L’oca morta

Paolo Stradaioli
8 min readDec 31, 2021

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Una delle ultime cose che ho fatto nel 2020 è stata, come penso per molti, la cena di Capodanno. La mia versione è stata un tête-à-tête con uno dei miei migliori amici guardando Propaganda Live. Lui ha cucinato una cena molto buona, io dovevo tagliare solo delle verdure e mi sono quasi amputato una mano.

In ogni caso, mentre guardavamo appunto Propaganda Live, è passato il cartone di Zerocalcare dove laconicamente suggeriva alle persone di non aspettarsi che il 2021 avrebbe risolto tutti i loro problemi. Si tratta di cambiare un calendario, mica di esigere una patrimoniale, per dire. C’era poco da obiettare a un concetto tanto banale quanto ineluttabile, ma io, almeno io, pensavo davvero che una volta scavallato poi sarebbe andata, se non tutta in discesa, quantomeno in un falsopiano dove una buona pedalata avrebbe garantito un risultato più che dignitoso.

Venivo dai due anni più densi della mia vita, per certi versi anche più belli, che è uno di quegli aggettivi che non qualificano l’esperienza, ma ne danno una sintesi abbastanza accurata. Una volta la mia counselor mi aveva chiesto di sforzarmi a descrivere cosa significasse per me incontrare una cosa bella. Non ci sono riuscito. Mi stanno antipatiche le generalizzazioni e vedo specificità dovunque decida di guardare, quindi mi ero limitato a fare degli esempi: una frase in un libro, una scena in un film, un gol di Ilicic, le lentiggini di una ragazza.

Ecco, i due anni (l’anno e mezzo mal contato) prima della pandemia, per me sono stati come una frase in un libro, come la scena di un film, come un gol di Ilicic, come le lentiggini di una ragazza. Belli. Complessi, certo, molto più complessi di un aggettivo, ma fotografabili, sintetizzabile con una certa chiarezza. Tipo, i miei anni del liceo non sono facili da mettere in una scatola con una bella etichetta sopra. Me li continuo a portare a spasso e ogni tanto li uso alla buona, senza sapere bene se abbia ancora un senso quell'esperienza oppure no. Mi interessano meno? Forse, più che altro mi aiutano poco a capire chi sono, cosa voglio, cosa faccio, perché lo faccio, quelle menate lì.

I due anni (sempre l’anno e mezzo mal contato) prima della pandemia, invece, quelli sono molto più illuminanti. Quando cerco qualcosa, di solito, pesco sempre da lì, con il risultato di avere uno scheletro emotivo figlio di una densità, di una passione, di una vibrazione, che non è stata mai più replicabile in vita mia (sempre tenendo conto che si tratta di un altro anno e mezzo mal contato, quel “vita mia”. Come sono drammatico).

Quindi sì, alla fine del 2020 ero lì che tifavo per il 2021 come un ossesso (tifavo dentro di me, non avevo la sciarpa “Forza 2021!”, né cantavo per le strade “chi non salta 2020 è”. Ossesso, ma ancora attaccato alla realtà). Volevo, con tutto me stesso, di nuovo quelle sensazioni. Come accade spesso nello sport, ambito sociale dal quale attingo per circa il 50% delle metafore (il restante 50% lo prendo dai film dei supereroi), il 2021 ha giocato bene, ha avuto un po’ di difficoltà, ha regalato gioie che nessuno avrebbe mai immaginato e poi ha perso.

Non voglio andare troppo nello specifico, un po’ perché non ne ho l’attitudine e un po’ per evitare che l’ultima cosa che faccia nel 2021 sia cercare un ponte abbastanza alto dal quale fare bungee jumping senza corda, però ecco, mi viene in soccorso una metafora non mia che, sempre per quel discorso di sintesi, trovo perfetta.

Tutto quello che riporto è figlio di una memoria, la mia, che ha funzionato sempre molto male e che nell'ultimo anno ha regalato perle che Gin e Tonic, i pesci rossi che stanno in casa della mia ragazza, in confronto sono Aristotele e Platone. Narratore inaffidabile, ma non per scelta. In ogni caso; ero con amici e amiche di una vita e chiacchieravamo probabilmente della pandemia. A un certo punto io dico che mi sembra di stare in un enorme gioco dell’oca, senza sapere realmente come funzioni il gioco dell’oca, però boh, mi pareva un’immagine abbastanza fedele per raccontare la parabola dell’umanità negli ultimi due anni (anno e mezzo malcont…vabbè si è capito). Probabilmente quest’immagine non descrive una mazza, non ci ho mai giocato al Gioco dell’Oca, pensavo fosse estinto come Joe Johnson o Comunione e Liberazione (ho da poco scoperto che mi sbagliavo su entrambe le entità), e comunque il mio amico prende al volo l’immagine e ne fa qualcosa di concreto.

Sì, ma siamo finiti sull’Oca Morta

La mia fragorosa risata è dovuta principalmente al fatto che gli Animali Morti®, come alcuni e alcune sanno bene, mi fanno molto ridere. Più ci pensavo più mi veniva da ridere però, perché cercavo di immaginarmi nella mia testa il tabellone del gioco dell’oca (di nuovo, i miei riferimenti sono Trivial Pursuit, Monopoli, boh forse lo vedo più come Monopoli, ma che ne so) e a un certo punto una casella con un’oca morta. Non capivo a cosa servisse perché non avevo idea di che razza di gioco fosse il gioco dell’oca. Io mi immaginavo un tabellone ovale, dove l’inizio e la fine coincidono, e l’unico scopo del gioco è quello di ricominciare, una volta arrivati alla fine.

Non è vero niente. Avevo fatto tutto da solo. Il gioco dell’oca è così:

L’inizio e la fine sono lontanissimi; arrivati in fondo mica si ricomincia (che poi che senso avrebbe? Che cosa mi ero fumato quella sera?), tutt'altro; c’è il traguardo, sulla foto ci sta anche un barile che magari contiene del vino per festeggiare la vittoria. Finisce, finisce eccome. Il problema è la casella 58.

Nel tentativo di non sembrare più un macaco con la cultura generale di un inviato di Striscia la notizia, sono andato a cercare informazioni su questo maledetto gioco. Ho scoperto che l’Oca Morta esiste, ed è la casella 58 (che ovviamente si chiama la Morte o la Tomba, ma noi, per necessità narrative, continueremo a chiamarla l’Oca Morta). Riporto le specifiche della casella 58 secondo il sito lacontradadelloca.it (se c’è una cosa che non mi è mancata quest’anno è stato il tempo libero):

Casella 58: La Morte o La Tomba. Chi capita in questa casella paga il pegno convenuto ma non può proseguire e ritorna all'inizio del gioco. La casella 58 è senza dubbio la più negativa del gioco: nel momento in cui eravamo quasi giunti al traguardo ci obbliga ad abbandonare tutto e a ricominciare dal principio. Simbolo della fatalità, del destino avverso che ci colpisce nel momento più inaspettato, quando la felicità sembrava a portata di mano[ …]

Ora, non voglio dire che le mie scelte future dipenderanno dalle scelte editoriali del sito lacontradadelloca.it, tuttavia, ci sono abbastanza rimasto. Era esattamente l’immagine che cercavo.

Quello che doveva essere un anno meno denso dei precedenti, ma più incisivo almeno nella realizzazione professionale, è stato un continuo lancio di dadi con la somma che mi portava, sempre, sull’Oca Morta. Dico che è stato un lancio di dadi per rimanere nella metafora del gioco, ma in realtà la sorte c’entra relativamente e comunque molto poco. Ho fatto delle scelte, ho portato avanti delle scelte e non sono riuscito a esserne soddisfatto. Non ero abbastanza bravo, abbastanza esperto, abbastanza tranquillo, abbastanza preoccupato, le mie scelte mi riportavano, sempre, sulla casella di partenza. La cosa più frustrante dell’Oca Morta è che si riesce a vedere il barile con il vino in fondo al percorso. Aguzzando l’olfatto se ne cattura quasi l’odore. Si lanciano di nuovo i dadi, ci si riempie il petto di speranza, e si finisce, di nuovo, sull’Oca Morta.

Avrei potuto fare delle scelte diverse? Sì. Con il senno di poi avrei fatto delle scelte diverse? Sì. È abbastanza deprimente così o c’è bisogno di aggiungere altro? Ancora un pensiero, poi liber* tutt*.

Ho paura che i miei passaggi sull’Oca Morta non siano finiti. Fisso il tabellone del gioco e l’unica casella che vedo è quella nera (che tra l’altro non mi pare proprio a ridosso della fine, mi sembra poco oltre la metà, ma insomma, non voglio minare l’affidabilità di un sito come lacontradadelloca.it). Il 2021, contro ogni pronostico (mio) è passato e non ha cambiato una mazza. Bella scoperta del cazzo. E visto che l’immagine del loop temporale è stata tra le più abusate in questo squarcio pandemico, eccomi di nuovo, alle porte del 2022, a guardare il tabellone di un gioco da tavolo; a tifare, per non si sa bene cosa.

Alcune persone scelgono il compleanno, altre il Natale, altre l’inizio o la fine di un lavoro, di un percorso scolastico, di una relazione, di una vita. A me il Capodanno piace abbastanza per questo tipo di valutazioni. Non voglio più finire sull’Oca Morta e allo stesso tempo so che ci finirò di nuovo. Non voglio più fare scelte che poi rimpiangerò e anche in questo caso non vedo come sia possibile (trovo una tale ipocrisia nel non rimpiangere niente di niente delle proprie vite, ma magari è un problema mio). Vedo il barile e stavolta lo vedo più nitidamente rispetto a un anno fa, quindi forse è ancora peggio. Però lo vedo cazzo, lo vedo, finirò di nuovo sull’Oca Morta, il mondo continua a finirci ormai un giorno sì e un giorno no, certo che ci finirò di nuovo pure io.

In fin dei conti, forse avevo un po’ di ragione: temo sia esattamente come il gioco dell’oca.

E quindi? Eh, boh. L’Oca Morta è inevitabile e non voglio dire che sia importante che sia inevitabile per la propria crescita, non scherziamo. Invidio brutalmente tutte quelle persone che sono riuscite a rimuoverla dai loro tabelloni. Però c’è, per me c’è, probabilmente non solo per me. Nell'anno più brutto della mia vita (mi si conceda, per l’ultima volta, questa orripilante necessità di sintetizzare la realtà), forse questa è una delle poche cose alle quali ha senso aggrapparsi.

Perché in effetti c’è da dire che magari non sarò solo. Magari altre persone ci finiranno con me sull’Oca Morta, mi aiuteranno a riprendere i dadi e riprovarci, io dovrò aiutarle a mia volta, magari altre persone ci finiranno su altri tabelloni con altri barili luccicanti all'orizzonte pieni della roba che piace a loro. Magari ci arriveremo a quei barili, magari no, è tutto un “forse” e un “magari”, è sfibrante questa cosa, siamo saturi di “forse” e “magari”. Però appunto, magari continueremo a usare il plurale, che mi pare già più di qualcosa.

I giochi da tavolo, dopotutto, non sono pensati per una sola persona.

Buon anno, buone cose vive, ma soprattutto buone cose morte.

-P

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