I segni e le parole

peppe liberti
3 min readJun 25, 2015

Più per meno diviso” non è un librino di matematica e neanche di storia, che a scrivere davvero di storia bisognerebbe usare ben altro metodo. È un racconto lungo (o quattro brevi se vi pare) che serve a incuriosire e, spero, a passare qualche minuto in pace col mondo (s’accompagna bene a una birretta, secondo me). Dentro ci son tanti fili che andrebbero tirati ma ci vuole del tempo e quello, lo sapete, non si trova mai. Uno tra questi serve a svolgere l’intreccio tra i nuovi segni e gli strumenti della diffusione della conoscenza. Il segno non è neutro, non evoca soltanto ma si piega alle esigenze della tecnica, una storia più puntuale andrebbe scritta. Fateci caso: tutta la vicenda si snoda tra la metà del ‘400 e la fine del ‘600, dall'invenzione della stampa a caratteri mobili all'apparizione delle prime riviste di scienza, ma anche dalla riscoperta dell’algebra in Europa (l’arte della cosa) — per merito prima del povero Nicolas Chuquet e poi del Regiomontano e di Pacioli — alla scoperta, se così si può dire, del calcolo infinitesimale da parte di Leibnitz e Newton, polemiche a parte.

Le date, gli eventi, dicon molto. Gli algebristi nel ‘400 annaspano ancora con le parole e chi ha bisogno di non perder tempo sono i mercanti, quelli che danno alle stampe i primi libri di matematica (a Treviso, nel 1478, sono i primi). Il primo abbecedario per matematici è del 1557 (The Whetstone of Witte di Robert Recorde) e non è mica un caso. Il 1557 è l’anno in cui “Bloody Mary”, intesa come Maria I Tudor e non come cocktail, riconosce legalmente la Stationers’ Company, la corporazione degli scrittori e dei librai che regola la produzione e lo scambio dei testi, prima manoscritti e ora a stampa. Tutto complotta perché si pubblichi ma i filosofi naturali hanno un problema, non li legge nessuno, non creano profitto. Si devono organizzare e lo faranno un secolo dopo, sempre in Inghilterra, fondando l’Invisible College (roba dei due Robert, Boyle e Hook) e poi la Royal Society. È proprio a metà del ‘600 che i segni vengon tutti definiti, non è un caso neanche questo. Le fondamentali opere di Harriot (Artes analyticae Praxis) e Wallis (Mathesis universalis) sono, rispettivamente, del 1631 e del 1657 ma la seconda metà del ‘600 è anche il periodo in cui appaiono i primi periodici scientifici. Nel 1666 Henry Oldenburg, il primo segretario della Royal Society, ispirandosi a Le Journal des Sçavans del parigino Denis de Sallo, fonda le Philosophical Transactions, quello che si può considerare il primo registro pubblico di contributi originali alla conoscenza. Leibnitz, che nella corrispondenza mostra indecisione, i segni li impone nei libri e nei suoi articoli. Ora la diffusione delle informazioni si fa spedita, non si può perder tempo in retorica o geroglifici.

frammento de “Larte de labbacho” (Aritmetica di Treviso, 1478)

In Italia è il solito disastro. Mentre Bloody Mary supervisiona “l’arte e il mistero della stampa”, la Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione sotto Paolo IV istituisce l’Indice dei libri proibiti. Malgrado con l’indice Tridentino del 1564 (e poi con quello Clementino del 1596) si passi ad uno spirito e a norme più tolleranti, i testi scientifici e medici subiscono una forte censura. Tutto ciò che si allontana dall'interpretazione aristotelico-scolastica della natura viene considerato pericoloso, contro le Scritture e quindi eretico. Non solo vanno controllate le opere letterarie e scientifiche ma è persino vietata la traduzione in volgare dei testi sacri, che non possono quindi essere letti senza l’intermediazione della Chiesa. Nel 1616, viene messo al bando tutto ciò che parla di “de mobilitate terrae et de immobilitate solis” e quindi anche l’opera di Copernico che circolava liberamente da più di sessant’anni e nel 1633 si celebra il processo a Galileo. I segni ora son quelli della fede non della matematica. Alcuni s’assomigliano ma è solo un caso. Più o meno.

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