Prodi Pilato e la base Usa di Vicenza

Simone Ramella
3 min readJan 17, 2007

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La buona notizia è che chi — Berlusconi in testa — in questi mesi si è ostinato a parlare di una maggioranza antiamericana, ostaggio della cosiddetta sinistra radicale (o massimalista), una volta tanto è stato costretto a stare zitto. Per il resto, il via libera del governo italiano all’ampliamento della base Usa di Vicenza, annunciato ieri a Bucarest dal presidente del Consiglio, Romano Prodi, rappresenta una grossa delusione sia nella forma che nella sostanza.

Nella sostanza perché — come si legge in una lettera aperta inviata a Prodi dalle segreterie di Lega Disarmo Unilaterale, Lega Obiettori di Coscienza e Riconciliazione — il problema «non è semplicemente opporsi a un ampliamento delle servitù militari nefasto socialmente e ambientalmente per la città veneta, ma contrastare un progetto funzionale per la “guerra unica” al terrorismo dichiarata dagli Usa in termini inaccettabili per lo stesso programma dell’Unione, per gli interessi del nostro Paese oltre che per la vocazione pacifista del patto fondativo della nostra Repubblica sancito dalla Costituzione. In questa inaccettabile logica di guerra “globale, preventiva e permanente” la base di Vicenza, ospitando la 173ª Brigata, sarà il perno operativo del fronte Sud per le operazioni unilateralmente perseguite dagli Stati Uniti. È quindi in gioco, in questa decisione, oltre la sovranità nazionale, la credibilità di una impronta indipendente, europea, di pace della politica estera italiana».

Alla fine, sottolinea un editoriale pubblicato sul sito del settimanale Carta, sembra che stiano prevalendo le ragioni della soggezione agli Stati Uniti e della possibilità di appalti che fanno gola alle imprese di costruzione, tra cui figura anche la Cmc delle Coop. Quello che è certo, come ha scritto Beppe Grillo, è che «dal 1945 l’Italia è una nazione a sovranità limitata. Dopo il piano Marshall sono arrivate le basi Nato. Più Usa che Nato. Prima c’era l’Urss, adesso il terrorismo islamico, domani il pericolo giallo e dopodomani sicuramente qualcos’altro. Invece di smantellare le basi, si allargano. In Italia non abbiamo le centrali nucleari. In compenso ospitiamo bombe nucleari a Ghedi Torre e ad Aviano. E sommergibili nucleari alla Maddalena in Sardegna. Circa 30mila tra militari e civili americani. Bisognerebbe informarli che qui il pericolo comunista non c’è più. Che in Italia non c’è stato un solo attentato islamico nonostante la loro presenza. Che Togliatti è scomparso da molti anni».

Ammesso e non concesso che quella del governo fosse davvero una scelta obbligata per ragioni di fedeltà al ruolo dell’Italia nell’Alleanza atlantica, come sostiene Paolo Garimberti su Repubblica, o per riconoscenza nei confronti di un Paese che spesso ci ha tirato fuori dai guai, come dice sul Corriere della Sera Beppe Severgnini, resta la brutta impressione suscitata da Prodi nel momento in cui l’ha comunicata davanti alle telecamere. Il presidente del Consiglio, in versione Ponzio Pilato, ha infatti derubricato l’intera vicenda da questione politica di cui il governo deve farsi carico in prima persona, quale è nella sostanza, a mera faccenduola in carico all’amministrazione comunale di Vicenza, come conviene farla passare per non urtare troppo la sensibilità di una fetta importante della maggioranza.

«Sto per comunicare all’ambasciatore Usa che il governo italiano non si oppone alla decisione del precedente governo e del Comune di Vicenza, presa con voto del consiglio comunale, a che venga allargata la base militare dell’aeroporto di Vicenza — ha detto Prodi — Il mio governo si era impegnato a seguire il parere della comunità locale e non abbiamo ragioni di opporci, dato che il problema non è di natura politica, ma urbanistico-territoriale. Avevamo offerto altre proposte che ci sembravano più equilibrate al governo americano, ma non è stato possibile trovare un accordo». Tutto qui, con buona pace dei tanti discorsi pre-elettorali sulla necessità di un cambio di rotta anche in politica estera rispetto all’operato fallimentare del precedente governo.

Alla fine, insomma, può permettersi di gioire davvero solo la Lega Nord. Le parole di Prodi — lo ha sottolineato bene cloroalclero — dimostrano infatti che in Italia il federalismo è già una realtà, visto che la politica estera, espressione fondamentale della sovranità di un Paese, è delegata alle decisioni assunte dai singoli Comuni.

Pubblicato originariamente su Ramella.org

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Simone Ramella

Sono un precario ante litteram che da piccolo sognava di fare il giornalista e poi ha fatto anche molte altre cose.