Come dobbiamo parlare di Babbo Natale?

Monica Cainarca
3 min readDec 22, 2014

“Posso dire il suo nome? O mi devo censurare? Come fosse una parolaccia?”, chiedo a mia moglie.

“No, va bene. È come un personaggio. Come il canguro parlante del libro: il fatto che parla non lo rende reale e non vuol dire che i canguri veri parlino”.

Se vi state perdendo in queste metafore, mia moglie si riferisce a un libro illustrato che leggiamo alla nostra bambina e che racconta di un piccolo canguro che parte lasciando la mamma. È uno dei libri preferiti di mia figlia.

“Ho capito”, rispondo. “Ma niente regali da Babbo Natale, vero?”

Tutto questo è un po’ prematuro, davvero. Mia figlia ha solo un anno. Inciampa e storpia ancora le parole ed è affascinata dalle decorazioni sull’albero di Natale. Si diverte a indicare con il dito tutti i bambini e i ragazzi raffigurati nei biglietti natalizi che appendiamo intorno agli stipiti della porta. Siamo persone di una certa età. L’età in cui invii e ricevi biglietti natalizi che raffigurano bambini. L’età in cui stai allevando figli piccoli.

Ma la questione di Babbo Natale è una cosa nuova per noi. Né mia moglie né io ci ricordiamo di quando da piccoli ci rendemmo conto che Babbo Natale non era reale, ma eravamo turbati dal fatto di averci creduto in primo luogo. Un personaggio onnisciente che ti giudica esclusivamente in base alle tue buone azioni. Un personaggio onnipotente che può volare in cielo. Un personaggio che schiavizza persone più deboli costringendole a lavorare per creare cose per lui. Un personaggio che è una bugia.

A questo punto, qualcuno starà dicendo: “ah, sembra quasi di sentir parlare di Dio”. Ma non è Dio. E se questa è la vostra immagine di Dio, forse credete ancora a Babbo Natale.

La cosa divertente è quando parlo di Babbo Natale con conoscenti o colleghi di lavoro e ci dicono che stiamo allevando “quel tipo di bambini”. Quelli che nel gioco della pignatta la colpiscono troppo presto. Quelli che bucano i palloncini. Quelli che non hanno immaginazione.

Io invece sono arrivato a considerarlo un gioco che deve fermarsi. Quando salgo in macchina e allaccio il cinturino del sedile di mia figlia, lei sa che stiamo andando da qualche parte. Ma non ha ancora idea di quanto tempo ci vorrà o di dove stiamo per andare. Quando mi guarda e mi chiede da mangiare, ha davvero fame (almeno, nella maggior parte dei casi). Ma non chiede (ancora) dove prendiamo il cibo o quanto costa. Si fida di noi, è convinta che facciamo quello che è giusto per lei. E ogni tanto faremo anche dei pasticci, di sicuro. Solo non voglio che Babbo Natale sia uno di quei “pasticci” che dovremo spiegare più avanti. Preferisco che si fidi di me per aiutarla a distinguere la differenza tra divertimento e gioco di fantasia e vita vera, reale.

E quando le parlo di Natale, voglio parlarle di Gesù, e del valore del dono e del perdono, e non voglio che lo confonda con Babbo Natale.

Sì, abbiamo una decorazione tradizionale di Babbo Natale sul nostro albero. Sì, è nei libri che leggiamo a nostra figlia. Sì, diciamo anche noi “oh oh oh” e cantiamo le canzoni. Non censuriamo il nome di Babbo Natale. O la sua storia. Ma la chiamiamo per quella che è: solo una storia.

Josh Spilker è un copywriter di Nashville, TN. Il suo ultimo ebook è sul suo quartiere, Woodbine. Iscriviti alla sua newsletter e avrai uno sconto.

Se ti è piaciuto il post che hai appena letto, fai clic su “Recommend” qui sotto per segnalarlo anche ad altri. Per leggere altri post come questo, segui la collection “Human Parts” (in inglese). Ci trovi anche su Facebook e Twitter.

     ➤➤ Segui Medium Italia anche su Twitter | Facebook | RSS

--

--

Monica Cainarca

Translator, editor, dreamer • formerly translator and editor for Medium Italia