non solo, ma questa raccolta dati è a disposizione degli sviluppatori di app, che creano dei pool di utenti microprofilati e costruiscono imponenti campagne elettorali o di character assassination (dare un occhio qui per una analisi non complottista).

Dopo aver costruito questi pool di utenti, aggregati tra l’altro mediante gli algoritmi di Facebook che non si sa bene cosa aggreghino (dato che il codice è proprietario), entrano in gioco le società russe e cinesi che producono fake news, profilate ad hoc.

Ma cosa c’entra in tutto questo la blockchain?

Fate uno sforzo di immaginazione: immaginate un Facebook uguale identico a quello che abbiamo oggi, con le stesse dinamiche e la stessa interfaccia. Ma immaginate allo stesso tempo che tutti i dati immessi siano registrati su blockchain. Cosa accadrebbe? Ogni volta che pubblicate un aggiornamento di stato, una foto, un video, questi sarebbero criptati, e rivelati solo agli “amici” (gli unici destinatari autorizzati che, possedendola chiave privata, potrebbero effettivamente vedere i contenuti).

Il dato, salvato criptato e distribuito su blockchain, sarebbe irraggiungibile per chiunque non autorizzato. Sarebbero visibili a tutti i contenuti pubblici, restituendo quindi al controllo privacy la sua vera natura e non “visibile solo a me” e a Mark e al governo degli Stati Uniti.

Certo, per le entrate di Facebook, che si basano al 95% sulla raccolta pubblicitaria, sarebbe un disastro. Ma siamo certi che l’enorme capitalizzazione di mercato che ha Fb abbia un valore “reale”? (ammesso e non concesso che questa mia affermazione abbia un senso). In fondo è solo un sito web, ben fatto, chiaramente, ma solo un sito web.w

Il vero valore dei social network sono le persone che lo popolano, i dati con cui li alimentano: c’è un motivo per cui gli investitori tradizionali si buttano su ciò che ha traction, si veda il caso snapchat (anche lì sarebbe da aprire un capitolo: le storie di snapchat si cancellano per tutti o solo per gli utenti?).

Quando qualcosa è gratis, il prodotto sei tu.

Amazon forse ha capito prima e meglio degli altri che era importante basarsi sull’hardware e il mondo fisico: infatti è nel business dei libri, del commercio, dei server: una transizione verso un mondo digitale basato su blockchain sarebbe probabilmente affrontabile, da parte di Bezos.

Nei prossimi anni ne vedremo delle belle: se apparentemente il più grande nemico di blockchain è il mondo finanziario, in realtà credo che un fiero oppositore sarà davvero il gigante che controlla i dati di tutti (scegliete voi tra Facebook e i governi).

(Per un approfondimento su quanto importante possa diventare la blockchain nel mondo virtuale, date un occhio qui, una bella analisi di come il metaverso immaginato da Stephenson possa esistere solo con criteri di sicurezza e privacy messi in campo da questa tecnologia).

Tra l’altro i giganti del digitale sono stati il terminale di un mondo finanziario in bolla di liquidità: investimenti ad altissima redditività come questi sono nel portafoglio di molti hedge fund (la ricerca ossessiva del business scalabile da parte degli investitori restituisce questa visione: il modello startup, venture capital, exit è quanto di più finanziario esista, società che nascono con l’unico scopo di essere vendute per massimizzare gli investimenti).

C’è poi una idea, che al massimo, oggi, è una ipotesi di lavoro: è immaginabile che, visto che i nodi di blockchain devono essere remunerati, parte del valore di questo nuovo Facebook basato su blockchain possa andare a loro, ai miner di questa blockchain? Voglio dire, la capitalizzazione di mercato attuale di Fb è così grossa che questo scenario sarebbe ipotizzabile senza intaccare enormemente gli incentivi ad investire in prodotti di questo tipo. (Sarebbe il tipico caso di startup finanziabile tramite ICO: una emissione di valuta specifica da parte dell’impresa e l’acquisto di token da parte degli utenti/finanziatori. Nell’ICO il token può essere moneta o servizio o smart contract: proprio due giorni fa, tra l’altro, la Cina ha messo le ICO fuori legge, ovvio che anche qui ci sia del lavoro da fare).

Sicuramente gli scenari aperti da blockchain sono molteplici, ed è un tema politico, oltre che tecnologico: la protezione dei dati personali, affiancata da una solida battaglia per il software open source ci consentirebbe di riappropriarci di qualcosa che ci è stato tolto: il controllo sui nostri dati. E se la nostra identità, come diceva Hume, è la collazione delle nostre esperienze, ci sarebbe tanto da dire sul come i social si appropriano pienamente della nostra natura, e la rivendono, aggregata e calcolata, ai marketer.

A margine, se gli algoritmi che restituiscono dati e notizie sulle nostre bacheche fossero pubblici, potremmo saperne qualcosa in più sul fenomeno fake news e manipolazione della realtà, che russi, cinesi e Isis usano con grande e distruttiva abilità.

Si dice e si ripete che i nuovi business devono essere disruptive per essere realmente scalabili:

cosa c’è di più disruptive di far fuori Facebook dal mercato, consentendo agli utenti di ripristinare il controllo sui propri dati?

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Michele Travagli

Una prospettiva non tecnica sulle cose nuove. Blockchain, intelligenza artificiale e altre cose che cambieranno il mondo. Esperti, vi aspetto qui.