Diario fotografico di un viaggio in Cina.
11 giorni, 1 fidanzata, 2 amici, 1 fotocamera, 3 voli, 2 treni, 22.000 chilometri e sì, pure qualche Mastercard.
Foto, lettering e racconto di Piero Galastri..
Tutte le foto sono state scattate con una Sony RX100, il lettering è stato eseguito con una Pilot Parallel Pen 6mm.
Io ed i miei compagni di viaggio — Danila, Luca e Linda — siamo partiti dall'aeroporto di Malpensa per arrivare a Shanghai la notte tra il 27 e il 28 Dicembre 2013. Dopo uno scalo all’aeroporto di Sheremetyevo (Mosca) e diverse ore di volo, siamo arrivati riposati e coccolati, grazie ad una compagnia di bandiera invidiabile da qualsiasi nazione — sto ovviamente parlando di Aeroflot e sono ovviamente ironico. La foto in apertura, è la vista dalla nostra stanza, al 27° piano del nostro primo alloggio — abbiamo scelto un hotel umile, come si può notare — ed è forse proprio l’altitudine dalla quale è stata scattata, che non permette di capire quanto l’altezza media dei palazzi a Shanghai sia astronomica.
La prima mattina decidiamo di camminare verso la zona di Pudong — la Manhattan di Shanghai — dove si trova l’iconico grattacielo a forma di cavatappi. Subito abbiamo un assaggio dei contrasti che poi troveremo durante tutta la nostra permanenza cinese. Piccoli vicoli, stretti tra moderni grattacieli, in cui gente che mangia o prepara da mangiare per strada ad ogni ora.
A sinistra la Shanghai Tower, ovvero quello che sarà il secondo grattacielo più alto al mondo (637 metri). In alto lo Shanghai World Financial Center; è ancora per poco il grattacielo più alto di Shanghai, ma di sicuro rimarrà il cavatappi più alto del mondo (492 metri). Qui sotto invece potete scorgere la Jin Mao Tower: è praticamente l’Empire State Building cinese ed è il 13° palazzo più alto al mondo (421 metri).
Dopo la visita al grattacielo, ci siamo concessi il primo vero pasto cinese in un ristorante di una catena molto bella, ma anche molto economica, che si chiama Din Tai Fung. Sì, quella cosa nera è una bilancia e ogni di quei pezzettini diventerà uno xiaolongbao: deliziosi ravioli di carne al vapore, ripieni — sì, ripieni! — di un brodetto fantasmagorico. Prossima destinazione: Yu Garden.
Yu Garden
Un vecchio giardino privato appartenente alle dinastie nobili cinesi, ora aperto al pubblico. L’area che circonda il giardino è un mix di negozi commerciali e architettura tradizionale. Mi è piaciuto perché, sebbene fosse un’area chiaramente turistica, si è comunque circondati da un’estetica alla quale non si è di certo abituati.
I ponti dello Yu Garden sono tutti a “zig zag”. Questo per evitare che i demoni possano attraversarli, dato che i demoni — ovviamente — deambulano solo in linea retta.
All'uscita dello Yu Garden siamo andati alla ricerca di un posto accogliente dove fare pausa e bere una tazza di tè, invece ci siamo ritrovati davanti all'ennesima muraglia cinese (di vaporiere, per cucinare i ravioli).
Il 90% dei nostri spostamenti nelle città è stato effettuato in taxi. Non perché siamo degli snob ricconi, è che i taxi in Cina costano pochissimo e, per lo stesso motivo, trovare un taxi libero è un’impresa ardua, soprattutto a capodanno (con calma ci arriveremo). Non esiste nessun numero di telefono per prenotarli, si devono prendere per forza “al volo”.
E se volete ammirare lo skyline di Shanghai, aspettate il buio ed affacciatevi alla sponda opposta del fiume Huangpu
29 dicembre
Il giorno successivo ci siamo svegliati presto. La missione della giornata: trovare la stazione dei treni, prendere un bullet train e partire per una gita verso Hangzhou, una città universitaria con un lago enorme e una miriade di templi buddhisti sparpagliati fra le colline circostanti. Lì ci aspetta una cara amica di Linda. Io sto già pensando a cosa mangiare, gli altri miei compagni nel frattempo si godono il viaggio.
Arrivati a Hangzhou, abbiamo raggiunto Yangke — che non è un’altra città, bensì il nome dell’amica di Linda — che ci ha subito accompagnato ad ammirare parte dell’immenso West Lake.
Dopo che Linda ha smesso di litigare con l’uomo di cui sopra — voleva venderci la gita sul lago a prezzi da occidentali, ‘sto babbeo—abbiamo concordato che fosse meglio rilassare gli animi ed andare a visitare uno dei tanti siti di monasteri buddhisti sparpagliati tra le colline attorno al lago.
Dunque, dopo aver ammirato il lago ed esserci rifocillati al ristorante, Yangke decide di accompagnarci a 上天竺 ovvero Shang Tian Xhu, il tempio buddhista dove lei si reca abitualmente a pregare. Prendiamo un taxi e dopo circa mezz'ora di viaggio arriviamo al luogo di culto. All'interno del cortile, esistono vari edifici in cui poter pregare. Quello di Yangke, in particolare, è per sole donne. Io non sono credente, ma è davvero difficile non restare impressionati dalla spiritualità del posto.
È tempo di congedarci da Hangzou, salutare Yangke e tornare a Shanghai. Prima di tornare in albergo, ci fermiamo alla stazione per comprare i biglietti del treno: l’indomani si parte per Pechino.
30 dicembre
La mattina dopo il nostro arrivo all'albergo di Pechino, decidiamo di prenotare e di partire subito con tour giornaliero per visitare la Grande Muraglia. Troviamo uno dei tanti che ci vende un pacchetto completo trasporto-pranzo-visita ad una cifra irrisoria, vicina ai 30€ tutto compreso.
Scopriamo che la prima tappa comprende una breve vista alle tombe Ming, dove riesco a documentare con pochissime foto i sotterranei e l’area circostante. Successivamente, scendiamo dal bus e risaliamo su una cosa che non saprei bene come definire, se non come una mini-montagna russa che ci evita di fare a piedi il primo pezzo di muraglia, dalla parte di Badaling. Tutto abbastanza assurdo.
Iniziamo a risalire un tratto della muraglia, mentre mi accorgo che il colbacco della Red Army comprato poco prima di salire è s’ decisamente troppo stretto per il mio cranio, ma è comunque stato l’acquisto più azzeccato — credo — della mia vita: fa freddissimo.
E poi tutta la fatica viene ricompensata da questo panorama
La guida ci spiega come la Grande Muraglia sia stata probabilmente l’opera di costruzione più dispendiosa di sempre, sia in termini di soldi, sia per quanto riguarda vite umana (pare siano morti circa un milione di persone nel costruirla). È anche stata davvero poco efficace in termini di sicurezza strategico-militare, però a noi importa poco perché quel che ne rimane a livello paesaggistico è uno spettacolo clamoroso ed unico.
Finita la scarpinata sulle mura, salutiamo qualche esemplare di orso tibetano (!) e torniamo in albergo pronti ad affrontare, l’indomani mattina, la visita alla Città Proibita.
31 dicembre
La Città Proibita
La Città Proibita è il luogo urbano più vasto che abbia mai visto. È seriamente impressionante — Wikipedia parla di 720.000 m² di area complessiva — anche solo cercare di immaginare l’organizzazione necessaria per farla “funzionare” a dovere.
Dopo aver terminato la visita alla Città Proibita, ci dirigiamo verso un’altra area antica della città. Si tratta della zona degli hutong, veri e propri autentici “vicoli pechinesi”. Qua ci perdiamo tra spuntini e shopping selvaggio.
E poi glissiamo sulla sera di capodanno. Giusto per rendere l’idea, ecco dove ci trovavamo alle ore 00.00 del primo gennaio 2015, dopo averlo cercato invano per circa un’ora in mezzo alla strada. Sì, è un taxi.
1 gennaio
La sera del primo gennaio arriviamo a Chongqing. Chongqing si trova nella regione del Sichuan, ed è una città che non avevo mai sentito nominare — non credo di essere l’unico — ma se si dà uno sguardo su Wikipedia, si può notare come sia una enorme ed in fortissima crescita economica. Il centro città conta ben 8 milioni di abitanti, mentre la municipalità (una specie di via di mezzo fra regione e provincia) ne conta quasi 30. Trenta milioni, sì.
Chongqing è anche la città dove lavorano i genitori di Linda, ed è questo il motivo principale della nostra visita. L’impatto, appena scesi dal taxi, è decisamente diverso rispetto alle città viste finora: ci sono pochissimi turisti — a dire il vero, sembriamo gli unici occidentali presenti in città — e tutta la città sembra ruotare attorno ad un costante contrasto di povertà/arretratezza vs sviluppo/modernità.
2 gennaio
L’indomani mattina è tempo di visitare la città, senza una particolare meta. Una delle cose più particolari di Chongqing è sicuramente la doppia funivia che sovrasta ognuno dei due fiumi, lo Jialing River e lo Yangtze River. È usata giornalmente da molti abitanti, dato che è il modo più veloce per raggiungere l’altra sponda del fiume.
3 gennaio
La mattina dopo Danila ed io lasciamo Luca a sbrigare faccende burocratiche con Linda e i suoi genitori e decidiamo di visitare la parte più antica di Chongqing: Ciqikou.
Ciqikou
Ciqikou significa letteralmente “porto di porcellana” ed è un quartiere che si trova a quasi un’ora di metro dal centro di Chongqing — giusto per ribadire la grandezza della città. Arriviamo all'ingresso di questa area pedonale e per la prima volta ci sentiamo davvero totalmente estranei: anche se è l’unico luogo di Chongqing dove scoviamo qualche turista, non vediamo grattacieli e piazze moderne, ma solo una lunga e contorta via che scende verso il fiume Jialing, fitta di vecchie case, alberi e monasteri.
Chongqing è stata senza dubbio una delle tappe migliori del viaggio. Sebbene sicuramente meno bella a livello estetico, si è rivelata davvero autentica, un po’ perché grazia ai genitori di Linda e ai suoi parenti stiamo riusciti a vivere situazioni decisamente poco turistiche, un po’ perché abbiamo scorto la vita di una città in piena espansione. Probabilmente fra 10 anni ci torneremo e troveremo una Hong Kong 2.0. A proposito di Hong Kong, siamo pronti per la nostra ultima tappa.
4 gennaio
La sera tardi del 4 gennaio atterriamo ad Hong Kong, dopo un paio di ore di volo da Chongqing, a bordo dell’ottima Sichuan Airlines. Usciamo dall'aeroporto e ci infiliamo tutti in uno dei caratteristici taxi: una vettura — ok — più grande del normale, ma che non sembra poterci contenere tutti e 4 con le nostre valigie. E invece con l’aiuto di corde e spaghi ce la facciamo. W l’intraprendenza hongkonghese.
Mi è bastato scendere dal taxi e fare due passi per rendermi conto di avere davanti a me la città più fotogenica incontrata fino a quel momento. È subito amore.
5 gennaio
La mattina, io e Danila, ci svegliamo presto perché vogliamo andare a visitare il mercato comunale e vari altri mercatini dove cercherò (senza fortuna) macchine fotografiche e oggetti tecnologici a prezzi ridicoli. Il Kowloon City Market si trova nella zona più centrale e cuore pulsante di Hong Kong. Tra salumi, pesci, e mille qualità di uova, troviamo subito l’ambiente che ci conferma che la densità media della città è al secondo posto tra quelle mondiali. Insomma: un bordello immane di gente.
Il sole inizia a tramontare, nel frattempo ci sentiamo con Luca e Linda che stanno tornando da Disneyland — sono incredibilmente riuscito a convincere Danila a non andarci *HI FIVE* — e decidiamo di trovarci dopo cena direttamente nella zone del mercatino notturno, il Temple Street Night Market.
6 gennaio
Il nostro ultimo giorno utile, decidiamo di dedicarlo alla visita del Tian Tan Buddha aka Grande Buddha. Prendiamo la metro e dopo una mezz’oretta scendiamo per poi risalire la montagna tramite la Ngong Ping 360, una mega teleferica che in mezz’ora ti conduce al punto di partenza per la scalinata finale che conduce al Grande Buddha.
La teleferica è un’esperienza clamorosa: dura mezz’ora e ti porta fino in cima Ngong Ping, passando sopra il Mar Cinese Meridionale, la valle di Tung Chung e l’aeroporto di Hong Kong. Mentre osservavamo il paesaggio, abbiamo notato che, sotto di noi, c’erano persone che seguivano un sentiero a piedi tra le montagne. Abbiamo scoperto che quello è il cammino che intraprende chi vuole compiere il vero percorso verso la purificazione del Grande Buddha. Mi sono sentito davvero piccolo.
Dopo 268 scalini, arriviamo al cospetto dei 34 metri di altezza del giga-buddha, che con la sua mano ci purifica dai nostri peccati. Il fiatone, invece, resta.
Tornando in albergo non perdo occasione per scattare qualche altra foto, decido dunque di sfruttare uno dei sistemi di trasporto più usati di Hong Kong: il cosiddetto Central–Mid-Levels escalator and walkway system. Hong Kong è infatti una città a ridosso delle montagne, ergo è disseminata di strade in salita e discesa — provate a pensarla come una sorta di “Genova orientale”. Quindi hanno pensato «Perché mai dovremmo fare fatica? Meglio costruire mille mila scale mobili che ti portano dove vuoi!». E infatti.
Si conclude così il mio viaggio in Cina. Avere un compagno di viaggio autoctono come Linda, mi ha enormemente aiutato a capire questa terra di contrasti edi usanze profondamente diverse dalle nostre. Il mio consiglio è dunque quello di procurarsi al più presto un amico cinese e di volare alla scoperta di questo incredibile continente.
FINE
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