Freddie: l’app fatta con metodo — UX design case study

Officina 31
7 min readJan 17, 2019

Questo è il racconto di come la mia vita è “cambiata, capovolta, sottosopra sia finita” grazie ad un ottimo modus operandi.

Freddie: il metodo dietro l’idea di un’app

In un normale pomeriggio di fine agosto ho imparato una preziosa lezione per ogni UX/UI Designer.

“Segui il metodo.”

Stavo gironzolando su Spotify in cerca della canzone adatta al mood di quel momento (per la giusta atmosfera “I Want to Break Free” dei Queen è perfetta) quando ho avuto l’ispirazione:

Un’app dedicata per musicisti capace di riconoscere gli accordi di una canzone semplicemente ascoltando una canzone. Come la più famosa Shazam, ma capace di ricreare la partitura di un brano, nota per nota.

Un’idea banale? Funzionante? Trascendentale? Non saprei, lascio decidere a chi legge questo articolo, fatto sta che per me valeva la pena di realizzare quel progetto.

Nella mia mente sembrava un’idea interessante, soprattutto se implementata con altre funzioni. Non tanto per l’originalità in se, di cui magari non era il punto di forza, bensì come sfida per quanto riguardava l’intero progetto.

A noi designer piacciono le sfide.*suspense music

4D (Discover, Define, Develop, Deliver). Come sempre, la risposta è da qualche parte nei dettagli.

Avevo un’idea in mente ed una voglia incredibile di svilupparla, ma da dove cominciare?

Ragionandoci su ho pensato alle mie conoscenze del settore dei musicisti. E… erano quasi nulle. Quindi il rischio di creare un’app inutile aleggiava sempre più concreto.

“Un’app, per quanto può sembrare figa e bellissima, se non serve a nessuno non è una buona app.”

Aveva ragione, come sempre, se volevo realizzare qualcosa di funzionante allora c’era solo una cosa da fare: analisi.

Per questo avevo bisogno di analizzare il settore a cui volevo dedicare il mio progetto, per capire i bisogni dei musicisti e quanto questi venissero rispecchiati nella mia idea.

Ho chiesto aiuto e il sistema “double diamond” è accorso in soccorso.

Alfred è grande: non troverei i calzini senza di lui.

Fase 1: DISCOVER

Dovevo chiarirmi le idee e raccogliere quante più informazioni utili possibili, quindi ho realizzato un sondaggio da sottoporre a musicisti, componenti di band e coristi.

Ad essere sincera speravo che i risultati avvalorassero la mia tesi stile “Ecco visto? La mia idea è quella giusta!”. Lo ammetto, ero caldamente ottimista.

Ma così non è andata.

Man mano che i risultati del sondaggio arrivavano mostravano una realtà completamente differente da quella che mi aspettavo. Ovvero che ai musicisti non serviva la mia app così come la avevo pensata. Però registravano un altro dato estremamente importante: coloro che avevano partecipato al sondaggio esprimevano malcontento ed insoddisfazione generale per quanto riguardava la condivisione di file e comunicazioni interne.

Infatti per condividere registrazioni e partiture venivano usati principalmente social ed indirizzi mail, ma ciò comporta per loro alcuni svantaggi.

Questi dati avevano cambiato completamente il mio punto di vista e il mio approccio al progetto, ma avevo ancora molti dubbi da sciogliere.

Il passo successivo a questo punto è stato quasi scontato: dovevo intervistare i musicisti! E cosi mi sono ritrovata catapultata alla seconda fase, DEFINE.

Fase 2: DEFINE

Era tempo di definire ed affinare le idee. Il sondaggio online aveva completamente stravolto e cambiato il mio punto di vista, ma adesso dovevo capire meglio le esigenze del mio target.

Intervistali!

Ma cosa chiedere? Molti pensano che preparare un’intervista sia facile, una passeggiata. Beh si sbagliano. Quando intervisti qualcuno devi ricordarti tre regole d’oro, che spesso e volentieri ti salvano la vita:

1) Mantenere il controllo dell’intervista. Sei tu che fai le domande e devi essere capace di far si che la persona che intervisti non parta con infinite digressioni spazio-temporali, oppure che risponda sviando la domanda.

2) Mettere a proprio agio la persona che si sta intervistando, rompere il ghiaccio in poche parole. Sicuramente inizialmente ci potrà essere un fisiologico imbarazzo ed il modo migliore per farlo passare è iniziare con domande di circostanza per sciogliere la tensione. Ricordati che non è un’interrogatorio alla Law & Order.

3) Ascoltare senza sentire ciò che si vuole sentire per forza (Frase contorta lo so). Preparare le domande per un’intervista ti da la possibilità di definire in partenza le informazioni da raccogliere, ma questo non significa darle per scontate o forzare l’intervistato a rispondere ciò che si vuole. In parole povere è importante avere un atteggiamento neutro ed aperto.

“Se senti gli zoccoli pensi al cavallo, non alla zebra.” Ecco, se sei un UX designer prima di pensare al cavallo analizzi, raccogli i dati, ti rapporti con le impressioni degli utenti e alla fine capisci che probabilmente sarebbe meglio pensare ad una zebra. A quel punto, visto che sei pure un UI designer, farai la zebra con un color gradient.”

Svolgendo queste interviste sono riuscita a capire meglio le esigenze del target di riferimento per la mia app e quindi a definire meglio cosa fare per la fase successiva.

Fase 3: DEVELOP

A questo punto del mio percorso avevo molti meno dubbi. I risultati parlavano chiaro e non potevo fare altro che accettarli e seguirli nella realizzazione della mia idea “trasformata”.

Per questo ho suddiviso la terza fase in step intermedi seguendo rigorosamente il metodo.

Avevo l’idea, avevo i dati, adesso mi serviva tutto il resto. E sarò sincera, questa parte è stata in assoluto la più divertente.

La mia idea inizialmente si basava su una singola intuizione casuale e a questo punto invece stava prendendo forma. Elettrizzante.

Come ti senti oggi? Elettrica.

Spesso e volentieri si tende a sottovalutare questa parte. Richiede tempo e soldi, cosa che nella maggior parte dei casi il cliente non ci concede. Quindi non sempre per noi UX/UI designer si presenta l’occasione di affrontare al meglio ed approfonditamente ogni passaggio di questo metodo di analisi. Per questo ho deciso di dedicare molto tempo a questo aspetto della realizzazione.

Tassello dopo tassello la mia idea si era ormai trasformata in un progetto concreto.

Grazie al Benchmark, alle Personas e alla Customer Journey Map ho definito le funzionalità da proporre rispetto ai bisogni e alle esigenze dei futuri utilizzatori della mia app rispetto a trend e competitor. Passando poi per la Value proposition canvas, con cui sono riuscita a mantenere la rotta durante la determinazione dei flussi di funzionamento e la composizione della Brand Identity.

Say Hello to Freddie

Fase 4: This is my DELIVERY

La fase 4 era ormai alle porte.

Durante la realizzazione del progetto una delle funzionalità più interessanti trattata è stata la gestione delle tracce audio. Sia dal sondaggio che dalle interviste ho notato quanto fosse importante per gli utenti aver la possibilità di gestire al meglio i file audio. Soprattutto in modo più dinamico e preciso, rispetto a quanto offerto fino ad ora sul mercato (come ho potuto constatare dal Benchmark). Per cui ho deciso di far ruotare l’intero concept della mia app attorno a questa specifica necessità creando ed individuando flussi dedicati.

Al di là delle scelte stilistiche e la realizzazione tecnica in sé e per sé, vorrei che fosse chiara l’importanza che ha avuto il processo di analisi nel mio progetto.

Qual è la morale di questa storia?

La morale è: “Segui il metodo.”

Alla fine della fase 4 ho ottenuto un prodotto testabile, di cui andavo fiera. La mia app, Freddie, aveva ormai preso vita ed ero estremamente soddisfatta delle sue funzionalità.

Ma il punto è che sono arrivata a valutare e poi progettare questa funzionalità solo grazie al lavoro di analisi e raccolta dati svolto. Se così non fosse stato probabilmente non avrei mai individuato determinati bisogni o esigenze dei miei utenti. Probabilmente sarei andata avanti a disegnare un’app fighissima che si sarebbe rivelata completamente inutile!

E come sempre:

“La vita è un biscotto ma se piove si scioglie.”

Qui Désirée Ciofi, linea allo studio!

Articolo scritto da Désirée.

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