Riflessioni su un saggio di Eric Topol

Why doctors should organize — The New Yorker — August 5 2019

salvo fedele
5 min readAug 10, 2019

Una impossibile proposta di @EricTopol su come i medici dovrebbero organizzarsi al di fuori degli schemi attuali. Da leggere, almeno per sognare un pochino. Tra l’altro Il testo racconta alcuni episodi significativi di quasi-rivolta dei medici americani.

Perché i medici sono poco propensi alla ribellione/rivolta?

@EricTopol analizzando la situazione del suo paese scrive che una delle ragioni principali è quella che chiama “balcanizzazione della professione”. La descrive in dettaglio per la realtà USA:

In theory, doctors could be a powerful force. There are more than a million physicians in the United States, and around nine hundred thousand are actively practicing. But the country’s largest medical organization, the American Medical Association, has only around two hundred and fifty thousand members. (The next-largest — the American College of Physicians, which represents internal-medicine specialists — has about a hundred and sixty thousand.) Most of the smaller societies represent a subspecialty and have correspondingly fewer members each. The A.M.A. once represented three-fourths of all American doctors; the growth of subspecialty societies may have contributed to its diminishment. In any case, there is no single organization that unifies all doctors. The profession is balkanized.

Basterebbe dunque questo? In Italia esiste, almeno sulla carta, un’organizzazione che raccoglie tutti i medici, si chiama @FNOMCeO, ha un suo presidente, eletto alla fine di un lungo processo e organismi e realtà autonome che operano a livello periferico.

Semmai in Italia a differenza che in USA esiste la balcanizzazione delle società scientifiche delle singole specialità per esempio per area di appartenenza (H, A, U, etc). Ognuno cerca di occupare spazi che considera di sua pertinenza non sempre per nobili finalità.

Comunque la prima ipotesi di @EricTopol non regge per la realtà italiana: noi abbiamo un’organizzazione unitaria (sebbene ad adesione forzata) di tutti i medici, ma siamo molto lontani dal modello che l’autore del saggio immagina per questa organizzazione

It’s possible to imagine a new organization of doctors that has nothing to do with the business of medicine and everything to do with promoting the health of patients and adroitly confronting the transformational challenges that lie ahead for the medical profession. Such an organization wouldn’t be a trade guild protecting the interests of doctors. It would be a doctors’ organization devoted to patients. Its top priority might be restoring the human factor — the essence of medicine — which has slipped away, taking with it the patient-doctor relationship.

Negli USA però, nonostante la balcanizzazione, gli esempi di quasi-rivolta dei medici non mancano. Forse qualcuno potrebbe dire che in Italia non succede nulla di così coinvolgente. Niente di simile a #ThisIsMyLane? Neppure in queste ore?

In realtà molte storie italiane sono state o sono di dominio pubblico ma hanno attraversato la classe medica lasciandola del tutto indifferente. Storie di cui sarebbe utile sollecitare una ulteriore e più approfondita interpretazione/discussione? Se non una rivolta.

Perché non tentare di definire quantomeno le parole chiave che dovrebbero raggruppare queste storie. Per esempio partendo da quel che scrive @EricTopol che nome scegliereste per la prima parola chiave?

Unfortunately, unlike teachers, lawyers, and other professionals, doctors are predominantly managed by businesspeople. Most medical administrators know very little about the time it takes to listen; to do a careful physical examination; to engender trust; to cultivate a deep relationship with a patient, each of whom has his or her own life story, pain, anxiety, and anguish. Over the last four decades, the number of health-care administrators in the United States has grown by thirty-two hundred per cent, while the number of doctors only increased by a hundred and fifty per cent. Several studies have found that outcomes for patients are better when health-care organizations are run by doctors instead of non-physician executives. Often, though, increases in productivity in health care have been used by managers and administrators to squeeze doctors, who are made to see more patients, read more scans, interpret more slides, and so on.

Ancora una volta è necessario fare una piccola precisazione per la realtà italiana: dalle nostre parti molti amministratori sono anche medici, quindi “il noi e il loro” di @EricTopol non funziona.

Several studies have found that outcomes for patients are better when health-care organizations are run by doctors instead of non-physician executives. Often, though, increases in productivity in health care have been used by managers and administrators to squeeze doctors, who are made to see more patients, read more scans, interpret more slides, and so on.

E molti medici dalla burocrazia sanitaria hanno fatto il grande salto verso la politica di professione. La burocrazia del SSN a volte crea barriere e capita sempre più spesso a medici che decidono di occuparsi dei problemi dei loro pazienti di trovarsi di fronte ad ostacoli insormontabili.

Per varie ragioni che andrebbero analizzate e capite. In molti ospedali della mia città ci sono responsabili di unità H che occupano più posti di dirigente: ci sono ortopedici che dirigono il “loro” reparto e poi la neonatologia e la divisione di otorino dello stesso H.

È del tutto evidente che queste persone non sono più medici ma fanno un’altra professione. Una professione ben retribuita da indennità che li trasformano in yes-men di chi li foraggia. Da sola questa storia non meriterebbe una rivolta generalizzata?

Il futuro secondo @EricTopol è della nuova generazione di medici? Certamente è vero, ma sono davvero diversi da noi? Più disposti alla rivolta? E il cambiamento è nella mani della loro padronanza delle piattaforme digitali? O anche in questo la nostra realtà è molto diversa?

Fortunately, there’s a new generation of young doctors who are digital natives; they’re savvy with social media and recognize the power of such platforms to affect change. The increasing diversity of the medical profession is a hopeful sign. Many of the physician leaders who took on the N.R.A. are women: Esther Choo, an emergency-room doctor; Judy Melinek, a forensic pathologist; Stephanie Bonne, a trauma surgeon; Jeannie Moorjani, a pediatrician. When the water in Flint, Michigan, was revealed to be saturated with toxic levels of lead, the leader of that exposé was Mona Hanna-Attisha, another pediatrician. Perhaps dealing with long-standing gender inequities in medicine has helped these doctors cultivate a willingness to stand up. We’ve all seen how the student survivors of Marjory Stoneman Douglas High School, in Parkland, Florida, have organized a national initiative, with marches, demonstrations, and active nationwide participation. If these resourceful, energized, impassioned teen-agers can organize a movement, shouldn’t doctors be capable of organizing, too?

Rileggendo il testo di @EricTopol ho l’impressione che questa lettura mi abbia permesso di riflettere su tutti i punti che non aiuteranno i medici italiani a cambiare rotta. Raccontare rivolte mediche è una “professione” che non ci possiamo permettere in Italia. Una brutta conclusione.

Altri interventi su questo saggio di Topol:

Su questo saggio di Topol leggi:Tutti insieme disinteressatamente di Luca de Fiore Società e associazioni scientifiche: è possibile un modo diverso di stare insieme? di Fabio Ambrosino

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salvo fedele

pediatra a Palermo; mi piace scrivere, ma cerco di non abusare di questo vizio per evitare di togliere tempo al… leggere (╯°□°)