Quando tutte le scelte sono sbagliate

Un anno di guerra in Ucraina e i dilemmi irrisolvibili

Mondo in Frantumi
3 min readFeb 25, 2023
bandiera ucraina e colomba nel cielo del primo mattino

Un anno di guerra in Ucraina.

Una ricorrenza non certo da celebrare, ma alla quale siamo arrivati da poco, nostro malgrado.

Si potrebbero dire tante cose, e tante (troppe forse) sono state dette in questi giorni, così come negli ultimi dodici mesi.

La propaganda, la disinformazione, le minacce, gli interessi finanziari e geopolitici, gli scontri, gli errori, i proclami, le smentite, la corruzione, i dubbi, la mancanza di fiducia, la stanchezza, la paura…

Ma il dato oggettivo che conta è sotto gli occhi di tutti: migliaia di morti, migliaia di feriti anche gravissimi, milioni di rifugiati, città rase al suolo, e una crisi economica che continua a riverberarsi su tutto il Pianeta.

Cosa fare, continuano a chiedere, a chiedersi coloro che senza partito preso sentono tutto questo rumore nei nostri talk televisivi e sui social e vedono tutto questo orrore dai telegiornali e dalla Rete.

Di fronte alle notizie di nuove atrocità, di fronte alle foto di chi partito con il sorriso di chi si dà coraggio torna a casa in una bara o sfigurato, senza arti, o in una casa distrutta, c’è chi chiede di fermarsi, di accettare ciò che va accettato purché la mattanza finisca, purché altre vite siano risparmiate.

Ma c’è chi invece avverte che la resa è impossibile, che cedere soddisferà l’ego dell’aggressore soltanto per il tempo necessario a preparare un nuovo attacco lì o altrove, che continuare a combattare (e a sostenere chi combatte) è l’unico modo per arrivare a una pace duratura e per rendere davvero onore al sacrificio di chi ha già dato così tanto.

L’Ucraina chiede aiuto, mostra le ferite già inferte al suo volto e teme per la sua sopravvivenza.

L’Occidente tentenna, mostra l’aiuto già dato a fronte di tensioni sociali già alte, e teme la minaccia nucleare.

Chi invoca la pace qui e ora e chi la ritiene impossibile, chi ha bisogno e chi ha già offerto tanto: tutti hanno ragione.

Dove collocarsi da individui, da esseri umani, di fronte a soluzioni tutte giuste e sbagliate allo stesso tempo, in un Mondo dove la salvezza e il benessere di uno sembrano poter esistere soltanto a scapito della salvezza e del benessere dell’altro?

Girando in Rete, cerco link, confronto siti Internet (ce ne sono davvero tanti, dalla Croce Rossa, all’UNHCR, alle associazioni sul campo), alla fine scelgo con cura dove mandare il mio regalo di guerraversario.

Evito con cura la voce “Materiali a scopo militare”, ed ecco qui:

“Materiali per uso medico”

oppure

“Kit per l’igiene personale dei rifugiati”

Perfetto, invio.

Pochi euro renderanno la vita meno grama a una famiglia rimasta senza dimora, o magari salveranno la vita a un ferito.

I miei soldi non finiranno con l’acquisto di un proiettile che potrebbe uccidere un soldato russo, quasi sicuramente un povero diavolo pure lui.

Non sarò un assassino per procura.

Però… il dubbio atroce: e se senza quel proiettile in più per difendersi, a morire fosse invece un soldato ucraino?

Ho comunque aiutato e ho fatto bene, mi dico per sentirmi la coscienza più pulita.

Sì, ma bende o saponi non vincono le guerre.

Qualcuno morirà o soffrirà qualsiasi cosa faccia, qualsiasi cosa i potenti della Terra decidano - in Ucraina come in tanti altri teatri del Mondo.

E mi sento pure egoista, ad annoiarvi con queste disquisizioni mentre in giro ci sono cose molto più importanti e urgenti da leggere, scritte da chi è laggiù, da chi ne sa più di me.

Ma intanto il dilemma resta.

E non si risolve.

Non si risolve.

Non si risolve…

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