Dove la terra trema

Viaggio nel ventre del Maceratese sconvolto dal terremoto

Stefania Moretti
6 min readOct 28, 2016

di Nicola Campagnani, Andrea Caruso, Stefania Moretti, Paolo Sparro, Elena Testi

Sono lì. Stanchi, svuotati, assonnati. Un bambino ride mentre una mano scansa il lembo di una tenda. Qualcuno guarda il vuoto e c’è chi, con gesti assennati, tenta di spiegare a qualche parente lontano cosa sia successo. Prima di arrivare nel campo che ospita i terremotati ad accoglierti c’è l’odore delle macerie, perché un fatto per quanto bello o brutto che sia, ha sempre un odore che ti penetra dentro lasciandoti un ricordo indelebile. Nessun morto, la terra questa volta è stata clemente, ha avvertito prima di colpire. C’è chi però dal 24 agosto al 26 ottobre ha perso la casa due volte. Da Visso, a Ussita, passando per Castelsantangelo sul Nera, fino ad arrivare a Preci, la sensazione è sempre la stessa: una mano violenta ha scosso la terra da sotto aprendo il suolo e riuscendo in pochi secondi a sbriciolare i muri delle abitazioni in cui fino a pochi attimi prima le vite proseguivano senza complicazioni.

Della perla dei Sibillini, così è stata soprannominata Visso, non resta che un centro storico transennato. Prima del terremoto che si è portato via 290 anime nella sola Amatrice, il piccolo paese, incastonato tra gli Appennini, era la meta di vacanzieri in cerca di tranquillità. Dopo il 24 agosto la gente aveva iniziato ad aver paura. Poi il dramma. Basta fare qualche passo. I tavolini del bar Sibilla, gli stessi dove i turisti, sostavano gran parte della serata, sono stati sepolti dai detriti. L’ortofrutticolo, famoso per i suoi prodotti di stagione, ha la saracinesca serrata. Davanti un cumulo di macerie ne ostruisce il passaggio. Le vie piene di gente, adesso devono sopportare solo i passi dei vigili del fuoco che, attenti, hanno iniziato la conta dei danni. Fuori dalle transenne qualcuno sosta impaziente. C’è chi vuole vedere casa. Fuggiti nel cuore della notte, non sanno cosa ritroveranno di quel che hanno abbandonato pur avendolo costruito in anni di sacrifici.

Pochi chilometri dopo si trova Ussita. La piccola piazza, in cui si affaccia un solo bar e tre negozi, è piena di gente. Una tenda in mezzo. Il sindaco Marco Rinaldi si divide tra chi vuole sapere se troverà macerie o un’abitazione tutta intera. Il primo cittadino è partito appena il sole è sorto. Conosce tutti i nomi dei 444 abitanti di questo paesino. Spetta a lui comunicare cosa la terra ha ridato loro. Alle 10,20 un boato secco, sordo, apocalittico verrebbe da dire. Ussita trema di nuova e con lei tutti i Sibillini. Le persone si fermano un secondo. Il tempo che la scossa passi e si parte di nuovo. Adesso c’è il pranzo da organizzare. Una comunità unita si muove in un’unica direzione: ripartire da dove il cataclisma naturale ha interrotto la quotidianità. Pochi drammi in piazza. Nessuno si lamenta. Tutti danno una mano.

In linea d’aria saranno dieci chilometri. Arrivare a Castelsantangelo sul Nera non è semplice. Basterebbe una nuova e violenta scossa per essere spazzati via mentre si percorre la strada di sole curve e massi sulla carreggiata. Il terremoto ha staccato degli enormi sassi che, senza trovare resistenza nella loro corsa verso valle, si sono posati sull’asfalto, rendendo difficile la circolazione dei mezzi. Anche qui stessa storia. Gli abitanti hanno però una fortuna in più. Il bar, uno dei pochi ritrovi del paese, è in piedi e agibile. C’è chi beve un caffè, chi cerca riparo da un vento gelido che non accenna a volersi prendere una pausa. Parlano e parlano tutti di come questa volta la natura abbia giocato loro un terribile scherzo. Basta alzare lo sguardo per vedere il campanile della chiesa pronto a cedere.

Nuove scosse di terremoto arrivano una dopo l’altra a distanza di una ventina di minuti. C’è chi però, dopo essere rimasto in vita, è più preoccupato per l’inverno imminente. Qui le temperature arrivano sotto lo zero. Tra neanche un mese la neve inizierà a cadere e allora non basteranno più gli alloggi di fortuna. Si lavora senza sosta. Protezione civile, autorità, vigili del fuoco, carabinieri, esercito, polizia, Croce Rossa. Sono tutti impegnati in un’unica finalità: trovare una soluzione, battere il tempo in anticipo e cercare immediatamente una sistemazione per le migliaia di terremotati che qui vivono, hanno gli allevamenti e un lavoro.

Adesso, come è stato ripetuto da questi cordiali ma testardi cittadini, non resta che rimboccarsi le maniche, spazzare via l’odore delle macerie, e ricostruire il nostro piccolo paradiso.

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