La poliziotta di Genova e lo Stato che impara ad “ascoltare”

Pierluigi De Rosa
3 min readJan 30, 2016

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Lungomare Canepa, Genova, gennaio 2016. La scena è quella di sempre, operai da una parte, Polizia dall’altra, tensione che cresce nell’aria di un gennaio troppo caldo. Il copione prevede in questi casi un epilogo fin troppo noto, uno scambio di colpi tra manifestanti e poliziotti, cariche e lanci di oggetti, insulti e spintoni, botte, lividi e qualche volta anche sangue. Non sappiamo come è andata veramente, le ragioni degli uni e degli altri. Limitiamoci a una analisi comunicativa, che per qualcuno — inevitabilmente — sarà superficiale.

Ma la foto ANSA che cattura la stretta di mano tra Maria Teresa Canessa,vice Questore aggiunto di Genova, e un manifestante, è da sola un piccolo saggio di comunicazione pubblica. Istituzioni e cittadini che rompono quel “paradigma bipolare” di cui Massimo Severo Giannini parlava nel 1950, “due poli, separati, né convergenti, né contrattanti, ma in contrapposizione, a causa della superiorità di uno sull’altro”[1]. L’autorità da una parte, il cittadino dall’altro, il sovrano e il suddito. Il gesto della poliziotta è un piccolo segnale che forse quel mondo è tramontato. Qualcuno dice che è stato rotto il protocollo, che si cercava l’applauso, alla stregua dei tanti che cavalcano l’onda del populismo o i like sui social network. Non sappiamo e non giudichiamo. E’ verissimo, potrebbe dire qualcun altro, che strette di mano a parte, i rapporti tra cittadino e PA non siano ancora così lontani da quel modello di suddito-sovrano: l’ultima indagine Eurispes evidenzia come la fiducia nel settore pubblico sia di poco superiore dal 22%, sebbene il consenso verso le forze dell’ordine sia molto più elevato. Un trend fotografato qualche settiimana fa anche dal Rapporto Demos di Repubblica[2]. Ma la foto parla da sé.

Sguardi e mani che si incrociano. Ci sono almeno tre elementi nella foto che esprimono bene questo percorso, ancora accidentato, di avvicinamento. Da un lato, l’incrocio degli sguardi che sembrano costruire un ponte tra i due personaggi. Dall’altro, la stretta di mano: una mano vigorosa, quella del manifestante, che si apre per accogliere l’altra mano. E infine, la diagonale che attraversa il quadro. A un capo, gli scudi ancora alzati, la guardia non ancora abbassata; all’altro, lo sguardo contratto di un altro manifestante, che osserva la scena quasi trattenendo il suo moto, un misto di diffidenza e di rabbia.

@Bhumi Joshi

Imparare ad ascoltare. L’episodio ci regala un’ultima suggestione: l’importanza di un ascolto, da parte delle istituzioni, che non sia solo un riflesso di questa o quella norma, ma sia un ascolto strutturato e attivo, in grado di adattare l’azione amministrativa allo specifico contesto operativo. La capacità, in altre parole, di riuscire a calibrare la propria attività istituzionale in funzione dei destinatari e delle situazioni, che può portare anche, come è accaduto, a togliersi il casco, materialmente o anche solo metaforicamente. E’ questa del resto la difficile missione dell’operatore pubblico. “Ma come, ma io che c’entro? E mica è colpa mia se c’è la crisi?” Sento dire da alcuni nelle aule di formazione, quando si chiede al dipendente di fare il primo passo, di sopportare e supportare, di cercare di comprendere il punto di vista dell’utente, di riuscire a “incassare” offese, insinuazioni o provocazioni. Non è facile ma è questo il dovere dell’operatore pubblico, comprendere e spiegare. Non è un caso che, come alcune amministrazioni in Italia, la polizia US — non esente da problemi di legittimazione — vada a scuola di “empatia”, per apprendere un unico fondamentale concetto: che neutralità, coerenza, trasparenza, rispetto, ascolto, in una parola professionalità, sono gli unici antidoti alla crisi di fiducia nella PA.

[1] M.S. Giannini, Lezioni di diritto amministrativo, Milano, 1950, 71, cit. in S. Cassese, L’arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato, in Riv.trim.dir.pubb., 2001, 602.

[2] http://www.repubblica.it/politica/2015/12/31/news/piu_amato_e_odiato_l_italia_del_2016_e_il_paese_di_matteo-130401227/

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