L’importante è (prepararsi a) partecipare

samskeyti
2 min readApr 7, 2016

--

Quasi 42

Quando i mezzi giustificano il fine.

Un anno fa mi apprestavo a correre la mia prima maratona. 42 mila e 197 metri di corsa per le strade di Parigi senza sapere se sarei riuscito a concluderla o no. Ora sto per correre la mia seconda con meno incognite ma senza certezze.

Il bello della maratona è questo: riuscire a finirla dipende sostanzialmente solo da se stessi, ma per farlo ci si deve preparare molto, non ci si può improvvisare, e comunque in partenza non si sarà mai sicuri di farcela fino alla fine.

Di solito la maratona è un obiettivo, lo scopo per cui uno corre. Io invece mi sono reso conto che per me la maratona è un mezzo attraverso il quale raggiungo il fine di correre.

Fissare sul calendario la data è un finto obiettivo. È la scusa per dover preparare il piano di allenamento per i mesi precedenti. È il motivo per cui mi costringo ad uscire nelle fredde mattine invernali (in realtà il freddo è un problema per i primi 30 secondi, poi meglio il freddo che il caldo per correre) e a percorrere, per le solite noiose strade, 5, 10, 20 o 30 e più chilometri.

Se non avessi quell’obiettivo ci sarebbe la volta che non ho voglia, la volta che faccio la metà della distanza prevista, la volta che ma chi me lo fa fare. In realtà tutte queste volte ci sono lo stesso, capitano ma poi non ricapitano. Non avessi quel fine capiterebbero e ricapiterebbero, e poi avrei perso l’allenamento e poi ormai cosa lo faccio a fare e poi mi fermerei.

Insomma arrivato alla fine, a pochi giorni dalla maratona, il mio obiettivo è raggiunto. Ho corso e corso per centinaia di chilometri tutto l’inverno. Potrei anche non farla più. Sarà anche che sono così poco competitivo.

In fondo a me le cose piace più prepararle, costruirle, programmarle, crearle, immaginarle, progettarle che concluderle, rifinirle, completarle, chiuderle.

È così anche nel mio hobby-lavoro di programmatore. È la fase iniziale, la fase creativa, la fase costruttiva che mi piace. E odio il fatto che il mio lavoro abbia una fase necessaria in cui va tutto sistemato al meglio perché il software o è perfetto o non è. E il sapere che non avrò voglia di finire i miei progetti non me li fa neanche iniziare, se non sono costretto.

Non è il fine che mi interessa, ma se i mezzi per arrivarci sono piacevoli allora ben venga il fine.

Chissà se questa è una buona chiosa per quello che sto scrivendo. Già perché mi è facile iniziare a scrivere. Il difficile è concludere, rileggere, guardare se va tutto bene, se manca qualcosa, se si capisce, se è scritto bene. Sono pieno di bozze, iniziate e mai finite.

Ma è così importante il traguardo?

--

--

samskeyti

Mi piace distinguermi senza farmi notare. Twitter: @samskeyti79