di Francesca Campanini
Viviamo nell’illusione che il nostro sia un contesto di pari opportunità e di uguaglianza sociale, non ci rendiamo conto delle disparità che avvelenano la nostra vita quotidiana, perché ormai siamo abituati a conviverci, ci siamo cresciuti e crediamo che siano la normalità.
Il tema del femminismo spesso non suscita interesse: chi lo vede unicamente come fonte di polemica, chi semplicemente se ne disinteressa, chi lo interpreta come qualcosa che storicamente e concettualmente non è e chi crede che sia ormai inattuale.
Sono molte le persone, uomini e donne, che si illudono che la lotta per la parità dei sessi sia ormai giunta al termine e che i risultati tanto agognati nel secolo scorso siano stati pienamente ottenuti. Queste persone non comprendono che il modello patriarcale violento, la cui attuazione in molte
zone del mondo produce in loro disprezzo ed indignazione, ha caratterizzato anche l’occidente e che le sue radici, nella nostra società attuale, non sono ancora state estirpate. Nella vita di una ragazza c’è un’enorme componente di paura e limitazione, dettata dal fatto di esser donna. Non risulta difficile immaginare una normale ventenne che scende dall’autobus, cammina,
diretta al centro commerciale a pochi minuti di distanza e, sotto il sole cocente, sente gli schiamazzi volgari di un cinquantenne viscido, madido di sudore e rosso in volto, che sfreccia su un’auto urlando oscenità, rivolto ad un essere umano che ai suoi occhi non vale più di una bambola gonfiabile comprata al sexy shop sotto casa.
Viviamo in una società in cui essere insultate, essere oggetto di apprezzamenti volgari ed indesiderati, aver paura ad uscire sole la sera, dover stare attente a non essere troppo carine quando si va in certi posti sono cose comuni.
Possibile che non si riesca a cogliere l’ingiustizia di tutto ciò? Possibile non ci si renda conto di quanto questa situazione influenzi la vita di una persona e del fatto che la parità dei sessi e l’uguaglianza, sostanziale e non formale, non esistano affatto? John Stuart Mill, nel suo “Saggio sulla libertà”, afferma che “La sola libertà che meriti questo nome è quella di perseguire il nostro bene a nostro modo, purché non cerchiamo di privare gli altri del loro o li ostacoliamo nella loro ricerca”; preso in considerazione ciò, possiamo davvero
affermare che le donne siano pienamente libere? Possiamo affermare che, nel nostro mondo occidentale ed “avanzato”, alle donne sia concesso di perseguire il loro bene a loro modo?
Si dice che il primo passo per risolvere un problema sia accettarne l’esistenza: come si può pensare di raggiungere la parità dei sessi quando la maggioranza della popolazione non concepisce nemmeno la necessità di questa lotta?
L’uguaglianza non esiste, non serve prendere in considerazione i dati di assunzioni o retribuzioni lavorative per rendersene conto: andate da una qualsiasi donna e chiedetele se almeno una volta nella vita sia stata oggetto di umiliazioni a sfondo sessuale, poi interrogatevi di fronte alla sua risposta affermativa.