Poche cose da sapere su Roger Stone e il suo arresto

martino mazzonis
2 min readJan 25, 2019

Hanno arrestato #RogerStone, 34esima figura incriminata, rea confessa o condannata nelle indagini sulla campagna presidenziale 2016. Stone è il megalomane, presuntuoso, spiritoso, senza scrupoli consigliere infromale di Trump e il custode della eredità di Richard Nixon a Washington, come ama descriversi (ha tatuato Tricky Dick sulla schiena). Assieme a Bannon, Stone, è l’intelligente cinico della banda Trump (ma con meno furore ideologico), uno che ti racconta le cose come sono, tanto al grande pubblico non arriveranno o arriveranno in maniera diversa. Con Bannon si scambia molte email compromettenti.

Come molti personaggi della destra, non si fa problemi ad allearsi con le forze oscurantiste del Paese (gli evangelici) nonostante sia un libertino e peccatore — nel 1996 lasciò la campagna di Bob Dole dopo che suoi messaggi in siti di scambisti erano stati diffusi/sue foto al gay pride assieme a trans seminudi sono tra i primi risultati che troverete googlando.
Per anni Stone è socio e sodale storico della figura peggio messa in questa vicenda, Paul Manafort. Ha lavorato per Nixon, dove ha portato e imparato i trucchi sporchi del mestiere.

Ha lavorato per Reagan, ha contribuito all’introduzione dei soldi esterni alle campagne nella competizione elettorale (quelli che oggi si chiamano PAC e SuperPAC), ha fatto lobby pro gioco d’azzardo per Trump ed è uno di quelli che più spesso lo ha titillato con l’idea di candidarsi. Stone è, insomma, il massimo del consigliere pronto a qualsiasi cosa per farti vincere e pronto a dire che per vincere occorra fare qualsiasi cosa.

Cosa sappiamo del suo arresto? Che ha comunicato con quelli di wikileaks in materia di email della campagna Clinton trafugate e tenendo informata la campagna Trump (cosa su cui ha mentito, altro reato); che ha suggerito ad altri di mentire davanti alla commissione del Congresso che indaga su Russiagate; che dopo la diffusione delle email “gli è stato chiesto” (DA CHI è la domanda cruciale) di informarsi se fossero previste nuove diffusioni di materiale. Lo stesso Stone ha ammesso di aver comunicato con Guccifer2.0, figura (o nome collettivo) dietro la quale ci sono i russi.

Stone, come Manafort, rischia di finire i suoi giorni dentro. Oppure può trattare. Il testo dell’incriminazione è come sempre volutamente vago: Mueller non vuol sapere che cosa ha in mano, ma certo, più passano i giorni e più cose ha in mano. Non è detto che ci siano elementi che portano a Trump, ma per certo, la campagna dell’attuale presidente ha cooperato con entità russe o fuorilegge.

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martino mazzonis

Journalist&author, mainly US stuff+ Europe & Italy. Some food too. Father of a US citizen. Aikido&Sampdoria