“Non so chi sei”: la graphic novel su Tinder — Intervista a Cristina Portolano

Io non ti conosco… io non so chi sei…
So che hai cancellato con un gesto i sogni miei…

La graphic novel Non so chi sei (edita da Rizzoli — Lizard) di Cristina Portolano riesce a mettere, se non del romanticismo, sicuramente della tenerezza, in una storia che parla della sua esperienza su Tinder.Questo libro non poteva non cadere nel mio radar. Comprato e divorato in un’ora.

Mi ha lasciato tanto, in diversi punti mi sono rivista ed è nata irrefrenabile la voglia di approfondire alcuni passaggi con l’autrice.

Ecco per voi l’intervista!

L’Incipit è tutto (?)

Uno dei must di Tinder è l’esordio in chat. Dalle 50 sfumature di “Hey” scritto nei modi più disparati, alle fotocopie di “ciao”, a incipit direttamente hot come “mandi foto tette?”. In un passaggio dici che sei convinta che una persona che scrive male, pensa male e vive male. Ecco: quanto svela secondo te in chat il modo in cui scriviamo rispetto a chi siamo, al nostro carattere?

Ti è mai successo di essere stupita al contrario, ossia che una persona sulla quale non avresti scommesso un centesimo in chat perché scriveva male e/o per monosillabi, poi dal vivo avesse qualcosa di interessante da dire?

No non mi è mai successo di essere colpita piacevolmente al contrario dopo uno scarso scambio a monosillabi in chat. Presentarsi in un certo modo ti da una idea molto chiara della persona con la quale passerai 1 sera, 1 notte o 1 settimana. Ti da il senso dell’ironia, dello stile di vita, un po’ del modo di comportarsi che è poi il preludio a una buona serata.

C’è da dire che non possiamo pretendere che la persona con cui chattiamo ci legga nel pensiero.

Se noi avremo dei toni altezzosi o sgradevoli certo non susciteremo toni delicati e accondiscendenti ma indispettiremo soltanto il nostro interlocutore. Ognuno di noi dovrebbe pensare: cosa mi piacerebbe che l’altro mi dicesse per riuscire a portarmi a letto?

Non so chi sei… e non so se ti rivedrò

“ONS” è l’acronimo per “One Night Stand”: “una botta e via” insomma. A qualcuno conosciuto su Tinder si può giustamente dire “Non so chi sei”, come dal titolo del tuo libro. E si potrebbe aggiungere: “Non so se ti rivedrò”. Non sono rari quelli che dopo un singolo appuntamento si dimostrano come folgorati, lasciando intendere a grandi prosecuzioni… peccato che una certa percentuale poi faccia “ghosting”, sparendo dopo una notte. Per tua esperienza: questo fenomeno è anche “colpa” di Tinder?

O di cos’altro?

Allora il ghosting non lo stigmatizzerei come fatto.

Il lasciare intendere “grandi prosecuzioni” penso faccia parte di un retaggio, alquanto patriarcale, di concepire il corteggiamento. Nel senso: noi donne abbiamo fatto intendere da sempre che per “darla via” (nel senso buonissimo del termine) dobbiamo sentirci legate o in qualche modo coinvolte. Gli uomini, capito questo meccanismo, sanno bene come usarlo MA non bisogna farne una colpa o essere inviperite con il genere maschile tutto perché anche noi donne, spesso, pur avendo passato una bella notte di sesso con qualcuno, non è detto che quello che desideriamo è conoscerlo davvero o passarci più di altri 5 minuti.

Accetto il diritto a sparire delle persone che conosco come io rivendico il mio diritto a sparire quando ne sento l’esigenza. È una questione di libertà.

Le donne oggi sono pronte a vivere e passare delle belle nottate senza questa forzatura del “tranquilla non sparisco”. Perché penso sia davvero una forzatura e un abdicare alla “volontà dell’altro” senza rispettare davvero i propri tempi e i propri desideri profondi, soltanto perché la società ci dice “devi innamorarti, devi accompagnarti a un uomo qualunque se no muori zitella”. Il fenomeno non è assolutamente da imputare a Tinder, è così dalla notte dei tempi. Per quanto mi riguarda accetto il diritto a sparire delle persone che conosco come io rivendico il mio diritto a sparire quando ne sento l’esigenza. È una questione di libertà.

Poi quando entrano in gioco altri sentimenti, davvero, lo si capisce. E non bisogna credere solo a quello che una persona dice ma a quello che una persona fa.

Do ut des

“Capire cosa si vuole.”
“O cosa si è disposti a dare.”

Ogni incontro su Tinder è uno scambio: c’è chi dà di più, chi dà di meno, chi forse nulla.
Ma tu infine nel libro affermi che ogni uomo incontrato tramite l’App ti ha comunque lasciato qualcosa.

Un recente studio del MIT ha evidenziato che le dating App consentono di conoscere persone fuori dalla nostra cerchia sociale abituale (amici, famiglia, colleghi) aprendo le porte all’instaurarsi di connessioni con persone distanti non solo fisicamente da noi, ma anche a livello di interessi.

Le App insomma permettono di conoscere persone molto diverse da noi.
Cosa ne pensi?

Assolutamente sì. Come dico sempre bisogna darsi delle opportunità perché non saranno le opportunità a cascarti dal cielo. Per quanto mi riguarda ho davvero conosciuto tutta una serie di persone che poi mi sono state “utili” (permettimi questo termine antipatico) anche nella mia vita offline e con cui tutt’ora sono in contatto. Avendoli conosciuti su Tinder ed esserci messi a nudo, nel vero senso della parola, ha reso la nostra amicizia più forte!

Speriamo non abbia l’HPV

Sesso più facile spesso significa anche sesso più libero, coi pro e contro.
Non di rado accade che l’uomo sia restio a indossare il preservativo, così si finisce per avere rapporti non protetti. È un tema molto delicato (vi abbiamo dedicato
qui una pagina apposta, sul Papilloma Virus e l’importanza della prevenzione) che emerge anche in un passaggio della tua storia.

Io credo che non ci sia mai abbastanza consapevolezza sulle malattie sessualmente trasmissibili, sia tra gli uomini che tra le donne; ma il fatto che gli uomini non siano abituati all’uso del preservativo (perché meno informati, perché non gli importa, perché gli crea difficoltà erettili e/o perché sono abituati troppo bene da ragazze “indulgenti” che acconsentono a un sesso non sicuro) certo non agevola in questo senso.

Posto che le scelte si fanno in due e consensualmente, a volte però se non riesci a dire di no, non ti resta veramente che dirti: “Che Dio mi aiuti”.

È un passaggio molto tenero ma insieme triste, questo, nel tuo libro.
Hai altri commenti su questo tema?

Sì, ho disegnato questa scena proprio per le ragazze troppo indulgenti che acconsentono a un sesso non sicuro con la speranza che si rendano conto dei rischi ma anche, e sopratutto, che si rendessero conto tutti quegli uomini che si fidano a non indossare il preservativo perché qualcuna gli sembra “una brava ragazza”. NON ESISTE. Così facendo si rischia di mettere in pericolo non solo la tua vita ma anche quella dei tuoi futuri partner sessuali e i futuri partner dei futuri partner a loro volta. È una catena di Sant’Antonio che dovrebbe spezzarsi con un singolo gesto di responsabilità, in primis verso se stessi. MA è un errore in cui tutti possiamo cadere, purtroppo.

Ciascuno di noi, se preso in momenti delicati, è disposto a tutto pur di soddisfare il proprio desiderio di amore “One Night Stand”.

Ne sono consapevole. La protagonista vive un periodo di forti debolezze e insicurezze e questa scena ne è l’apice. Ciascuno di noi, se preso in momenti delicati, è disposto a tutto pur di soddisfare il proprio desiderio di amore “One Night Stand”. Non bisognerebbe mai abbassare la guardia, sopratutto quando siamo più deboli.

Leggi il resto su Match and the City.

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Un blog su dating app come Tinder, sessualità, femminismi e mondo LGBT by Marvi Santamaria. Seguimi anche su facebook.com/matchandthecity

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