L’arte di saper gettare la spugna

Quando il culto della tenacia e della “resilienza” fa solo danni

Mondo in Frantumi
2 min readMar 19, 2023
Una ragazza vista di spalle cammina in un campo portando una valigia

Forse abbiamo perso la capacità di lasciar perdere.

Una volta, o almeno così mi sembra di ricordare, non era strano rendersi conto di aver preso una strada sbagliata, ammetterlo e tornare sui propri passi, oppure capire di star sprecando tempo in un obiettivo al di fuori delle proprie abilità e lasciar stare per dedicarsi ad altro.

Oggi invece, alzare la proverbiale bandiera bianca sembra essere diventata un’eresia, anzi, un peccato mortale: in Rete gli inviti a “non mollare mai” sono ormai la norma, così come le storie “ispirazionali” (un aggettivo che all’Accademia della Crusca piace poco), con punti bonus se il protagonista parte da una condizione di evidente svantaggio (povertà, famiglia in crisi, disabilità… degli altri novecentonovantanove che falliscono chissenefrega).

Contro ogni dato, ogni esperienza di vita e ogni logica, l’idea tossica che tutto sia realizzabile purché lo si voglia davvero e che nessun ostacolo sia mai insormontabile si fa sempre più strada nella mente delle persone, o almeno degli utenti di piattaforme social come LinkedIn, Instagram o Pinterest, dove le citazioni stucchevoli e i meme ritriti sono all’ordine del giorno.

Arrendersi mai, accontentarsi solo a malincuore e con la disapprovazione del guru di turno: questo il succo di quella che oggi ci viene spacciata come “crescita personale”.

Questa fede cieca nei nostri poteri e nel nostro libero arbitrio è però di dubbia scientificità, e soprattutto pericolosa: se perdiamo di vista la semplice realtà dei fatti, se dimentichiamo che ciascuno di noi ha i propri punti di forza e di debolezza, che non tutti possono fare di tutto, la delusione, il senso di inferiorità e la vergogna sono dietro l’angolo, a volte con esiti tragici.

Ma se le sue basi sono fragili e le sue conseguenze pericolose, perché questa mentalità continua a essere promossa a destra e a manca?

Trasformandomi per un momento in un mezzo complottista, direi che la ragione è una: in società come le nostre, dove il lavoro è minacciato da politiche (de)industriali ed economiche vecchie di anni, dove una AI messa in giro così come niente può mandarci in pensione, sono in tanti a preferire che chi rimane indietro, chi arranca, chi diventa uno “scarto” finisca con l’incolpare sé stesso, con l’autostima a zero, così che non si domandi come siamo arrivati a questo punto e non metta in discussione le regole del gioco.

Tuttavia, più la barra si alza, meno saranno coloro ancora in grado di saltare: e forse a un certo punto dovremo sederci tutti a un grande tavolo globale e decidere quale strada percorrere.

Magari ricominciando a coltivare la sottile arte di saper gettare la spugna.

Se vi va, ci vediamo anche sul blog Mondo in Frantumi :)

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