Il bis del GamerGate che (per ora) non c’è stato…

…e che comunque non sarebbe servito.

The Technogressist
6 min readOct 3, 2019

Dal momento in cui inizio a scrivere è passato un mese esatto dalla notizia del suicidio di Alec Holowka, molto probabilmente in seguito alle accuse di violenza nei suoi confronti portate pubblicamente da Zoë Quinn via Twitter. Potrebbe essere controintuitivo aver aspettato così tanto per scrivere su un grave episodio di cronaca strettamente collegato con uno dei topic — il Gamergate — per cui anni fa decisi di avviare una personale attività di blogging, di sempre scarso successo. Avrei potuto scrivere subito, sfruttando la viralità del momento; ho preferito aspettare, per vedere “l’effetto che fa”…

…e per qualche meme di qualità by /pol/.

Ancora una volta, it’s long story short time: durante l’ultima settimana di Agosto, il noto compositore Jeremy Soule (dite la verità, state ancora a giocare qualche mod di Skyrim, non è vero?) è stato accusato pubblicamente su Twitter di violenza sessuale da due donne, Nathalie Lawhead, sviluppatrice indipendente di videogames e Aeralie Brighton, vocalist e doppiatrice (per chi non lo sapesse, è la voce di Sein di Ori and the Blind Forest). Al momento in cui sto scrivendo questo post, tali accuse sono in fase d’investigazione da parte degli inquirenti statunitensi, senza notizie in merito su eventuali prove o indizi per entrambe le vicende, tra loro non correlate.

Il giorno seguente, Zoë Quinn — sì, proprio lei , se ancora ve lo stesse chiedendo — , pubblica una serie di tweet, stando alle sue parole scritti dopo essersi fatta coraggio con le parole della Lawhead, in cui parla del suo rapporto nel 2012 con Alec Holowka, nome abbastanza noto nella scena degli indie games ed all’epoca dei fatti suo collega e suo convivente. Non è ancora chiaro l’effettivo grado di rapporto tra i due, ma si presume fossero fidanzati all’epoca, oltre che a lavoro su un progetto in comune. Tale rapporto sarebbe stato a detta della Quinn parecchio tormentato, durante il quale lei avrebbe subito più volte vessazioni fisiche e psicologiche, salvo poi riuscire in qualche modo a scappare dalla loro casa a Winnipeg e ritornare a Toronto. L’unroll dei tweet è nel link a KYM che ho riportato all’inizio della story, oppure è ancora disponibile sul profilo Twitter pubblico della Quinn (sempre se non decida di chiuderlo di nuovo).

https://twitter.com/UnburntWitch/status/1166212005629325313

https://twitter.com/UnburntWitch/status/1166212080753528832

In seguito a queste dichiarazioni, Scott Benson, co-creatore insieme a Holowka di Night in the Woods, insieme al publisher decide di bruciare i ponti con Alec senza diritto di replica, dichiarando di credere al racconto della Quinn. Il 31 Agosto la sorella di Alec annuncia sempre su Twitter il suicidio del fratello (unroll dei tweet sempre sul link di KYM di prima), lasciando dettagli su una sua vita in continua lotta con la depressione, a causa della quale era sotto cura farmacologica da anni. In un tweet seguente chiede di lasciar perdere la Quinn e di non confondere la loro tragedia privata con il pourparler sulle accuse da lei mosse, ovviamente invano. Lo stesso Benson qualche giorno dopo pubblica qui su Medium un lungo post del suo rapporto con Holowka durante lo sviluppo di Night in the Woods, descrivendolo come un uomo con forti turbe psichiche, a volte violento e soprattutto incapace di intrattenere relazioni sociali sane. Per questi motivi Benson dice di credere alle accuse della Quinn, ragion per cui ha deciso di troncare di netto con il collega.

Un pubblico mondiale ancora spaccato dopo 5 anni non poteva soprassedere su un evento del genere, al di là delle proprie posizioni in merito ad esso. A proposito, non va dimenticato il fatto che Holowka durante il picco della controversia anni fa ha varie volte dimostrato apertamente posizioni contrarie ai gamergaters, nonché sostenuto pubblicamente tesi femministe. Non è certo motivo di giubilo, sia chiaro. Quello che è cambiato però è stato il “panorama” di discussione: dopo gli eventi del mass shooting di El Paso di qualche mese fa, 8chan non esiste più (sicuramente molti anon sono da qualche parte nel web sommerso, ma senza “precauzioni” non mi metto di certo alla ricerca), mentre su 4chan, i cui mods sul tema Gamergate sono da anni molto intransigenti, non si è vista di nuovo una “serrata dei ranghi”. Per qualche giorno il centro di discussione in merito è stato il forum di NitW su Steam, prima che anche lì, dopo una review bombing, i moderatori hanno fatto una massiccia cernita; tuttavia qualche contenuto interessante è rimasto, come questo video di un intervento di Holowka in un convegno di sviluppatori indipendenti nel 2013.

“I’m not scared of dying. I’m scared of the process of getting old.”

Non sono mancati interventi sui social clear, come ad esempio quello validissimo di TheQuartering. Fino a quando, dopo una settimana circa, il news site canadese The Post Millennial pubblica non uno, ma due articoli esclusivi su questa tragica vicenda, pieni di contenuti molto interessanti. E per averlo fatto s’è beccato pure un DDoS che ha mandato down il loro sito per qualche ora.

Il primo mostra incrongruenze tra il racconto della Quinn e ciò che all’epoca delle presunte molestie la stessa Quinn raccontava pubblicamente su Twitter e in un secondo momento su Facebook in privato con Eron Gjoni, l’altro “celebre suo malgrado” ex fidanzato della Quinn. Il secondo articolo inoltre si focalizza sul lato della vicenda ormai impossibile da poter ascoltare, quello di Alec: in un serie di screenshot di una conversazione privata su Twitter con un non precisato interlocutore (Holowka aveva il profilo Twitter con restrizione della privacy), Holowka spiegava come, nonostante pubblicamente sosteneva le tesi politico-sociali della Quinn, in privato aveva avuto molti problemi con lei, ma che per amore aveva comunque fatto il possibile per mantenere la loro relazione in buono stato, ad esempio pagando a sue spese un consueling di coppia. Inoltre dimostrava apertamente paura nel rilevare certi dettagli della loro passata vita di coppia, per paura di ritorsioni da parte della Quinn. In poche parole, ciò che ha portato Holowka al suicidio qualche anno dopo.

Non si saprà mai cosa sia davvero successo tra i due durante la loro convivenza di quasi 10 anni fa; inoltre giocare a fare l’investigatore da serie TV poliziesca non porterebbe a nulla di proficuo. Tuttavia il tema centrale di questa mia story è la mancata reazione isterica e tossica da parte della maggioranza — gli idioti ahinoi ci sono sempre — del pubblico di Internet suscettibile a questa tematica, me incluso. Cinque anni fa un evento del genere avrebbe amplificato esponenzialmente la shitstorm e le rappresaglie contro la Quinn ed in generale la fazione anti-gamergaters. Oggi invece, oltre un generalizzato senso di rabbia verso una morte di un neanche quarantenne che poteva essere tranquillamente evitata, non si hanno notizie eclatanti in questo verso. Il possibile Gamergate 2.0 è fallito prima ancora di iniziare. Se mai ci potrà essere un risvolto positivo in questa triste vicenda, è questo.

Se questi anni dalla calda estate 2014 sono davvero serviti a qualcosa, oggi siamo coscienti dei mezzi e dei metodi utilizzati da questi predoni del cyberspazio che, per sopravvivenza o per sadismo, con l’aiuto del loro manipolo di “fedelissimi” (i cosiddetti stans) mettono a repentaglio le carriere e le vite private di altre persone, magari un tempo a loro vicine, ma oggi “sacrificabili” dal loro punto di vista. In due parole, cancel culture.

La pubblicità tramite i social network oggi è vitale per la carriera professionale, e quindi per la propria vita sociale, di tutti coloro che lavorano nel settore dell’intrattenimento. Neanche sto a dirvi come sia facilmente strumentalizzabile, al fine di cancellare una persona come un concorrente non gradita, manipolare contenuti o dichiarazioni decontestualizzate; figurarsi poi quanto possano essere pesanti accuse di reati gravi, poco importa se surrogate da prove o campate per aria ed inventate di sana pianta.

È un’arma perversa, e da qualche mese il suo utilizzo ha portato al suicidio un uomo, magari da innocente. Ma da quegli eventi la conosciamo e ne evidenziamo l’applicazione instantaneamente. Può sembrare poco (certamente non è bastato per salvare la vita ad Alec), ma non lo è. Oggi il pubblico spraticato sa cos’è la cancel culture e sa come reagire senza provare a vendicarsi arrecando danni ai cancelers: informando chi non ne è ancora a conoscenza. La morale di questa story. Per questo motivo un bis del Gamergate sarebbe stato inopportuno: sappiamo già tutto, quello che dobbiamo fare è “soltanto” evitare che personaggi come la Quinn, bugiardi conclamati, possano far di nuovo danni, ma i metodi con cui agiscono sono noti e sempre gli stessi. Inoltre, come ha dimostrato The Post Millennial, su Internet c’è sempre una memoria di ogni cosa, se si sa dove cercarla; è ciò che c’è di peggio al mondo per chi vuole continuamente mistificare la realtà per proprio vantaggio, spesso a scapito di qualcun altro. Le barricate non servono a nulla, se si può da subito schierare l’intelligence.

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