The Day After

Baldo Sansó
5 min readMar 26, 2020

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Di fronte all’ epidemia del Corona Virus ci sono tre possibili strategie di difesa in un ambito di politiche pubbliche

Image by rottonara from Pixabay

17/3/2020

Di fronte all’ epidemia del Corona Virus ci sono tre possibili strategie di difesa in un ambito di politiche pubbliche:

1) Provare ad eliminare i contagi e controllare la malattia attraverso la determinazione di una zona rossa su tutto il territorio nazionale, in modo che l’intera popolazione rimanga in quarantena per almeno 15 giorni.

2) Opporsi alla propagazione del virus provando a rallentare la sua velocità di contagio, in modo tale da salvaguardare la capacità di risposta delle strutture ospedaliere e del personale medico, ai fini di evitare una crisi del sistema prima dell’ arrivo di un vaccino o (caso mai avesse un effetto sul virus) del caldo. Questa strategia, inizialmente perseguita, comportava la determinazione di zone rosse a macchia di leopardo sul territorio nazionale.

3) Rassegnarsi alla inevitabile propagazione del virus senza limitare maggiormente il libero transito dei cittadini, confidando che il basso tasso di mortalità dello stesso (2–3%) possa essere ulteriormente ridotto attraverso un efficace sistema sanitario e ospedaliero.

Teoricamente, la propagazione del Corona Virus può essere fermata. Considerando come buona l’ affermazione degli scienziati che dopo 14 giorni senza sintomi una persona e´libera dal virus e non comporta rischio di contagio per altri, se si sottomettono 60 milioni di persone ad una quarantena forzata per almeno 14 giorni partendo tutti contemporaneamente, alla fine del periodo dovremmo avere tutti i nuovi casi di contagio identificati. Il restante delle popolazione, che dopo la fine della quarantena non presentino sintomi, anche se lo hanno avuto, non propagherebbero il virus. Basterebbe allora monitorare i contagiati rimasti per assicurare la non ulteriore propagazione del virus in Italia.

Sarebbe questa la direzione intrapresa dai vertici del governo Italiano nel momento in cui decisero di decretare la zona rossa in tutto il paese limitando gli spostamenti della popolazione. Quasi un vero e proprio coprifuoco di 24 ore per 3 settimane per la maggioranza di 60 milioni di persone.

Gli aspetti positivi di questa misura sono quelli di ambire al totale controllo della propagazione del virus all’interno del territorio nazionale. I costi peró sono elevati: da una parte ci sarà una ricaduta economica sicuramente senza precedenti nella storia recente del paese, con una più che probabile recessione e un forte disavanzo del PIL. Dall’altra, l’indebitamento dovrà salire (Europa permettendo) per minimizzare l’impatto nel 2021, ma è comunque prevedibile una forte discesa nel tasso occupazionale. Meno lavoro e più debiti, questi ultimi che comunque dovranno essere pagati nel medio o lungo periodo, ma con un tasso di rischio più alto (salirà lo spread) che comporterà esborsi più elevati a breve. Non propongo di entrare in un analisi costi-benefici della misura di fermare il paese, sopratutto quando i costi saranno esorbitanti ed il vero “beneficio” è risparmiare la vita di persone che in maggioranza hanno finito la loro attività produttiva. Non lo propongo perché non difendo la tesi che la vita delle persone possa essere quantificabile in moneta ai fini di valutare il costo della morte di una persona. Non lo difendo solo nel caso dei nostri cari anziani, ma anche nei casi dei migranti sconosciuti o dei rifugiati in paesi lontani da noi.

Photo by Milena Trifonova on Unsplash

Identificare invece i focolai e cercare di arginarli è la base della seconda strategia che cerca semplicemente di rallentare il passo del virus fra la popolazione, in modo tale da evitare, nel possibile, la crisi del sistema ospedaliero. . I vantaggi, in confronto alla prima strategia, sono principalmente di tipo economico, per quanto non condiziona la produttività ed i servizi dell’ economia italiana. Ugualmente non sottomette tutta la popolazione al disagio di rimanere rinchiusi a casa per almeno 14 giorni. Gli svantaggi sono che da una parte non garantisce il contenimento del virus e quindi la tenuta del sistema ospedaliero, sopratutto dall’altra è una strategia che si rassegna al proseguimento dei casi e quindi dei decessi.

La Gran Bretagna e anche la Germania, pur in modo meno eclatante, sembrerebbero aver intrapreso la terza alternativa. I capi politici e tecnici inglesi sembrano convinti de l’inutilità di sforzi radicali per fermare il virus, ma invece sono molto convinti dei danni che all’ economia questi sforzi comporterebbero.

Il premier Johnson avvisa la popolazione che molti cari moriranno e si affida alla capacità degli umani di produrrere anticorpi piu che agli interventi dello Stato.

Dal suo canto, I tedeschi proseguono una vita quasi completamente normale, forti di una tasso di mortalità degli infetti molto al di sotto della media mondiale

IL GIORNO DOPO

Assumiamo però per un momento il successo della zona rossa italiana. Immaginiamo che dopo i primi giorni di marzo si capisca che il virus è sotto controllo e che non ci sono nuovi contagi sul territorio, oltre a quelli individuati prima della fine della quarantena. A quel punto cosa dovrebbe fare il paese? Ripartire da dove ci si era fermati? Riapriremo al turismo ? Gli italiani potranno tornare all’estero e rientrare nel paese? E’ ovvio che la riapertura dell’Italia al mondo comporterebbe un rischio di riportare la crisi ai mesi di Gennaio o Febbraio. Tutto da capo allora?, Non esattamente, perché gli effetti economici del “fermo” non c’erano a Gennaio e Febbraio. Una volta “sani” ci troveremo in un vicolo cieco: o chiuderemo le nostre frontiere prolungando cosi devastanti effetti economici o permetteremo il ritorno incontrollato del virus, con la speranza di esserci avvicinati al momento della sua scomparsa (sia per il caldo, cura o vaccino). Se alla fine della crisi, l’Italia sarà stata l’unica in Europa a prendere le misure di zona rossa per tutto il territorio, saremo stati i più responsabili con i propri cittadini, ma ci troveremo in forte svantaggio in confronto alle altre economie (sopratutto) dell’eurozona.

L’ alternativa a questi scenari era e rimane ancora l’Univocità delle misure a livello Europeo. Di fronte alla dichiarazione di Pandemia da parte della OMS, le Istituzioni europee dovrebbero sovrapporsi agli stati e prendere misure omogenee per tutto il territorio. Solo la quarantena totale può garantire un controllo del virus. I principali paesi europei possono e devono chiamare la quarantena totale per 15–20 giorni nel loro territorio. Solo dopo il controllo dei contagi in un paese si potrebbe permettere ai cittadini di quel paese la libertà di transito all’interno del territorio Europeo, non prima. A sua volta l’Europa dovrà chiudere le frontiere al resto dei paesi del mondo dove la crisi non sia sotto controllo. 740 milioni di cittadini europei sono un mercato abbastanza significativo che ci permetterebbe di isolarsi fin quando si scioglie la pandemia. Sono sicuro che davanti a una crisi fuori controllo, gli Stati Uniti d’ America chiuderebbero le loro frontiere. L’Europa dovrebbe anticiparsi. In questo modo, non solo salverebbe la vita di migliaia di essere umani, ma seminerebbe le basi per una integrazione Istituzionale in grado di dare risposte coerenti ed efficaci ai cittadini di questo continente.

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Baldo Sansó

Long-time business strategist. Passionate about law and public policy with multiple degrees in these fields linkedin.com/in/baldo-sans%C3%B3-b2a7b1185