PARTECIPAZIONE: OLTRE LE BARRIERE ARCHITETTONICHE

Sara Rossi
2 min readJun 8, 2017

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La partecipazione: per me, una grande scoperta. L’architettura: continua ad esserlo sempre di più!

La partecipazione è libertà, libertà vera, come cantava il grande Gaber, è condivisione, inclusione, socializzazione, è la migliore condizione per conoscere e imparare.

E che grande responsabilità sociale ha l’architettura: creatrice di spazi e quindi di emozioni, sensazioni di benessere o malessere, di situazioni, di possibilità.

Uno spazio privo di barriere e ostacoli, fruibile facilmente e accessibile dalla maggior parte di persone, se non da tutti, massimizza queste possibilità: la socializzazione, il movimento, l’interazione e perciò la partecipazione.

L’accessibilità diventa sinonimo di partecipazione.

Questa semplice riflessione nasce da un corso che ho seguito alcune settimane fa, organizzato dall’Ordine APPC di Venezia in collaborazione con l’Ufficio Formazione del Comune di Venezia, intitolato “Oltre le barriere architettoniche verso una progettazione universale”. E’ stata un’interessante esperienza in cui liberi professionisti e tecnici comunali hanno avuto l’occasione di confrontarsi su un tema molto importante e che spesso tende a diventare un mero assolvimento burocratico.

Oltre alla normativa nazionale e regionale, densa e abbastanza complessa, è stato interessante affrontare il tema dell’accessibilità sotto altri punti di vista, anche partendo da alcuni riferimenti culturali quali l’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) e l’Univesal Design, passando attraverso la definizione di “salute” data dall’OMS, fino ad arrivare al principio dell’Active Design, che si occupa non solo di progettare ambienti e infrastrutture accessibili per tutti, o quasi tutti, ma di progettare ambienti e infrastrutture “abilitanti” e “allenanti” a mantenere un buono stato di salute.

Questo percorso porta ad uno stravolgimento dal punto di vista progettuale: progettare, non più per l’uomo standard, poiché nessun uomo è uguale ad un altro, ma per l’uomo reale, l’uomo che ha delle reali diversità, difficoltà e condizioni, e più persone avranno accesso e godranno del benessere derivante dall'utilizzo di questi spazi, più l’obbiettivo potrà considerarsi raggiunto. Progettare quindi spazi accessibili per tutti (o quasi).

Interessante è stato anche affrontare il concetto di “barriera”, solitamente e ingenuamente intesa solo come elemento costruttivo, una scala o un solo gradino, la larghezza di un percorso, la tipologia di una pavimentazione, la pendenza di una rampa… elemento fisico da superare e che la normativa ha ben codificato e regolamentato. Ma esistono barriere di diverso tipo, quelle codificate come “sensoriali”, cioè di tipo visivo e uditivo. Quindi, anche una cattiva comunicazione, sia essa scritta, prodotta attraverso un suono, un particolare colore o tipo di superficie, possono impedire la partecipazione, e quindi diventare barriere.

Abbattere queste barriere significa quindi aumentare le possibilità di tutti e per tutti.

Capovolgere l’approccio alla normativa, capirne lo scopo ultimo e progettare per vivere e far vivere meglio: questo il risultato di quando architettura e partecipazione lavorano insieme.

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Sara Rossi

Architect interested in participatory approaches, development and sustainability.